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Riccardo Freda, un regista dimenticato

Riccardo Freda è stato un regista prolifico sin dagli anni ’40, ricordato soprattutto per aver introdotto il genere gotico nel cinema italiano.

Nato per fare cinema

Nato ad Alessandria d’Egitto nel 1909 da una facoltosa famiglia italiana, Freda si avvicinò al cinema fin da bambino, grazie alla passione trasmessa dalla madre per la settima arte. Il passaggio da spettatore a creatore avvenne nei primi anni ’40, dopo il ritorno in Italia con la famiglia. Prima di sedersi dietro la macchina da presa, lavorò per molti anni come sceneggiatore, anche se spesso senza ricevere i dovuti crediti.

I primi lavori e collaborazioni importanti

Il suo esordio alla regia avvenne nel 1942 con Don Cesare di Bazan, un adattamento di un dramma francese, tra gli sceneggiatori del quale figura anche Cesare Zavattini. Già in questo primo lavoro si possono cogliere influenze stilistiche da maestri come Murnau, Fritz Lang e Griffith. Il successo vero e proprio arrivò però quattro anni dopo, con Aquila nera (1946), che riuscì addirittura a superare Paisà di Roberto Rossellini al botteghino, dimostrando l’efficacia di un cinema lontano dalle tendenze neorealiste, che Freda non condivideva. Anche in questo caso, la sceneggiatura vantava firme di rilievo come Steno e Mario Monicelli.

Un uomo, tanti generi

Negli anni ’50 Freda si dedicò ai film in costume, tra cui spiccano Spartaco (1953), Teodora (1954) e Beatrice Cenci (1956). Nel decennio successivo esplorò il genere peplum, dirigendo Maciste alla corte del Gran Khan (1961) e Maciste all’inferno (1962).


Fu però alla fine degli anni ’50 che Freda segnò una svolta per il cinema italiano, introducendo per la prima volta il gotico, un genere fino ad allora inedito nel panorama nazionale. Il primo film gotico italiano, I vampiri (1957), nacque quasi come una scommessa con i produttori.

Sebbene non ebbe grande successo commerciale, la pellicola pose le basi per lo sviluppo di un’intera tradizione cinematografica, aprendo le porte all’horror e al giallo italiani. Tra i collaboratori di quel film figurava anche Mario Bava, direttore della fotografia, che in seguito avrebbe proseguito e consolidato il genere con una carriera da regista.

Perché è importante ricordare Freda?

Riccardo Freda è stato un autore eclettico, capace di spaziare tra i generi più disparati con uno stile personale e visionario. La sua capacità di anticipare tendenze, rompere schemi e creare nuovi linguaggi visivi ha reso il suo contributo fondamentale alla storia del cinema italiano.

Nonostante non sempre riconosciuto quanto meriterebbe, il suo ruolo di precursore – soprattutto nel genere gotico – lo colloca tra i registi più innovativi e coraggiosi del Novecento.

Miriam Gallinelli

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