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Paul Feig accusa Trump per le critiche a Ghostbusters

ll reboot di Ghostbusters  è stato bersaglio di critiche sessiste e razziste. Paul Feig accusa Trump per l’ondata di odio verso il cast al femminile.

Il regista del reboot femminile di Ghostbusters del 2016, Paul Feig, ha attribuito in parte a Donald Trump la responsabilità delle critiche razziste e sessiste che il film ha subito, in particolare da parte dei troll online.

In una recente intervista con The Guardian, Feig ha riflettuto sull’ondata di odio scatenata dopo l’uscita dell’action-comedy, che vedeva protagoniste Melissa McCarthy, Kristen Wiig, Kate McKinnon e Leslie Jones.

Paul Feig ha spiegato che il contesto politico del 2016, segnato dalla candidatura di Hillary Clinton alla presidenza degli Stati Uniti, ha contribuito a intensificare le reazioni negative nei confronti del film. Il regista ha dichiarato che il clima politico era davvero particolare e molti uomini cercavano lo scontro, dietro a molti dei profili che insultavano il film si nascondevano sostenitori di Trump.

La politicizzazione del film

La situazione è peggiorata quando lo stesso Trump ha pubblicamente criticato il film, aggiungendo carburante alle polemiche. Feig ha raccontato che l’allora candidato alla presidenza ha dichiarato: stanno rifacendo Indiana Jones senza Harrison Ford. Non si può fare. E ora stanno facendo Ghostbusters solo con donne. Che succede?

Questo intervento ha politicizzato ulteriormente il film, trasformandolo in un dibattito sociale, con molti che lo vedevano come un simbolo di sostegno alle donne. Paul Feig ha commentato dicendo che non credeva fosse così importante il fatto che le protagoniste fossero donne ha commentato Feig.

Oltre a questo, Feig ha spiegato perché ha deciso di realizzare un reboot invece di un sequel ai film originali del 1984 e del 1989, con Bill Murray, Dan Aykroyd, Ernie Hudson e Harold Ramis.

Murray, uno dei membri principali del cast originale, aveva pubblicamente dichiarato di non voler partecipare a un altro Ghostbusters, e la scomparsa di Harold Ramis nel 2014 aveva ulteriormente complicato la possibilità di un sequel. Anche se Aykroyd e Hudson erano disponibili, Feig ha sentito che la dinamica del team originale non sarebbe stata la stessa senza di loro. Il regista ha voluto rispettare l’eredità dei film originali e temeva che un sequel potesse danneggiarli.

Il reboot ha quindi affrontato non solo sfide creative e tecniche, ma anche un ambiente culturale e politico che ha esacerbato le reazioni contro il film, trasformandolo in una sorta di campo di battaglia ideologico, il che ha contribuito a far sì che diventasse molto più di una semplice commedia.

Roberta Di Rienzo

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