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My secret Santa, la recensione

My secret Santa, la recensione

My Secret Santa conferma la formula delle rom-com natalizie Netflix: un’idea curiosa, tanta leggerezza e poche sorprese. Di seguito la nostra recensione.

Nel panorama sempre più affollato delle commedie romantiche natalizie, My Secret Santa rientra nella strategia produttiva di Netflix: film pensati per accompagnare le festività con storie rassicuranti, facilmente riconoscibili e costruite su meccanismi narrativi collaudati. L’idea di partenza, ovvero il travestimento come soluzione estrema a una crisi personale ed economica, richiama immediatamente un immaginario cinematografico ben preciso, fatto di scambi di identità e finzioni necessarie. Tuttavia, il film chiarisce subito la propria natura: non intende rinnovare il genere, ma inserirsi al suo interno con un racconto leggero, accessibile e privo di reali difficoltà.

Una protagonista tra maschera e autenticità

La storia segue Taylor Jacobson (Alexandra Breckenridge), una madre single che, dopo aver perso il lavoro a ridosso delle festività natalizie, si trova davanti alla necessità di garantire alla figlia adolescente un futuro sportivo promettente. Un’opportunità inattesa si presenta in un resort sciistico, dove uno sconto riservato ai dipendenti potrebbe risolvere i suoi problemi economici. L’unico impiego disponibile, però, è quello di Babbo Natale stagionale. Grazie a un elaborato travestimento, Taylor assume una nuova identità e riesce a ottenere il lavoro, dando inizio a una doppia vita che presto si complica. Mentre cerca di mantenere il segreto, la donna si avvicina al suo responsabile Matthew (Ryan Eggold), ignaro della verità, e i sentimenti che nascono tra i due finiscono per mettere a rischio l’equilibrio precario costruito sulla finzione.

Il gioco delle identità

Il cuore tematico del film ruota attorno alla questione dell’identità e della maschera. Il travestimento non serve soltanto a generare situazioni comiche, ma diventa il mezzo attraverso cui la protagonista riesce a esprimere una sicurezza che nella vita reale le manca. Tuttavia, il film preferisce utilizzare questo spunto in modo funzionale alla narrazione, senza spingersi verso una riflessione più profonda, limitandosi a suggerire il conflitto interiore senza esplorarne davvero le conseguenze.

My secret Santa, la recensione

Una storia d’amore che zoppica

All’interno di questo scenario prende forma la relazione romantica con Matthew Lane, il capo di Taylor e figlio del magnate che gestisce il resort. Matthew è un personaggio costruito secondo i canoni del genere: affascinante, sensibile e con un legame con il passato della protagonista. La componente sentimentale si inserisce in modo prevedibile all’interno della storia, seguendo traiettorie già ampiamente codificate. L’interesse amoroso della protagonista funge più da catalizzatore narrativo che da vero personaggio, e la relazione procede senza grandi scarti o sorprese. Anche il passato musicale della donna, che avrebbe potuto arricchire il racconto di una dimensione più personale e anticonvenzionale, resta un dettaglio decorativo, evocato ma mai realmente esplorato.

Identità, lavoro e ruoli di genere

Un elemento interessante di My Secret Santa è il modo in cui gioca, senza mai approfondire davvero, con i ruoli di genere e con le dinamiche del mondo del lavoro. Il fatto che la protagonista debba fingersi uomo per ottenere un impiego stagionale apre uno spiraglio tematico potenzialmente avvincente, che però viene rapidamente addomesticato per rientrare nei canoni rassicuranti della commedia romantica. Il film sfiora il tema della disparità e della precarietà, ma preferisce non spingersi oltre una superficie ironica, scegliendo la via più sicura del racconto edificante.

Il peso dei cliché e delle citazioni

Il film vive costantemente nel confronto con i suoi modelli di riferimento, dai grandi classici del cinema basati sullo scambio di identità (come Mrs. Doubtfire) alle più recenti rom-com natalizie. Questo dialogo, però, si risolve spesso in una riproposizione di situazioni già viste, senza una vera rielaborazione personale. Le dinamiche narrative seguono uno schema prevedibile, e anche i momenti di rivelazione o crisi emotiva sono gestiti con una rapidità che riduce l’impatto drammatico. La sensazione è quella di un racconto che preferisce non mettere mai realmente in discussione il proprio equilibrio, affidandosi alla familiarità piuttosto che alla sorpresa.

In conclusione

My Secret Santa è una commedia natalizia che funziona nei limiti che si impone da sola. Ha un’idea di partenza interessante e una protagonista convincente, ma rinuncia a sviluppare davvero le sue intuizioni migliori. È un film che accompagna le feste con leggerezza, senza disturbare né sorprendere, confermandosi come un prodotto coerente con le aspettative del catalogo Netflix.

🎬 Valutazione

Regia
★★
Interpretazioni
★★
Storia
★★
Emozioni
★★
🏆 Voto Totale
2
★★