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Bird, nascere con le ali e non avere un nido
Bird racconta la vita ai margini in uno squat del Kent. L’arrivo di una persona speciale sconvolgerà per sempre la vita di Bailey, tra realismo e fantasia.
Bird è un Coming of Age presentato in anteprima al Festival di Cannes 2024 e vincitore del Miglior Film nel Concorso Internazionale di Alice nella città 2024. È il modo in cui Andrea Arnold ci parla di quegli esseri speciali che non appartengono a nessun luogo. Ma sono ovunque, come uccelli nel cielo. È un racconto delicato e poetico che si muove tra il realismo crudo – che sfiora lo stile documentaristico – e il fantastico.
Prodotto da House Productions, Bird sarà distribuito nei cinema italiani a partire dall’8 maggio, da Lucky Red.
Bird, la trama
Bailey (Nykiya Adams) è un’adolescente intrappolata in una periferia inglese degradata, in cui i bambini non hanno tempo per esserlo appieno. Vive con il padre Bug (Barry Keoghan) e il fratellastro Hunter (Jason Buda), in uno squat nel Kent settentrionale, tra violenza e tossicodipendenza. È un mondo in cui non ci sono certezze. Ed è in questo purgatorio che Arnold inserisce una finestrella di speranza, un vento improvviso che sa di libertà. Bailey si addormenta in un campo e l’indomani vi incontra Bird (Franz Rogowski), un ragazzo misterioso alla ricerca delle proprie origini. Tuttavia, Bird non è un umano qualsiasi, come neanche Bailey, d’altronde.
Una finestra di speranza e metamorfosi
Bailey è circondata da morte e degrado, così trova il modo di costruirsi una via di fuga interiore. La sua camera diventa un rifugio felice ma fragile. Sulle pareti disegni di edere rampicanti rigogliose sembrano voler cercare la luce in un mondo che è marcio. Ed è proprio qui che Bailey proietta i suoi video, piccole finestre su un mondo che esiste solo nei suoi sogni.
Arnold mette in scena la lenta metamorfosi di Bailey e lo fa attraverso minuscoli particolari. La ragazza interagisce con delle falene che le fanno visita in camera, poi si richiude in un sacco a pelo come un bozzolo. Infatti, Bailey ancora non ha trovato le ali per volare. Sebbene la sua libertà esista già, è ancora nascosta sotto la sua pelle.
Bird, o la libertà
Bird è un ragazzo senza passato, sembra come se fosse nato dal vento e si nutrisca di libertà. Osserva da lontano in silenzio, cammina sui tetti e vi rimane accovacciato. Anche se Arnold non ci dice mai chiaramente chi o cosa sia Bird, ce lo suggerisce con delicatezza, lasciando che siano le immagini e i gesti a parlare.
Bird è sfuggente e al tempo stesso leale. Il nome stesso è un indizio e un chiaro richiamo al mondo degli uccelli – simbolo ricorrente nel film. Non a caso, Bailey osserva il cielo e le danze dei volatili come se cercasse qualcosa, come se sentisse una connessione con loro. D’altro canto, questi ultimi si avvicinano a lei, la guardano, per poi spiccare di nuovo il volo. In Bird c’è il medesimo sguardo e quella stessa leggerezza di chi non appartiene a nessun luogo.
Il ritratto di un altrove
Bird dialoga con l’immaginario di Larry Clark e del primo Harmony Korine: Kids, Bully e Gummo. Infatti, l’adolescenza raccontata da Andrea Arnold è segnata, disfunzionale e cresciuta troppo in fretta. La crudezza con cui la macchina da presa segue i corpi testimonia frammenti di quotidianità di una società persa, che ricorda in particolare Gummo. Tra pianerottoli di bambini abbandonati a sé stessi, adulti assenti e ragazzini che compiono agguati, c’è Bailey che si agita per trovare un posto in tutto questo. Tuttavia, ancora non sa che lei non appartiene a niente e nessuno, ma solo al vento e al cielo.
Proprio come il Bunny Boy di Gummo, anche Bailey è una creatura solitaria. Per questo motivo trova rifugio in un passaggio sopra l’autostrada. Entrambi abitano terre ai margini, sono anime inquiete fuori posto, strette al mondo. Bunny Boy si veste da coniglio, mentre Bailey ha l’anima di un animale libero.
Esseri umani speciali
Arnold suggerisce che nel mondo esistono persone nate con qualcosa di diverso. Persone impossibili da addomesticare, che vogliono vivere, libere. Bird è uno di questi, ma anche Bailey. Infatti, quando una volpe si avvicina a lei come a riconoscerla, i suoi occhi si tingono come quelli di un animale selvatico. La presenza costante di uccelli, falene e la scoperta del proprio corpo segnano un percorso che non è solo di adolescenza, ma anche di presa di coscienza.
In conclusione
Andrea Arnold firma una regia magnetica, incollata non solo alla pelle, ma all’essere. La fotografia di Robbie Ryan alterna un realismo sporco a squarci improvvisi di sospensione e magia. Inoltre, le interpretazioni sono straordinarie: dai giovanissimi, tra cui Nykiya Adams, ai più esperti come Barry Keoghan, che conferma il suo talento con una prova dolce e al contempo intensa.
Una poetica che continua a esplorare l’umanità ai margini, quella di Andrea Arnold. Perlustrando lì dove il mondo finisce, con astrazione e realismo sociale, costruendo una vera e propria poesia. La regista ci ricorda che un altrove è possibile, anche lì dove non c’è traccia di vita.
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