Skip to content Skip to footer
Men, la recensione su Almanacco Cinema

Men, il folk-horror di Alex Garland

Men è un folk-horror firmato dal regista visionario Alex Garland. Mito e natura si intrecciano in un racconto sulla mascolinità tossica e i suoi meccanismi.

In attesa del ritorno di Alex Garland con Warfare e 28 anni dopo (sua la scrittura del sequel di Danny Boyle), riscopriamo uno dei suoi film più controversi.

Men racconta il viaggio di redenzione di Harper Marlowe (Jessie Buckley), una donna che, dopo il suicidio dell’ex marito, si rifugia in un remoto villaggio della campagna inglese per elaborare il lutto e il senso di colpa. Ma quella che doveva essere una fuga rigenerante si trasforma presto in un incubo. La quiete del luogo diventa un’eco dei suoi traumi, mentre gli uomini del villaggio assumono volti inquietantemente familiari.

Il mito del Green Man e la natura ciclica

L’immaginario folk pervade il film, conferendogli un’atmosfera tra il reale e il simbolico. Una figura ricorrente che tormenta Harper è il Green Men, antica entità della mitologia pagana. Tradizionalmente è simbolo di fertilità e rinascita, tuttavia Garland ne sovverte il significato: la ciclicità non è più una questione naturale, quanto sociale. Il Green Men diventa così l’emblema di un patriarcato eterno, un ciclo oppressivo che si rinnova di generazione in generazione, proprio come la natura si rigenera incessantemente.

Men: i mille volti della mascolinità tossica

L’escamotage di Garland è sottile ma potentissimo: Rory Kinnear interpreta tutti gli uomini. Questo dettaglio (che inizialmente può sfuggire) diventa la chiave di lettura dell’intero film. Kinnear non interpreta i singoli personaggi, ma un concetto più grande: attraverso sfumature diverse, incarna molteplici forme di violenza psicologica. Basti pensare al parroco che colpevolizza Harper per il suicidio dell’ex marito, nonché al poliziotto che minimizza le sue paure. Dunque, ciascun personaggio non è altro che un tratto della mascolinità tossica. 

La natura: tra libertà e oppressione

La natura è più di un semplice sfondo: è un’entità viva, potente e ambivalente. Un vero e proprio personaggio a sé stante: Harper la percepisce inizialmente come uno spazio di libertà e riconnessione con sé stessa. La scena in cui canta nel tunnel, giocando con l’eco della propria voce, è un momento di pura meraviglia e riscoperta delle piccole cose. Ma è proprio nel cuore della natura e nel verde brillante che incontra il Green Man. Garland suggerisce che il patriarcato, come la natura, è onnipresente. Il paesaggio diventa così il luogo di liberazione assoluta ma, al contempo, di prigionia.

Alex Garland e il rapporto con la natura

Un tratto caratteristico nel cinema di Garland è il rapporto intrinseco tra il paesaggio e l’essere umano. In Annihilation, la natura è avvolta in un mistero: un gruppo di scienziate esplora una zona contaminata multiforme che assume forme oscure e inspiegabili. In Civil War, la natura resta serena e indifferente alla brutalità della guerra, creando un contrasto straniante. Forse a suggerire che la violenza sia inscritta nell’ordine naturale delle cose? Un concetto che ritorna in Men, dove la natura è al tempo stesso meraviglia e tormento.

L’occhio di Rob Hardy cattura la duplice anima con una fotografia evocativa e impeccabile. Ma è proprio questa perfezione silenziosa che ci trasmette il pericolo: un frutto proibito che attrae e avvelena allo stesso tempo.

In conclusione: Men, una denuncia sottile

Alex Garland costruisce una denuncia sottile e disturbante che si svela lentamente. Il tipico approccio distopico e sci-fi dei suoi “mondi” offre una finestra sulla condizione umana. Persino la natura – simbolo di continuo divenire – è contaminata da una cultura tossica. Harper non si accorge della somiglianza tra gli uomini del villaggio, in quanto vittima di un meccanismo così radicato da risultare invisibile.

Con maestria, Garland ci fa percepire quanto questo sistema sia interiorizzato, tant’è che persino noi spettatori fatichiamo a cogliere immediatamente il trick dei mille volti.

Recensione a tre stelle su Almanacco Cinema

Show CommentsClose Comments