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Festa del Cinema di Roma: Il treno dei bambini, la recensione
Cristina Comencini torna alla Festa del Cinema di Roma con Il treno dei bambini, adattamento dell’omonimo romanzo di Viola Ardone ambientato nel 1946.
Il dopoguerra italiano è stato raccontato in decine e decine di film, alcuni vere pietre miliari del nostro cinema. La realtà della miseria e delle macerie è stata portata sullo schermo anche dal punto di vista dei bambini. Pensiamo a Ladri di biciclette (1948) di Vittorio De Sica. Eppure, la storia vera dei cosiddetti “treni della felicità” nessuno l’aveva mai raccontata.
Cristina Comencini, adattando l’apprezzato romanzo di Viola Ardone, porta alla luce una pagina bellissima e sconosciuta della nostra Storia. Siamo nel 1946, negli anni complicati ma di rinascita del dopoguerra. La situazione economica, soprattutto nelle città colpite dai bombardamenti, è incerta. Tante famiglie vivono in condizioni di povertà, obbligandosi a piccoli espedienti per sopravvivere.
L’UDI (Unione Donne in Italia) organizza, così, insieme al Partito Comunista i “treni della felicità”. 70000 bambini partono dal Sud Italia e dal Lazio e vengono accolti da famiglie del Nord Italia, soprattutto dell’Emilia-Romagna. Non si trattava di famiglie ricche, ma di famiglie che avendo maggiori disponibilità economiche potevano nutrire e far studiare questi bambini. Potevano, in sostanza, consentirgli di vivere un’infanzia serena, quella che dovrebbe spettare di diritto a ogni bambino.
Un’operazione che aveva come unico motore la solidarietà. Lo sforzo organizzativo ed economico fu notevole. Il Nord e il Sud, due spazi fisici e simbolici che in tanti cercano ancora di separare, si abbracciavano per provare a salvare il presente, ma, soprattutto, per rilanciare il futuro dell’Italia in un orizzonte di speranza.
Il treno dei bambini, la trama
Amerigo Speranza è un bambino di otto anni, che vive a Napoli insieme a sua madre Antonietta. Ha perso un fratello minore negli anni della guerra, e suo padre è emigrato in America (almeno così gli ha raccontato la madre). La donna, per sopravvivere, si lascia coinvolgere da un malavitoso nel giro della borsa nera. Amerigo, allo stesso modo, elabora furbi stratagemmi per racimolare qualche soldo.
Quando la possibilità dei “treni della felicità” si presenta, Antonietta, nonostante la forte riluttanza di molti nel suo quartiere, accetta. Così, Amerigo, insieme a decine di altri bambini, parte per Modena. Lì ad attenderlo c’è Derna. Una donna sola, una sindacalista, con una grande passione politica ma nessuna esperienza coi bambini. L’incomunicabilità degli inizi si tramuta ben presto in un rapporto di grande complicità.
Amerigo viene accolto anche dalla famiglia del fratello di Derna, artigiano che costruisce strumenti musicali. Proprio osservando l’uomo, il ragazzo scopre un’innata passione per la musica e inizia a praticare il violino. Arriva il momento di tornare a Napoli e il bambino è emotivamente scisso: da un lato il ritorno alla sua mamma, dall’altro la possibilità di una vita diversa. Sarà lui a scegliere il suo destino.
Un passato di cui andare fieri
Il treno dei bambini, pur nella finzione letteraria di Viola Ardone, racconta una realtà storica del tutto ignorata. Cristina Comencini, in conferenza stampa, ha sottolineato come il sessismo possa essere la chiave per interpretare tale oblio. Si tratta di un’operazione eroica organizzata dalle donne per i bambini, due categorie che la Storia ha spesso considerato invisibili.
Ciò che è avvenuto, però, ha un enorme valore umano. Viola Ardone, che ha seguito interamente la realizzazione del film, ha posto l’accento sul concetto di fiducia. Le famiglie coinvolte consegnavano la cosa più preziosa che avevano, certe che dall’altro lato ci sarebbe stata una mano tesa. Si è creato col tempo un tessuto connettivo: questi legami permanevano. Molti bambini continuavano a ricevere sostegno anche quando tornavano alle loro famiglie d’origine.
Il film, nell’omaggiare questo passato glorioso, riflette poi sul concetto di maternità, intesa in senso ampio. Antonietta e Derna sono due madri diversissime, che non si incontreranno mai, ma sono unite dallo stesso sentimento amoroso verso Amerigo.
Antonietta e Derna
Antonietta incarna un amore materno crudo, ombroso, distaccato. È una donna vittima del suo tempo: ama nell’unico modo che conosce. La sua mancanza di affettuosità non è volontaria, ma il frutto di una mentalità che ella stessa ha subito. A Napoli esiste un detto che cita: “E’ figlie se vasano dint’o suonno’” (i figli di baciano mentre dormono). Un pudore antico e anacronistico, in un mondo che, invece, ha bisogno di riscoprire la tenerezza.
Amerigo, che ha vissuto il terrore della guerra, brama il contatto fisico, i suoi occhi lo implorano. In Derna trova la possibilità di una relazione materna differente. Ma Derna è una donna sola, pudica, che si sente profondamente inadatta. Amerigo dovrà trovare un escamotage per rompere il ghiaccio con lei, che poi, con naturalezza, riuscirà a dargli ciò di cui lui ha bisogno.
Inoltre, forse, l’aspetto più commovente della relazione con Derna sta nella capacità di Amerigo di consentire a lei di aprirsi. Il bambino, nonostante la sua giovane età, riesce a cogliere il suo dolore per un amore perduto, e lo accoglie consolandola. In questo senso i due si “salvano” a vicenda: c’è un equilibrio emotivo toccante nel loro rapporto. Barbara Ronchi, non a caso, in conferenza, ha definito l’inizio della loro relazione come la nascita di un’amicizia.
Il treno dei bambini, la colonna sonora
A contribuire all’impatto del film è certamente la toccante e riconoscibile colonna sonora firmata da Nicola Piovani. La predominanza degli archi, dovuta anche a ragioni di trama, conferisce il giusto lirismo alle sequenze. Si punta sul pathos, ma è un’operazione che funziona e non risulta artefatta. Il maestro, sul suo lavoro di composizione per un film così importante, ha dichiarato: “È stato come camminare in una cristalleria”.
Alla colonna sonora appartiene poi anche un brano di Roberto Murolo. Serena Rossi lo canta a cappella nel film, ma la sua versione è stata anche incisa con la direzione di Piovani. Si tratta di Uocchie C’arraggiunate, e la scelta probabilmente non è stata casuale. Questi occhi che “ragionano senza parlare” sembrano essere proprio quelli di Christian Cervone, incredibile interprete di Amerigo.
Il cast de Il treno dei bambini
Cervone, oltre ad avere il physique du rôle è spontaneo, ironico, e riesce a dare al suo Amerigo l’intensità giusta. Nei suoi silenzi, nel suo osservare coi suoi grandi occhi, c’è tutta la complessità della vicenda che vive. Ci sono l’abbandono, la paura, il bisogno di essere coccolato, e l’entusiasmo della possibilità di vivere una vita differente. In questo senso il merito va dato sicuramente anche alla direzione di Cristina Comencini che riesce con una regia sensibile, mai invadente, a valorizzare il suo protagonista.
Barbara Ronchi e Serena Rossi regalano due ottime interpretazioni. Delicata e profonda la prima, vivace e sanguigna la seconda. Buona anche la prova di Stefano Accorsi che interpreta il personaggio di Amerigo da adulto.
Il libero arbitrio
Un ultimo aspetto da sottolineare è l’immagine che Il treno dei bambini dà dell’amore. In una società in cui sempre più spesso amore e possesso si intersecano pericolosamente, l’amore che emerge dal film è un amore altruista. Derna e Antonietta sono diverse in tutto, ma entrambe, in modi diversi, lasciano Amerigo libero di scegliere. Chi col pudore di un’emozione trattenuta, chi accettando di non farsi amare a sua volta.
Amerigo è artefice del suo destino, ma deve inconsapevolmente le sue scelte alle donne che gli hanno permesso di compierle. Amare, a volte, può voler dire lasciare andare, anche se è doloroso.
In conclusione
Cristina Comencini realizza un film commovente con una storia forte che valeva la pena trasporre sullo schermo. La sceneggiatura, dall’impianto classico e strutturato, è firmata dalla regista, dalla coppia Giulia Calenda/Furio Andreotti e da Camille Dugay. Anche la regia rimane tradizionale. Se per atmosfere e anche per forza della vicenda Il treno dei bambini richiama un po’ C’è ancora domani (alla luce anche degli sceneggiatori Calenda e Andreotti), la regia di Paola Cortellesi osava certamente di più.
Tuttavia, la linearità della forma non intacca la potenza emotiva di ciò che viene rappresentato. La colonna sonora di Piovani e le intense interpretazioni riescono a scaldare e a commuovere.
Il film, infine, è dedicato a tutti i bambini e le madri delle guerre. In un mondo in cui a pochi passi da noi i bambini continuano a morire sotto le bombe, il messaggio de Il treno dei bambini arriva ancora più potente. Come in conferenza stampa ha sottolineato Comencini, il film parla di quello che siamo stati, ma anche di quello che potremmo essere.
Se ottant’anni fa, uscendo da uno dei periodi più neri della storia dell’umanità, il mondo è stato capace di tanta solidarietà e di tanta bellezza, allora abbiamo il dovere di credere che esiste ancora una possibilità di salvezza.
Il treno dei bambini sarà disponibile su Netflix a partire dal 4 dicembre.