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28 anni dopo: cosa ci aspetta dagli zombie del futuro?
28 anni dopo, firmato da Boyle e Garland, è l’inizio di una trilogia che racconta il futuro degli zombie attraverso una lente sui temi sociali contemporanei.
Il 18 giugno del 2025 uscirà al cinema uno dei film più attesi dell’anno: 28 anni dopo. Diretto da Danny Boyle e scritto da Alex Garland, con un cast che include Jodie Comer, Aaron Taylor-Johnson, Ralph Fiennes e Alfie Williams. Il film sarà il primo di una trilogia, che vede la regia di Nia DaCosta per il secondo capitolo. Mentre nel terzo sarà centrale Cillian Murphy, già protagonista di 28 giorni dopo (2002), primo film della saga.
Prefazione: passione per gli zombie, le origini
Gli zombie non muoiono mai, anche se gli spari in testa. Il sottogenere si rinnova e non smette mai di affascinarci, che si tratti di videogiochi o di cinema. Basti pensare al successo di The Last of Us, da cui è nata successivamente la serie tv, o Resident Evil, che ha avuto la stessa sorte. Mentre, sul piccolo e grande schermo si sono distinti The Walking Dead, World War Z, Train to Busan, Black Summer e Alive.
Questo immaginario lo dobbiamo a George A. Romero, cineasta statunitense che nel 1968 ha dato vita all’archetipo dello zombie moderno con La notte dei morti viventi. La sua è stata una vita dedicata ai morti che tornano in vita e si cibano di carne umana, i quali rappresentano allegorie dei mali della società. D’altra parte, l’horror – e in particolare l’horror zombie – è anche un modo per evadere dalla realtà ed esplorare un mondo alternativo al nostro. Realtà parallele che da sempre ci piace immaginare, contaminate dall’ignoto, il contagio e la sopravvivenza.
28 anni dopo, la trama
Un Regno Unito sempre più frammentato ed emarginato risente ancora degli strascichi della prima pandemia causata dalla rabbia. Jamie, sua moglie Isla e il figlio Spike vivono emarginati sull’isola di Lindisfarne, sopravvissuta al virus e raggiungibile solo con la bassa marea. La minaccia del virus sembra ormai un ricordo, e la lotta tra le piccole comunità appare l’unico pericolo rimasto. Ma quando Spike raggiunge la terraferma, la famiglia scopre un mondo diverso. E un focolaio che ha le sembianze di un incubo ben peggiore semina nuovamente il terrore.
I temi contemporanei e la scrittura di Alex Garland
28 anni dopo esplora con un approccio introspettivo i cambiamenti socio-politici del Regno Unito, in particolare nel post-Brexit. Gli zombie sono una lente critica sulla società contemporanea, la sua frammentazione e la sua crisi identitaria. Alex Garland, noto per la sua poetica profondamente riflessiva, continua, nella scrittura della trilogia, il suo pensiero sulla natura umana e sul rapporto con l’ambiente. Tema caro che unisce i suoi film, basti pensare a Ex Machina, Annihilation e Men. E così, gli infetti di questa trilogia sono esseri evoluti, più senzienti: non più dei meri mostri urlanti, ma creature imprevedibili che rispecchiano la complessità dell’essere umano odierno, sempre più alienato e violento.
28 anni dopo e l’evoluzione del mezzo cinematografico
28 giorni dopo, il primo film della saga, si era già contraddistinto per lo stile realistico ottenuto grazie all’uso della camera a mano. Questo immergeva lo spettatore nell’apocalisse nuda e cruda. La nuova trilogia eredita l’instabilità visiva intensificando l’immedesimazione e la tensione. Lo sguardo intimo e dinamico è stato restituito grazie a tecniche rivoluzionarie tra cui camere di ultima generazione e l’uso di iPhone 15 Pro Max. In una scena, è stato addirittura costruito un anello composto da venti iPhone per ottenere un effetto grandangolare estremo.
La luce naturale fredda e desaturata, le ambientazioni del Northumberland, danno vita a un’atmosfera di isolamento e minaccia costante. Con 28 anni dopo, Danny Boyle e Alex Garland sembrano voler dare vita a una nuova forma di creatura-zombie sempre più vicina all’essere umano, in una società in lotta con se stessa e con la natura che la circonda – che incarna le paure contemporanee. La trilogia si propone così come una narrazione unica che riflette la fragilità dell’umanità di fronte a un futuro sempre più incerto.