Dopo il primo film che era un cinecomic atipico, un secondo che non è il solito sequel. Una riflessione sul curioso esperimento di Joker Folie à Deux.
Joker Foliè a Deux non è un brutto film, questa è la premessa. Non è un capolavoro, ma è un esperimento sociale, e questa volta si autoriale, riuscito perfettamente. Una pellicola coraggiosa che va contro le regole dei sequel dei grandi successi, ricordando il miliardo di guadagno con il primo film a fronte di una spesa di 55 milioni. Indirettamente va contro le regole del sistema Hollywood e delle majors, ma la sua battaglia non è la stessa di Matrix Resurrections. La prova della riuscita di questo esperimento è proprio il suo clamoroso flop.
La sua battaglia è contro il primo film, o meglio. Contro la percezione sbagliata, secondo Todd Phillips, che il lungometraggio ha scaturito in tutto o gran parte del pubblico. Vedendo il protagonista principale come un liberatore rivoluzionario, e non come una persona abusata e malata che in balia degli eventi fa cose orribili per vendetta ma soprattutto per il proprio narcisismo.
Certo i detrattori nerd potrebbero obiettare che è stato scritto e messo in scena male, per questo non riusciamo a distaccarci completamente da Arthur, per questo lui non è Joker. Li entra in gioco la soggettività e sensibilità di ognuno di noi, ma almeno per me sembra chiaro il giochino che il film vuole fare, avvicinandoti e allontanandoti dal personaggio.
Questo anomalo secondo capitolo fa letteralmente il processo al suo predecessore e a tutti i fan che lo hanno amato, alla folie, me compreso, deviando il messaggio tragico e sociale del capostipite, seppur superficiale e non scavato appieno, che c’è dietro. Il tutto in chiave profondamente metanarrativa. Perché siamo noi la gente fuori il tribunale, a seguire il processo al Joker.
Non vediamo il Joker fatto e finito, vediamo la tragicità e lo squallore disarmante di un uomo senza il trucco da pagliaccio. Dietro la maschera non c’è una figura ambigua e complessa, ma miserabile e ripugnante, quello che dovrebbe essere il Joker calato in una realtà molto vicina alla nostra. Mettendo alla berlina la fascinazione e l’idolatria di certi soggetti, specialmente serial killer, che possono essere presi come idoli solo da persone ignoranti per non dire peggio.
Ma sono tanti, tantissimi e giovanissimi, soprattutto nel web e nei social. Un film volutamente sottotono come il protagonista rinchiuso, illuso prima e disilluso poi, proprio come lo spettatore in sala, che si aspetta il sadico e psicotico pagliaccio del crimine, ma alla fine c’è anche lui.
Ci si ritrova invece con una pellicola intima e anti-climatica in salsa musical, che non ci avrà dato il Joker tangibile, ma ci ha dato la sua essenza con un prodotto volutamente bastian contrario, sfuggendo alle ordinarie valutazioni e dinamiche consuete. Un film respingente, demoralizzante, e imprevedibile.
Perchè tutti volevamo vedere il folle clown che ammazzava all’impazzata. E invece no. Ci fa riflettere, per chi vuole riflettere, e non giudicare subito con un con una bocciatura, su chi c’è dietro la maschera superficiale, non solo di Joker ma di tutti questi individui elevati a star.
Tralasciando le critiche nerd e non solo, per molti il primo film era facilone e commerciale, un film d’autore a prova di scemo, alla Scorsese senza essere Scorsese. Non sono completamente in disaccordo sulla semplicità e commerciabilità dell’operazione, è pur sempre un cinecomic della Warner DC sul più grande villain dei fumetti di tutti i tempi, ma il compromesso si può raggiungere e per me l’ha raggiunto, magari non a livelli eccelsi di complessità, ma sicuramente efficace per il grande pubblico quello generalista.
Questo secondo capitolo è l’altra faccia della moneta come direbbe Harvey Dent. Un lato sfregiato e brutto, che cela, neanche tanto a dir la verità, meta-narratività, significati e riflessioni non banali, sul primo capitolo e il suo successo, che la gente non vuole vedere e che ha affossato al botteghino.
Un dittico che non può fare a meno l’uno dell’altro, un bello e un brutto anatroccolo, l’esaltazione e il fomento prima e la depressione e la delusione dopo. Un caso più unico che raro di autosabotaggio, di sacrificio del box office per un fine riflessivo che stuzzica e da fastidio per lo più, ma che può anche stimolare cerebralmente.
Una volta che un’opera viene realizzata e regalata al pubblico, lo spettatore può leggerci mille significati, che magari l’autore non ha neanche lontanamente pensato, ma l’importante è quello che suscita in noi, emozioni e riflessioni, nate anche da più visioni e non per forza alla prima.
Questo per dire che si può dire tutto entro certi limiti, perché il cinema è anche tecnica e oggettività, ma quello che non si può assolutamente negare è che questo prodotto sia impavidamente coraggioso nel bene o nel male. Perché il guadagno bis da oltre un miliardo, era pronto, apparecchiato, e sarebbe stato prevedibile e banale, ma il Joker per sua stessa natura non lo è.
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