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The Room Next Door, la recensione su Almanacco Cinema

Venezia 81, le anteprime: The Room Next Door, la recensione

Pedro Almodovar arriva a Venezia con The Room Next Door, primo lungometraggio in inglese del regista spagnolo. Un successo da 17 minuti di standing ovation.

La trama

Una scrittrice di successo, Ingrid (Julianne Moore), scopre che una sua vecchia amica, Martha (Tilda Swinton) è gravemente ammalata, soffre di un cancro all’ultimo stadio. Martha però non vuole continuare a soffrire e deciderà di ritirarsi in una villa nel bosco, poco distante da New York, assieme all’amica Ingrid. Scopriremo, assieme alle due protagoniste, che la loro amicizia è ancora tutta da scoprire.

Da questo momento Martha ed Ingrid inizieranno ad addentrarsi in una nuova avventura che riuscirà a (ri) svegliare la profonda energia di un’amicizia in grado di esaltare gli attimi e la forza vitale della passione (sia della loro amicizia ma anche artistica) che riuscirà a superare qualsiasi barriera, anche quella definitiva della morte.

L’eutanasia diventa quindi un pretesto per accompagnare il pubblico nella storia di un’amicizia: Martha cerca di sfuggire all’agonia del dolore mentre Ingrid, che non riesce a sopportare la perdita dell’amica, tenterà di dare nuovi stimoli alla sua vita.

Dal rapporto tra le due protagoniste nasce un sottilissimo dialogo in cui spicca il talento delle due attrici, in perfetta sintonia tra loro. A conferma di un Festival a prevalenza femminile in cui la lotta per la Colpa Volpi diventa sempre più agguerrita (Angelina Jolie, Nicole Kidman e ora Julianne Moore e Tilda Swinton)

Il ruolo della regia

Almodovar si interroga sull’eutanasia e sulla morte regalandoci un film intimo e contenuto, con la solita eleganza che contraddistingue il suo cinema ma che qui raggiunge un’apice anche contenutistico.

Grazie anche alla perizia della sua regia, che in The Room Next Door decide di non abbandonare mai l’ambientazione in interni. Infatti la casa nella quale Martha deciderà di ritirarsi durante i suoi ultimi giorni diventerà una protagonista determinante all’interno del film. Le mura, la stanza (da cui prende anche nome il film) e i lettini diventano elementi fondamentali all’interno della narrazione.

Questi spazi assorbiranno l’energia, ormai sprigionata, dell’amicizia delle due protagoniste riuscendo a dare una testimonianza, ovviamente metaforica, della presenza di Martha che, dopo la morte, riuscirà ad intraprendere un ultimo dialogo con la figlia, sistemando forse l‘ambiguità del rapporto tra genitore e figlio che da sempre caratterizza il cinema di Almodovar.

The Room Next Door regala importanti riflessioni

A sorprendere è l’originalità con cui The Room Next Door affronta importanti quesiti filosofici, sottraendosi a qualsiasi sentimentalismo, alla facile portata visto i temi delicati, ma preferisce adottare uno stile essenziale capace di maturare reali riflessioni. Anche nei momenti più drammatici ad avere la meglio è l’ironia a testimonianza di una vitalità con cui Almodovar ci regala l’unico antidoto alla morte, l’allegria e la felicità. 

Alla luce di quanto detto possiamo anche perdonare al film un inizio più lento in cui spicca un goffo uso dei flashback, oltre ad una sceneggiatura leggermente ripetitiva nei lunghi dialoghi tra le due attrici, aspetto in parte legato anche all’abbandono della lingua spagnola. Ma l’originalità e l’eleganza con cui il soggetto si addentra in temi così profondi, superano qualche difetto formale e finiscono per regalare allo spettatore un film straordinariamente emotivo, assolutamente imperdibile.

Pedro Almodovar si candida a pieno titolo a quello che diventerebbe il suo primo Leone d’Oro.

Recensione a quattro stelle su Almanacco Cinema