75Views
Telefoni bianchi: ogni inizio ha un finale
Partendo con Fiori d’arancio, Almanacco inaugura una nuova rubrica su un filone di film italiani prodotti tra gli anni ’30 e ’40 intitolata Telefoni bianchi.
Dai telefoni bianchi al cinema: la nascita di un nuovo filone cinematografico
Tra gli anni ’30 e ’40 in Italia erano in voga commedie cinematografiche dalle trame semplici e lineari caratterizzate da un’ambientazione raffinata ed elegante. Oggetto che simboleggia il lusso e lo status sociale elevato all’interno di questi film erano i telefoni bianchi che venivano utilizzati dai protagonisti degli intrecci amorosi e non solo.
Prendendo spunto dalla presenza di telefoni bianchi in questi film nasce un vero è proprio filone del cinema italiano, conosciuto come cinema dei telefoni bianchi.
Il cinema dei telefoni bianchi nasce in un periodo di grandi cambiamenti politici e sociali per l’Italia. Il Fascismo, salito al potere nel 1922, promuove una politica di regime che esalta i valori della patria, della famiglia e dell’ordine sociale. In questo contesto, il cinema dei telefoni bianchi offre un’evasione dalla realtà difficile dell’epoca, proponendo un mondo ideale in cui la borghesia può assaporare il benessere e la felicità.
Dal 1936 fino al 1944 prospera questo importante filone cinematografico italiano, che segnerà la storia del cinema nazionale. Tuttavia, con lo scoppio della seconda guerra mondiale, il filone inizia a declinare, dando spazio a nuovi generi cinematografici, come il neorealismo.
Telefoni bianchi: un’influenza storica e sociale
Dall’idea di evasione dalla realtà sociale e politica dell’epoca, quasi tutte le commedie del cinema dei telefoni bianchi sono basate su trame semplici e lineari. Storie basate su un meccanismo di equivoci o avventure romanzesche nei giorni odierni possono risultare banali, ma in quei anni erano fondamentali per stemperare il difficile clima sociale.
Al centro della semplicità c’è la vita borghese: l’ambientazione borghese, case raffinate e lussuose e la presenza dei telefoni bianchi – simbolo dello status sociale dell’epoca – mostrano il benessere e la felicità che si può assaporare anche dalle problematiche della vita quotidiana e non solo.
In alcuni film, l’ambientazione borghese è talmente ostentata da raggiungere livelli di surrealismo, come ad esempio il film Luciano Serra pilota (1938) di Goffredo Alessandrini. In altri film, l’ambientazione borghese è più realistica, ma comunque lontana dalla realtà quotidiana della maggior parte degli italiani. Un esempio è il film Lo squadrone bianco (1936) di Mario Camerini.
Significativo del filone è anche l’uso dei linguaggio cinematografico convenzionale ed hollywoodiano, con un uso frequente di primi piani, di campi e controcampi, e di scene d’azione. Questa scelta è in linea con il desiderio del filone di offrire un prodotto cinematografico che sia accattivante e accessibile al grande pubblico.
Come per le ambientazioni, trame e linguaggio cinematografico, anche i temi utilizzati hanno reso uniche queste pellicole cinematografiche. L’amore, la famiglia, l’amicizia, la fortuna e il successo sociale hanno un grande significato storico e culturale nel cinema dei telefoni bianchi.
- I film dei telefoni bianchi sono un prodotto della loro epoca, e riflettono le aspirazioni e le illusioni della borghesia italiana del periodo fascista. Proponendo un mondo ideale di borghesia felice, questi film hanno avuto una grande influenza significativa sul cinema italiano contribuendo a diffondere i valori della borghesia e a dar vita a nuovi gusti del pubblico.
Fiori d’arancio: la fine del cinema dei telefoni bianchi
Esattamente 80 anni fà veniva distribuito l’ultimo film appartenente al cinema dei telefoni bianchi, Fiori d’arancio. Diretto da Hobbes Dino Cecchini, si tratta della riduzione cinematografica dell’omonima commedia teatrale La Fleur d’Oranger di André Birabeau e George Dolley già portata sullo schermo nel 1932 per la regia di Henry Roussel.
Come ogni film del filone, anche Fiori d’arancio è basata su una trama semplice ma allo stesso tempo ricca di equivoci e avventure romanzesche. Protagonista è l’ingegner Raimondo Alberti al quale viene presentato una sua vecchia amica d’infanzia Renata, da i suoi genitori durante una cena in famiglia. Ma Raimondo è sposato segretamente con Maddalena che si finge in quel caso sua dattilografa. Così si originano una serie di equivoci e situazioni imbarazzanti.
Considerato ultimo film del filone cinematografico, non si distacca dalla caratteristiche tipiche di quell’epoca. L’ambientazione borghese e la trama molto semplice e fievole, è considerato uno dei film più teatrali e banali del cinema dei telefoni bianchi. Anche dal punto di vista attoriale, risulta abbastanza scarno nonostante vi era un cast con grande talento ma tutto reso banale.
Insieme ad altre pellicole di quegli anni, Fiori d’arancio è stato è stato girato a Venezia negli stabilimenti del Cinevilaggio durante la Repubblica Sociale Italiana, e proprio per questo è stata la prima pellicola ad essere dispersa ed è stata ritrovata e distribuita solo dopo alcuni anni nel 1947.