Il leggendario regista Paul Schrader parla del futuro del cinema e del ruolo sorprendente che l’intelligenza artificiale avrà presto sul grande schermo.
Paul Schrader non è un nome qualsiasi. È l’uomo che ha scritto Taxi Driver, Toro Scatenato e American Gigolo: una figura chiave del cinema americano degli anni ’70, capace di trasformare la rabbia e l’alienazione in arte. Oggi, a quasi ottant’anni, non parla di nostalgia o di un passato che non torna più: guarda avanti, verso un futuro in cui l’intelligenza artificiale cambierà il modo stesso di fare cinema.
In una recente intervista a Vanity Fair, Schrader ha dichiarato di essere convinto che “entro due anni vedremo il primo lungometraggio interamente realizzato con l’AI”. Una previsione che suona più come un avvertimento, o forse una promessa.
Per Schrader, l’intelligenza artificiale non è una minaccia ma una nuova grammatica creativa. “Uno scrittore ha il suo codice di parole e simboli, un attore ha il suo linguaggio corporeo e la sua voce. Bene, ora sei un pixelatore: puoi creare il volto, l’emozione, scolpirla come vuoi”, spiega.
In questa visione, l’autore diventa un “architetto digitale” capace di dirigere emozioni attraverso dati, modelli e immagini generate. Non più solo un regista che cattura la realtà con una cinepresa, ma un creatore che costruisce mondi dal nulla, come un pittore che dipinge con i pixel.
Schrader ha rivelato di avere già pronto “lo script perfetto” per un film interamente creato con intelligenza artificiale. Nessun attore, nessun set, nessuna troupe: solo un algoritmo addestrato a generare volti, ambienti, gesti e dialoghi.
“L’AI sta già prendendo il controllo delle recensioni, dei contenuti e della critica cinematografica”, ha aggiunto. “Non ha bisogno di favorire nessuno, non ha limiti di tempo o di ego”.
Parole che, nel mondo post-sciopero di Hollywood e delle proteste degli sceneggiatori contro l’uso dell’intelligenza artificiale, suonano provocatorie. Ma Schrader non sembra voler sfidare, piuttosto anticipare ciò che accadrà nel futuro più prossimo.
Le sue dichiarazioni dividono. Da un lato, c’è chi vede nella tecnologia un modo per democratizzare il cinema: abbattere costi, permettere a chiunque di creare film complessi senza budget da milioni di dollari. Dall’altro, la prospettiva di un’arte senza esseri umani solleva dubbi etici e creativi. Chi è l’autore di un film scritto e diretto da un algoritmo? E cosa resta dell’empatia, dell’imperfezione, di quella scintilla umana che trasforma una storia in emozione?
Schrader, da parte sua, sembra convinto che l’arte non verrà sostituita, ma “rifatta da capo”. Una metamorfosi più che una rivoluzione. D’altro canto, non è la prima volta che Paul Schrader parla di intelligenza artificiale con entusiasmo. Già in interviste precedenti, il regista aveva espresso curiosità per il potenziale creativo della tecnologia.
“Tra due anni vedremo il primo film interamente realizzato con l’intelligenza artificiale”, ribadisce. Una previsione che molti definirebbero azzardata, ma che in realtà suona più plausibile ogni giorno.
I software di generazione video stanno evolvendo a ritmi vertiginosi: già oggi è possibile creare brevi filmati fotorealistici con prompt testuali (basta guardare il caso Sora). Mancano solo creatività, regia e visione: proprio ciò che Schrader, da sempre, sa come orchestrare.
Se davvero lo farà e ci riuscirà, non sarà solo un esperimento tecnologico, ma un nuovo capitolo nella storia del cinema. E, ancora una volta, Paul Schrader sarà lì, dietro (o forse dentro) la macchina.
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