Gay al cinema: tra melodrammi in sordina e risate travestite, i personaggi LGBTQ+ raccontano la società più di mille saggi di sociologia.
In principio era il silenzio. O meglio, l’allusione.
Poi sono arrivate le risate. E infine, timidamente, le verità. Parlare di omosessualità al cinema è come sfogliare un album di famiglia che qualcuno ha sempre cercato di chiudere di fretta.
Come ha rappresentato il cinema un movimento, le vite di donne, uomini e persone non binarie che spesso si sono viste relegare a macchietta o, peggio, a palese derisione.
Oggi, nel mese del Pride, mentre Roma si tinge dei colori dell’arcobaleno, vale la pena fare un viaggio attraverso quattro film simbolo.
Tra rivelazioni sussurrate, piume di struzzo e dichiarazioni mancate.
Titolo originale The Children’s Hour, firmato da William Wyler e interpretato da Audrey Hepburn e Shirley MacLaine. Due insegnanti accusate da una studentessa di avere una relazione lesbica.
È un melodramma avvolto da una nebbia morale, in cui l’omosessualità è un’accusa infamante. MacLaine, struggente, spezza il cuore in un monologo finale che è una resa senza riscatto.
La sua omosessualità non è vissuta: è scoperta, sofferta e infine punita.
Nessuna risata, solo dolore. Ma in quell’epoca era già una rivoluzione.
Un cult senza tempo. Renato e Albin, coppia gay proprietaria di un night club a Saint-Tropez, sono portati in scena da Ugo Tognazzi e Michel Serrault. Qui l’omosessualità esplode in tutto il suo essere “altro”, visibile, irriverente.
Ma la macchietta è dietro l’angolo: Albin è esagerato, teatrale, quasi una caricatura. Eppure, è anche un personaggio tenero, innamorato, vero. Il film gioca con lo stereotipo, ma lo fa con un amore così grande che, forse, vince sul pregiudizio.
Il personaggio di Gareth, elegante, brillante, colto, è uno dei primi esempi di omosessuale non macchietta nel cinema mainstream.
La sua morte è il momento più intenso del film. E il suo compagno, John, con il dolore silenzioso e composto, mostra una normalità tanto rivoluzionaria quanto disarmante.
La scena in cui il suo personaggio, interpretato da John Hannah, recita una poesia amorosa è tra i più emozionanti. E regalò nuova fama al poeta autore del componimento, W.H Auden.
Nessuna piuma, nessun trucco pesante. Solo amore. Finalmente.
Rupert Everett, sarcastico e magnetico, ruba la scena a Julia Roberts. Il suo George è l’amico gay perfetto: brillante, sensibile, disponibile, ma rigorosamente casto. Non ha una vita sentimentale, non ha conflitti, non ha corpo. È un confidente, un alleato, un grillo parlante.
Troppo perfetto per essere vero, troppo funzionale per essere tridimensionale.
Ma Rupert ci mette dentro una grazia e un’ironia che lasciano il segno. È un passo avanti. Non abbastanza, ma un passo.
Ecco un elenco sintetico di film che affrontano il tema LGBTQ+ con occhi diversi, tra sofferenza, orgoglio e poesia:
Il cinema, come lo specchio rotto di una società che cambia, riflette schegge di identità.
Oggi, mentre nelle strade sfilano i corpi, i baci e i cartelli, forse possiamo tornare in sala con la consapevolezza che ogni immagine è politica. Anche una commedia. Anche un drag. Anche un silenzio.
Buon Pride. E buona visione.
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