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La rappresentazione filmica del corpo: una scena di The Substance (Coralie Fargeat, 2024)

L’evoluzione della rappresentazione del corpo nel cinema

Come si è evoluta la rappresentazione filmica del corpo negli ultimi tempi? Esploriamo gli ultimi film che lo hanno messo in scena, con effetti sorprendenti.

(a cura di Francesco Pavesi)

Non sono mai stato un grande fan delle scene di nudo in serie TV e film, soprattutto di quelle totalmente decontestualizzate, che considero banale “fan service”.

Eppure ci sono molti casi dove invece questo tipo di scene sono contestualizzate e fanno parte del messaggio del film, sia che facciano parte di un punto di vista “artistico”, sia che siano molto legate alla storia e al messaggio che il regista ci sta trasmettendo.

Guardando ai decenni passati infatti, il nudo era più spesso legato alla trasgressione o all’erotismo in quanto tali. Oggi, invece, vediamo sempre più registi usarlo come strumento per raccontare fragilità, intimità o trasformazione personale.

Con il passare degli anni e con l’avanzamento della società e l’abbattimento di tabù siamo arrivati a scene di sesso sempre più realistiche ed esplicite: dove una volta bastava la visione di un seno scoperto per provocare una reazione di sdegno (o compiacimento) nel pubblico, oggi si è arrivati all’utilizzo di nudi integrali, di protesi o addirittura veri rapporti sessuali tra gli attori, per rendere il più possibile realistiche questo tipo di scene (Lars Von Trier o Gaspar Noè tra gli altri, giusto per citare due dei miei registi preferiti).

Sia che si tratti di fan-service, sia che si tratti di un messaggio più profondo, le scene che espongono il corpo in maniera completa sono da considerare come uno “sforzo” in più per gli attori. A riprova di questo, sono numerosi i casi in cui attori ma soprattutto attrici si sono rifiutate di girare scene più spinte, oppure ammisero successivamente di aver provato un forte imbarazzo durante le riprese (Jamie Lee Curtis, Maria Schneider ed Emilia Clarke, ad esempio, ammisero tutte di essersi sentite profondamente disagio durante le riprese di queste scene).

Il ritorno del corpo

Riflettendo quindi sui film contemporanei più acclamati dalla critica, non ho fatto a meno di notare come il corpo, e la visione di esso, stiano tornando un tema caldo anche nel cinema più mainstream. O quantomeno, come esso viene utilizzato nel cinema.

The Substance – Corpo e accettazione

Ex sex symbol degli anni ’90, dopo aver (ironicamente) vinto il titolo di peggior attrice nel ’96, Demi Moore si è progressivamente allontanata da una Hollywood che le stava sempre più stretta. Nel 2024, però, è tornata con coraggio, mettendosi letteralmente a nudo in un ambiente ormai diventato ostile, circondata da modelle giovanissime, dall’aspetto così perfetto da sembrare irreale. Lo ha fatto in un film attuale, moderno e quasi biografico, mettendosi alla prova profondamente.

In The Substance abbiamo infatti il tema dell’accettazione del proprio corpo, strettamente legato all’età, alle imperfezioni e agli standard irrealistici imposti dai media.

In questo caso il corpo diventa come un ponte tra realtà e finzione: è sia quello del personaggio che quello dell’attrice. Elizabeth è ossessionata dalla sua immagine e, nel tentativo di invertire il tempo, assume un siero che la rende giovane. Ma il corpo che vediamo sullo schermo non è solo quello di Elizabeth: è anche quello di Demi Moore, che porta con sé il peso della sua storia, dei suoi anni e della sua stessa immagine pubblica. Non c’è separazione netta tra attrice e personaggio: il corpo diventa un portale che unisce fiction e realtà, raccontando due storie allo stesso tempo.

Sentiamo sempre più spesso parole come “body positivity” o “body neutrality”, ma al contempo siamo ancora turbati dalla visione di corpi più vecchi o non conformi. Il mondo di Hollywood è davvero in grado di rappresentare le diversità, o tende ancora a privilegiare corpi conformi a certi ideali estetici? E quanto queste reazioni influenzano la scelta di attrici e registi di mostrare (o non mostrare) il corpo in certe situazioni?

Anora – Il corpo come forma di potere o vulnerabilità

In questo film di Sean Baker, che sappiamo essere molto legato al tema delle sexworkers, ci mostra un mondo dove il corpo è oggetto, fonte di potere e libertà, ma anche di vulnerabilità.

Parallelamente, il nudo sullo schermo si muove spesso su questa linea sottile tra espressione di potere e oggettificazione. Quando un’attrice o un attore si spogliano, stanno rivendicando il controllo sul proprio corpo o si stanno solo adeguando a una richiesta dello sguardo del pubblico?

In un mondo di ormai completa assuefazione a questo genere di contenuti, Mikey Madison, giovanissima, ci ammalia con amarezza e ci mette di fronte alla fragilità del suo personaggio con grande sicurezza e maturità. Esplorando un tema che abbiamo certo imparato a conoscere, ma forse ancora a non comprendere a fondo, in tutte le sue sfaccettature.

Povere creature! – Libertà e scoperta

L’anno scorso Emma Stone ha vinto un Oscar con il film Povere creature!. In questo film il corpo è una forma di scoperta, trasformazione ed autoaffermazione in un processo di crescita di un individuo “appena nato”, ma inserito nel corpo di un’adulta.

Di nuovo non mancano dilemmi morali e riflessioni che ci vengono poste davanti, non solo per la consistente presenza di queste scene durante tutto il film, ma anche perché riguardano in particolare il momento di massima “libertà” di Bella, che sancisce un grosso cambiamento nel suo modo di vedere il mondo.

Senza quei nudi integrali e tutte le scene di sesso, il messaggio sarebbe passato allo stesso modo?

Parecchi rimasero scioccati dalla visione di questo film, da chi si aspettava un racconto più innocuo a chi, non conoscendo il regista, non si aspettava di vederlo rappresentato in quel modo. Personalmente, credo che un film sia considerabile riuscito soprattutto quando riesce a turbarti, e senza queste scene non sarebbe stato lo stesso.

L’uso del corpo: un esempio maschile

Ci sono sicuramente altri esempi applicabili anche al maschile, seppur più rari, come per esempio la performance di Alessandro Borghi nella serie biografica Supersex del 2024. Il corpo diventa provocazione, mostrandoci il dietro le quinte del mondo ormai sdoganato, ma per assurdo ancora molto stigmatizzato, della pornografia.

Da una parte, viviamo in un’epoca di iper-esposizione del corpo, dove la nudità (soprattutto femminile) è diventata una consuetudine nei media, nei social, nella pubblicità.

Il corpo è spesso svuotato di significato, ridotto a immagine, a estetica, a consumo visivo. Questa assuefazione ci ha portato a una sorta di desensibilizzazione: vediamo corpi ovunque, ma raramente ci fermiamo a riflettere su cosa rappresentino davvero.

Il corpo come veicolo di messaggi

Eppure, proprio in questa sovraesposizione, sembra stia emergendo una nuova riscoperta del corpo come veicolo di messaggi. Forse proprio perché siamo abituati all’aspetto puramente estetico o erotico, quando un’opera riesce a usare il corpo per raccontare qualcosa di più, riesce ad avere un impatto ancora più forte e diretto. È come se il corpo, svuotato per anni del suo valore simbolico che può trasmettere, stesse lentamente riprendendo la parola.

Trasmettendo quindi un messaggio di identità, vulnerabilità, trasformazione, potere o dolore, che vada nel profondo, che sia in grado di smuoverci in una sorta di risorgimento del corpo collettivo, dove la “scopertura” del corpo non è mai fine a se stessa, ma anzi ci riporta a vederlo senza troppa malizia, per quello che è, anche sul grande schermo.

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