Alla soglia dei suoi ottant’anni, Martin Scorsese sembra ringiovanito e con The Irishman torna con un capolavoro che richiama i suoi albori e guarda al futuro.
Martin Scorsese continua a crescere e la sua carriera continua a fruttare e variare in modi più o meno inaspettati. Ma mentre il tempo non sembra volersi fermare – come con tutti noi, del resto – il maestro pare ringiovanirsi ad ogni opera che fa, nonostante anche lui sente il peso sulle spalle dei suoi anni di vita e di carriera, ma, ciononostante, continua a lavorare con la continuità e la voglia di un ventenne.
Mentre continua a produrre in modo più selezionato – Bleed, Free Fire, A Ciambra – nel 2014 dirige l’introvabile documentario The 50 Year Argument sul New York Review of Books, l’anno successivo torna a girare un esilarante cortometraggio – seppur a sfondo pubblicitario – dal titolo The Audition, in cui Leonardo DiCaprio e Robert De Niro si contendono il ruolo da protagonista nel prossimo fittizio film di Scorsese stesso.
Nel 1989, quando Scorsese conobbe Akira Kurosawa che lo voleva nel suo film Sogni, il maestro fu introdotto per la prima volta al romanzo Silence di Shūsaku Endō, opera la quale lo lasciò ammaliato e della quale ne acquistò subito i diritti. Per quasi trent’anni Scorsese detenne tali diritti, finchè non riuscì effettivamente a far entrare in produzione il film dopo aver passato una pre-produzione infernale.
Silence – terzo capitolo della trilogia religiosa dopo L’ultima tentazione di Cristo e Kundun – racconta le gesta di due gesuiti missionari – Andrew Garfield e Adam Driver – nel Giappone del 17esimo secolo con l’obiettivo di diffondere la religione cattolica. Un film che molto lentamente si muove tra mille domande, diversi dubbi e risposte che sembrano non arrivare. Un racconto poetico su fede e credenza che sembra più un dipinto che una pellicola.
Dopo aver girato anche Rolling Thunder Revue: A Bob Dylan Story by Martin Scorsese – uno straordinario documentario sul tour del 1976 di Bob Dylan e band – il maestro si può concentrare su l’ennesimo progetto, un’altra idea ferma al cantiere dagli anni ’80 su un sicario che sta lentamente invecchiando e che deve confrontarsi con il passato. Con l’uscita del saggio L’irlandese. Ho ucciso Jimmy Hoffa di Charles Brandt nel 2007, Scorsese propone all’amico De Niro un’altra collaborazione.
Progetto da un budget imperioso di almeno 160 milioni, ha trovato una strada molto tortuosa proprio per i fondi necessari per il processo di de-aging del cast, risultando nell’acquisizione di Netflix che, con la promessa di distribuzione in sala, riuscì ad ingannare Scorsese, accaparrandosi una sceneggiatura ed un’opera non ancora realizzata ma già nella leggenda. E come al solito, chi ci rimette sono il pubblico e l’artista.
The Irishman va dagli anni ’40 fino ai primi del 2000, seguiamo la vita di Frank Sheeran – De Niro – veterano della seconda guerra mondiale e camionista che inizia a lavorare con la mafia di Filadelfia e con nomi altisonanti di boss come Russell Bufalino ed Angelo Bruno – Joe Pesci ed Harvey Keitel – finchè non entrerà in contatto con il sindacalista Jimmy Hoffa – Al Pacino – e rimanendo appeso ad un filo tra l’amicizia ed il dovere.
Già solo leggendo il cast, possiamo dirlo: The Irishman è l’Avengers: Endgame per gli italo-americani. A parte gli scherzi, Scorsese realmente riesce con qualche difficoltà a radunare un cast corale assurdo e che cresce insieme al film. Una storia che riguarda tanto i personaggi quanto il mondo che attraversa, risultando quasi più l’ennesimo amaro resoconto scorsesiano sull’avara e sanguinosa storia degli Stati Uniti d’America.
Più vicini si è alla fine e più ci si sente vivi. Forse. Il ritratto della solitaria vecchiaia dei sopravvissuti di questa grandiosa epopea è un’immagine alquanto straziante e tosta da guardare. I colori si spengono, le voci si sfocano, i volti si ingrigiscono. E si rimane soli, la paura più grande. Ma la vecchiaia serve a pagare per le azioni della gioventù, siano esse positive o negative. È quello che è.
Nel suo capolavoro – e uno dei migliori di sempre – Scorsese rivista nuovamente un genere che già era sua, ma come al solito, cambia la prospettiva e mentre si guarda indietro, scopre qualcosa di nuovo, qualcosa per affrontare al meglio il futuro. Che sia contro Netflix – giustamente – o sull’arte, qualsiasi cosa sia, lo vedremo, speriamo presto. Intanto, il maestro del cinema continua ad impartire lezioni, ma lascia la porta un pò aperta.
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