L’intelligenza artificiale sta mettendo a rischio la magia artigianale dello Studio Ghibli? Hayao Miyazaki, fedele alla sua visione, è pronto a combatterla?
Principessa Mononoke, uno dei tanti capolavori indimenticabili dello Studio Ghibli, affrontava già nel 1997 il rapporto tra uomo e progresso distruttivo. Adesso, ventotto anni dopo, Hayao Miyazaki sembra dover fronteggiare un nemico simile, anche se non in sella alla dea lupa Moro, tantomeno armato di lance o archi di quercia ma sguainando la sua arma più potente: una convinzione irremovibile.
Negli ultimi giorni, internet si è popolato di immagini generate con software di intelligenza artificiale, tutte ispirate allo stile iconico dello Studio Ghibli. Gli utenti hanno trasformato selfie, paesaggi, oggetti e animali in composizioni visive d’ispirazione ghibliana. Ma se per molti si è trattato di puro intrattenimento, per il celebre regista giapponese è una seria violazione della creatività umana che il suo studio rappresenta.
Hayao Miyazaki si è sempre scagliato contro l’uso dell’intelligenza artificiale nell’arte. Già nel documentario Never-Ending Man (2016), lo abbiamo visto prendere una posizione netta sull’argomento, definendo inquietante l’idea di un’arte creata da algoritmi. Non voglio vivere in un mondo dove le persone non rispettano la vita e i sentimenti, ha dichiarato il Sensei, rivendicando l’importanza dell’empatia e della sensibilità nell’animazione. Ora, con l’esplosione dell’uso di AI per riprodurre lo stile Ghibli, le voci su un possibile ricorso legale da parte dello studio hanno iniziato a circolare. Ma quanto c’è di vero?
Al momento, non ci sono prove concrete che lo Studio Ghibli stia valutando di intraprendere azioni legali contro società come OpenAI. È certo, però, che la questione non è così bianca o nera. Lo stesso Miyazaki ha ammesso, con una certa reticenza iniziale, di aver testato strumenti innovativi per animare il corto Kemushi no Boro (2018). Con il tempo, si è dimostrato aperto alla possibilità di
integrare l’animazione computerizzata come supporto creativo, pur rifiutando che questa possa sostituire la mano dell’artista.
La domanda che emerge da questo dibattito è cruciale. Siamo davvero pronti a distinguere ciò che è autentico da ciò che è prodotto artificialmente? Di fronte a un panorama digitale così rapido, il rischio di perdere l’essenza della creatività potrebbe danneggiare profondamente il mondo artistico. Tuttavia, un uso consapevole dell’AI potrebbe rappresentare un valido supporto per ampliare i confini della narrazione visiva, a patto che questa non sostituisca il tocco umano che conferisce anima alle opere.
Hayao Miyazaki contro l’AI non è tanto uno scontro tra passato e futuro, tra ciò che è totalmente giusto o sbagliato, quanto un richiamo alla responsabilità nell’uso degli strumenti a disposizione.
Il cuore dell’animazione ghibliana si fonda su valori immortali e, soprattutto, umani: empatia, immaginazione, sentimento e tradizione. Anche se l’intelligenza artificiale offre prospettive nuove, il
compromesso perfetto potrebbe risiedere nel valorizzare il contributo umano, senza rinunciare alle opportunità tecnologiche.
Dopo tutto, come ci insegnano i capolavori dello Studio Ghibli, la vera magia nasce sempre dall’equilibrio, e non dalla sopraffazione.
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