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Venezia 82, Jay Kelly

Jay Kelly: dietro una star

Jay Kelly è il nuovo film di Noah Baumbach con George Clooney, uscito ora su Netflix. Non è un semplice racconto su una star di Hollywood, ma è un vero e proprio autoritratto meta-cinematografico.

Jay Kelly è una leggenda del cinema, ha tutto quello che si può desiderare; successo, fama, celebrità. Ma dietro quest’enorme immagine da divo che si è costruito, c’è un uomo che si sente solo e non si rende conto della fortuna che ha attorno. La pellicola scava nella fragilità di un uomo schiacciato da un enorme senso di solitudine, pieno di rimpianti e domande- un personaggio che inizia a chiedersi cosa voglia dire essere davvero se stesso.

Clooney, è una delle nostre più grandi celebrità contemporanee, la scelta del suo nome per interpretare il divo non è casuale. La linea tra personaggio e attore ci sembra essere sottilissima, porta sullo schermo delle domande che forse si pone lui stesso.

Un Road Movie

Kelly, messo di fronte a un incontro del passato e schiacciato dai rimorsi per il rapporto con le figlie, decide di mollare gli impegni mondani e intraprendere un viaggio per l’Europa, cercando di capire cosa gli resto di autentico e tangibile nella sua vita. Così la pellicola si trasforma quasi in un Road Movie, un viaggio fisico ma soprattutto interiore per il protagonista e per chi gli sta intorno. Ogni tappa del viaggio porta con sé un ricordo di Jay, un incontro faccia a faccia con le scelte della sua vita. Le sequenze che ci riportano nel suo passato sono forse le più commoventi di tutto il film, con la fotografia nostalgica di Linus Sandgren ci sembra di trovarci in un film classico con una patina nostalgica, e ci rendiamo conto di quanto una scelta possa cambiare tutto il corso della nostra vita.

La pellicola prova ad essere una riflessione sul tempo che passa, sulle scelte, su quanto costa il successo.

Jay Kelly

Jay Kelly: giù la maschera

Un rapporto fondamentale del film è quello con il suo manager, Ron interpretato da un ottimo Adam Sandler. Ron incarna il manager fedele, colui che tiene in piedi la figura di Jay Kelly, potremmo dire che è lo sceneggiatore della vita del divo. Il personaggio di Sandler ci sembra profondamente umano, segnato dal peso degli anni trascorsi a vivere per qualcun’altro. Ma è proprio questo vivere in funzione di che si trasforma in una fragilità del film stesso, la figura di Ron non riesce a godere di una vera e proprio autonomia narrativa, risulta totalmente sottomesso a Kelly.

La pellicola ci suggerisce spesso che il manager ha una vita autonoma dove prova a essere un padre e marito presente, mostrandoci anche il passato con la Pr di Kelly ( Laura Dern). Ma lo fa in maniera superficiale, facendo rimanere la figura di Ron solo un manager che ha paura di non essere considerato amico dal suo figlio preferito, Jay Kelly. Ron risulta un personaggio incompiuto come il tentativo di raccontare la vita dietro la star senza dedicare davvero il tempo e lo spazio che merita. Molti dei comprimari ruotano attorno a Kelly come una tribù dello Star System, ma non vengono minimamente approfonditi, continuando a rimanere nell’ombra di una grande Star pur essendo i veri creatori di essa.

Jay Kelly, uscito il trailer del film con George Clooney

Un’opera nostalgica

Jay Kelly è un’opera nostalgica, un omaggio al cinema classico. Cerca di recuperare quel senso di magia chiedendosi se la vita di un attore possa essere qualcosa di più di una serie di ruoli. Questa nostalgia diventa uno strumento di indagine per il protagonista, che seppur brillante e celebrato, si chiede se ne è valsa davvero la pena.

Ma di chi è la colpa?

Jay Kelly ci sembra un po’ egoista e forse per questo non riesce a entrare nel cuore dello spettatore. Vediamo un uomo ricco, che è arrivato alla fama schiacciando la carriera di un amico e che non riesce ad ammettere di essere stato un pessimo padre, un pessimo marito e un pessimo amico. Sullo schermo ci viene portata la storia di un attore, sicuramente pieno di ambizione, ma che non sa guardarsi davvero intorno, che non riesce ad apprezzare le cose più semplici e autentiche che la vita ci possa regalare, ma la colpa è solo sua.  Il film chiede empatia per un uomo ricco e famoso, schiacciato dal suo divismo, ma non offre i mezzi per farci abbracciare la solitudine e la tristezza del protagonista.

In conclusione

Il film prova a essere una satira hollywoodiana, un dramma esistenziale e racconto di una riconciliazione familiare, ma non affonda il colpo in nessuna di queste linee narrative. La scrittura dei personaggi secondari ci lascia l’amaro in bocca per le troppe storie non portate fino in fondo, rimanendo schiacciate sullo sfondo. La pellicola soffre l’ambientazione europea: diventa scenografica e non necessaria, presentando situazioni di un’Italia da cartolina, con ambientazioni e macchine d’epoca preferendo l’estetica a una messa in scena coerente. 

Un film che aveva delle ottime premesse, ma rimane un tentativo fallito di voler criticare il divismo hollywoodiano, diventando parte di quest’involucro di superficialità.

 

🎬 Valutazione

Regia
★★
Interpretazioni
★★★
Storia
★★
Emozioni
★★
🏆 Voto Totale
2.3
★★

 

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