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Mainetti

Mainetti: dai cortometraggi Basette e Tiger Boy al successo

In questo focus metteremo una lente di ingrandimento sui primi lavori di Gabriele Mainetti. Lavori che hanno da subito mostrato il suo straordinario talento. Non avremo il tempo di esplorarli tutti, ma ci concentreremo sui due cortometraggi di maggior successo: Basette e Tiger Boy.

Gabriele Mainetti: gli inizi

Figlio dell’imprenditore Valter Mainetti, Gabriele si laurea in Storia e Critica del Cinema. Negli anni, frequenta corsi di regia, direzione della fotografia, produzione e sceneggiatura a New York. Dopo i primi cortometraggi Itinerario tra suono e immagine (2003), Il produttore (2004) e Ultima spiaggia (2005), nel 2008 arriva Basette, con un cast d’eccezione: Valerio Mastandrea, Marco Giallini, Daniele Liotti e Luisa Ranieri. Questo cortometraggio consacra Mainetti tra le nuove leve più talentuose del cinema italiano.

Basette partecipa a oltre 50 festival internazionali, tra cui il Locarno Film Festival, ed è candidato al Nastro d’Argento 2008, dove riceve una menzione speciale per la sceneggiatura e i migliori attori.

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Basette

Già da questo cortometraggio emergono alcuni aspetti fondamentali del suo cinema. Primo fra tutti, il coraggio di trasporre un anime celebre in un contesto tutto italiano, ambientandolo a Roma.

Basette è infatti ispirato a Lupin III, ma la storia viene completamente riadattata alla realtà romana. Dai dialoghi alle scenografie, ogni elemento diventa una lettera d’amore (e di critica) alla città eterna. Un’operazione simile verrà ripresa anni dopo nel suo primo lungometraggio, Lo chiamavano Jeeg Robot.

Un altro aspetto distintivo è l’uso del genere action, da sempre poco valorizzato nel cinema italiano. Mainetti riesce a girare scene d’azione credibili con un budget ridotto, sfruttando escamotage e trucchi del mestiere.

Il cast è straordinario. Valerio Mastandrea interpreta un ladro di quartiere romano ossessionato da Lupin, al punto da volerlo impersonare. Marco Giallini è perfetto nel ruolo di un Jigen romano, sempre con l’immancabile sigaretta. Senza dimenticare un insolito Flavio Insinna nel ruolo di un divertentissimo Zenigata.

Il finale del cortometraggio è un pugno nello stomaco. Dopo averci fatto sognare, ci riporta bruscamente alla realtà. Mostrandoci che, a differenza degli eroi dei cartoni animati, gli esseri umani sono vulnerabili e possono morire.

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Tiger Boy

Nel 2011, Mainetti fonda la casa di produzione Goon Films, con cui realizza il cortometraggio Tiger Boy. Il film vince il Nastro d’Argento 2013, è finalista ai Globi d’Oro 2012 e al David di Donatello 2012, e si classifica secondo al 42º Giffoni Film Festival. Inoltre, viene selezionato dall’Academy of Motion Picture Arts and Sciences tra i 10 finalisti per la nomination all’Oscar 2014 nella categoria miglior cortometraggio.

Anche questa volta, Mainetti attinge dal mondo degli anime e delle serie giapponesi, ispirandosi a L’Uomo Tigre, trasmesso in Italia negli anni ’80. Tuttavia, non si tratta di una trasposizione fedele dell’opera originale: l’anime diventa piuttosto un espediente narrativo per affrontare un tema molto più delicato e drammatico, ovvero gli abusi sui minori.

Mainetti racconta questa tematica con una sensibilità straordinaria, mostrando come un semplice personaggio di finzione possa trasformarsi in una fonte di forza e coraggio per chi soffre. Il protagonista, attraverso la figura dell’Uomo Tigre, trova prima rifugio e poi la determinazione per affrontare la propria realtà.

Recuperate Mainetti

Se vi è piaciuto la città proibita o in generale il cinema di Gabriele Mainetti, vi consigliamo di recuperare anche tutti i suoi 7 cortometraggi, oltre a Basette e Tiger Boy, che restano tra i più celebri.

Questi lavori rappresentano le radici del suo stile cinematografico. Un cinema fatto di contaminazioni tra anime, azione e una profonda attenzione ai temi sociali.

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