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Diciannove: ossessioni e castrazioni del giovane Leonardo

Giovanni Tortorici crea un’opera in bilico tra spinte neorealiste e manierismi che rendono Diciannove un tutt’uno con il suo arrogante protagonista.

Il film è tutto incentrato sulle paranoie del diciannovenne Leonardo, alter ego del regista, che cerca nelle sue ossessioni e ipocondria un rifugio dal mondo esterno. Nonostante la ricerca di realismo, attraverso un linguaggio colloquiale che riproduce lo slang giovanile del 2015, Diciannove appare un’opera affettata come il suo protagonista. Un film a tesi, proprio perché Leonardo sembra voler dimostrare le sue ragioni a quel mondo che lo rifiuta.

Opera prima di Giovanni Tortorici, che nel frattempo sta lavorando al suo secondo lungometraggio Ketticè, Diciannove è stato prodotto da Luca Guadagnino. È stato presentato al Festival di Venezia 2024 in concorso nella sezione Orizzonti e Queer Lion. È ora disponibile su MUBI Italia.

Cosa succede in Diciannove?

Diciannove è uno di quei film in cui non succede davvero niente, anche se il protagonista Leonardo (Manfredi Marini) è in continuo movimento. Infatti, dopo il diploma parte dall’assolata Sicilia alla volta della grigia Londra per studiare business. Qui, sarà ospite della sorella e una sua coinquilina.

Londra, però, non sembra poter soddisfare i gusti “antichi” e gli ideali reazionari del ragazzo. Così decide di trasferirsi a Siena per studiare Lettere. Sua grande passione è la letteratura italiana ottocentesca e i valori morali di cui sono portatori gli autori dell’epoca. Leonardo mal tollera, se non ignora, il Novecento e i suoi progressismi. Pasolini e le sue ‘trasgressioni’ per il giovane sono quasi un insulto ai pensatori del passato.

Tuttavia, neanche la romantica Siena e la sua ricca storia riescono a far sentire al sicuro Leonardo, che decide di rinchiudersi nella sua camera e dedicarsi a uno “studio matto e disperatissimo”.

Rifiuta il contatto con l’esterno, specialmente dopo lo scontro con un professore di letteratura dantesca che liquida la sua curiosità e indipendenza nello studio con un 26. Voto rifiutato che lo porta a scrivere un’aulica ma livorosa invettiva contro il professore e l’assistente.

Leonardo passa con disinvoltura dalle fantasie deliranti in cui si immedesima nei martiri del Seicento, alla conquista delle ragazze in discoteca. Fino a rischiare il coma etilico dopo una serata a Milano con il cugino, interpretato da Zackari Delmas.

In definitiva, vive pulsioni contrastanti per cui non riesce a trovare una sintesi. Oltre a reprimere profondamente una parte della sua sessualità. L’incontro finale, a Torino, con un intellettuale, però, riuscirà a restituirgli un po’ di respiro dopo una vita in apnea.

Un film che assomiglia al suo protagonista

Tortorici realizza un film che rimanda al Neorealismo e alla Nouvelle Vogue, in cui convivono interesse alla quotidianità, alle piccole cose, all’intimismo del personaggio ma anche un certo virtuosismo formale. Infatti, la caratterizzazione dei personaggi e le vicissitudini che deve affrontare Leonardo puntano al realismo. È facile immedesimarsi, soprattutto per chi ha vissuto la vita da studente universitario fuori sede. I dialoghi ricercano il mimetismo della quotidianità.

D’altro canto, si fa largo uso di vari espedienti cinematografici: close-up, split screen, scritte che riempiono tutto lo schermo. Oltre che all’animazione per dare vita all’immaginazione delirante di Leonardo.

Inoltre, alcune scene vengono costruite come fossero un film nel film. In particolare, quando Leonardo ricorda un episodio traumatico del suo passato legato al consumo di droga e alla violenza subita, sembra di assistere a un film muto di genere thriller. Con un intento fortemente espressivo della psiche del protagonista che permette di avvicinare personaggio e spettatore.

Per altri versi, però, molte scene rimangono lacunose se non inaccessibili a un pubblico poco attento. Come quando la telecamera si ferma su alcuni scritti di Leonardo difficili da decifrare. Ma di difficile decifrazione è anche la scena sopra descritta. Sembra che qualcosa venga celato a chi guarda. O almeno venga lasciato alla libera interpretazione.

Per queste ragioni, Diciannove assomiglia al suo protagonista, ne è estensione ed espressione. In parte, mette una distanza con lo spettatore proprio come fa Leonardo con gli altri.

A chi parla Diciannove?

Diciannove potrebbe sembrare un film eccessivamente autoreferenziale. Perché, di fatto, è la trasposizione cinematografica di un periodo ossessivo e depressivo vissuto da Tortorici quando aveva quell’età. Ma, soprattutto grazie a un filtro ironico sulle proprie psicosi, finisce per dimostrarsi aperto all’Altro. Certi pensieri intrusivi, quella “ipertrofìa della pulsione di morte”, per citare il dialogo finale, sono universali. Chi più e chi meno vi ha indugiato nella vita, specialmente durante l’adolescenza e post-adolescenza.

Leonardo vive una repressione, auto-inflitta, che lo porta a ricercare fermezza, morale. Come fosse un giovane terrorista dell’ISIS, parafrasando la dura disamina che subisce nel finale dal misterioso intellettuale. In realtà, si tratta dello psicanalista Sergio Benvenuto.

E, nel finale, Leonardo trova proprio quell’attenzione che aveva sempre ricercato. Trova comprensione, anche se vuol dire essere messo in dubbio. Finora, probabilmente, nessuno lo aveva realmente ascoltato. Il suo ego viene ridimensionato, restituendogli un senso di leggerezza e libertà.

In conclusione

Diciannove riesce a posizionarci a fianco del protagonista, facendoci sia partecipare ai suoi deliri che a farceli guardare da fuori. Parte del merito va all’interpretazione di Manfredi Marini, che riesce a non rendere odioso Leonardo, nonostante la sua arroganza. Dall’inizio alla fine, empatizziamo con lui, perché comprendiamo la sua sofferenza.

Leonardo vive una castrazione di pulsioni e sentimenti. Soprattutto sul fronte della sessualità. Infatti, nonostante non abbia difficoltà ad attrarre le ragazze, non sembra davvero interessato a loro. Se non nella ‘dimensione discoteca’, dove trasgredisce a quella rettitudine che tanto rincorre. Inoltre, reprime tutta una parte della propria sessualità che gli fa provare attrazione per i ragazzi.

Leonardo è anche spaventato da alcune cose che lo attraggono, perché socialmente non accettabili. Questo è sicuramente l’aspetto che lo rende più umano e vicino agli altri. Un ragazzo che vorrebbe elevarsi, essere solo anima, ma destinato come tutti a ricadere a terra con il suo corpo pulsante.

Martina Portello

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