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Telefoni bianchi: Mario Camerini, il regista della borghesia italiana
La rubrica Telefoni bianchi entra nel vivo con Mario Camerini, regista cardine del cinema dei telefoni bianchi e del ventennio fascista.
Regista dallo stile garbato ed elegante, Mario Camerini ha reso le difficili vicende sociali di un’umanità semplice e leggera.
Vita e cinema
Mario Camerini nasce a Roma il 6 febbraio 1895 da famiglia particolarmente benestante. La sua vena artistica per il cinema viene dimostrata già da quando era ancora studente universitario, quando scrisse un giallo per il cinema venduto alla Cines.
Iniziò la sua carriera cinematografica nel 1913 prima come sceneggiatore e successivamente anche come assistente alla regia di Roberto Roberti.
Camerini esordisce come vero e proprio regista solo nel ’23 con Jolly, clown da circo e con Rotaie nel 1929, tentando la strada del cinema drammatico-realistico. Con l’avvento del sonoro Camerini individua la sua vena più autentica dando vita a commedie leggere e levigate, a mezza via fra sentimento e comicità.
Gli uomini, che mascalzoni nel 1932, il film promotore del cinema dei telefoni bianchi, aprirà la carriera di attore al grande Vittorio De Sica. Gli altri successi come Darò un milione (1935), Ma non è una cosa seria (1936), Il signor Max (1937), Grandi magazzini (1939) delineano i temi di confronto tra valori degli onesti lavoratori e fatuità delle classi alte, costruendo gli esempi più convincenti dei telefoni bianchi.
Anche se la carriera di Camerini proseguirà ancora a lungo, con ottimi riscontri di pubblico, resteranno della storia del cinema italiano sicuramente i film degli anni 30, premiati come migliori film del ventennio fascista.
Regista a 360°
Mario Camerini è sempre stato uno dei promotori del ventennio fascista anche se i suoi rapporti con il regime fascista, pur improntati a un’apparente tolleranza, mascheravano un’inconciliabilità di fondo.
Conosceva ogni aspetto tecnico e non, della vita del set: non solo si occupava di sceneggiatura ma anche di luci, angolazioni, inquadrature. Curava personalmente il montaggio, considerato chiave nella costruzione di un’opera.
Si occupava anche di produzione, pianificando ogni aspetto delle riprese. Inoltre amava lavorare con i giovani attori principianti, facilmente plasmabili, contribuendo alla formazione di molti protagonisti del cinema di quegli anni e dei successivi. Infatti prendeva con sé giovani sconosciuti, che poi hanno avuto un successo straordinario, come Mario Soldati, Cesare Zavattini e Mario Monicelli.
Il futuro regista Raffaello Matarazzo lo definì così:
Lo stile cinematografico di Mario Camerini possiamo ormai ritenerlo fatto apposta per farci vedere come attraverso un cannocchiale continuamente capovolto le vicende della vita. Quello che era piccolo diventa grande; ciò ch’è grande si rimpicciolisce, da qui scaturiscono armonia ed equilibrio: i fattori unici di Camerini.