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Napoli - New York

Napoli – New York, ovvero una vacanza negli Stati Uniti

Napoli – New York è il nuovo film di Gabriele Salvatores e racconta le migrazioni, anche clandestine, negli Stati Uniti dall’Italia del secondo dopoguerra.

Il filone dei film che raccontano le migrazioni è molto vasto e il film di Salvatores si colloca tra le pellicole che trattano il tema delle migrazioni clandestine dall’Italia al Nuovo Mondo. A partire da un soggetto di Federico Fellini e Tullio Pinelli, Napoli – New York tocca l’argomento relativo alle difficoltà vissute dagli italiani, in questo caso dei ragazzini, nel secondo dopoguerra.

Solitamente questi film vogliono descrivere le difficoltà vissute dai migranti nella speranza di una vita migliore, speranza che molto spesso si rivela una mera illusione. Difatti, una volta arrivati alla meta, essi trovano un’accoglienza tutt’altro che dignitosa, vengono discriminati e lasciati a loro stessi, costretti a vedersela con criminali, sfruttatori e razzisti.

Anche Napoli – New York tratta questo tema? Vediamolo con calma, un punto per volta.

Napoli – New York, la trama

Celestina e Carmine sono due ragazzini nella Napoli di fine anni ’40. Entrambi sono orfani e, nella speranza di trovare una vita migliore, decidono di intrufolarsi in una nave americana per riuscire a raggiungere gli Stati Uniti, dove qualche anno prima Agnese, la sorella di Celestina, si era trasferita per sposare un soldato americano. Una volta giunti a New York dovranno riuscire ad ambientarsi e a sopravvivere senza né soldi né cibo, nella speranza di trovare Agnese che sembra scomparsa, fino a quando improvvisamente non appare una sua foto su un giornale.

Lo spirito del film, una fiaba per ragazzi e famiglie

L’ultimo lavoro di Salvatores è indubbiamente un film non realistico. L’evidente intento di regalarci una fiaba permette al regista di lavorare di fantasia e quindi di non preoccuparsi della verosimiglianza dei fatti raccontati. La regia mira a rafforzare questo concetto e risulta abbastanza efficace nel farlo, è funzionale al racconto e non presenta sbavature, concedendosi anche qualche virtuosismo come un paio di long take piacevoli da vedere.

Il film conferma di avere l’obbiettivo di rivolgersi alle famiglie e ai ragazzi. I due giovanissimi protagonisti, interpretati in modo efficace da Dea Lanzaro e Antonio Guerra, fanno sì che i giovani spettatori riescano a immedesimarsi in loro e possano quindi vivere le stesse avventure.

Il tema delle migrazioni verso le Americhe risulta però trattato con superficialità e l’intento di rivolgersi a un pubblico più giovane prende il sopravvento su una questione oggi più che mai attuale.

Napoli - New York

Napoli – New York, un viaggio che è quasi una vacanza

Nonostante la tipologia di pubblico a cui il film vuole rivolgersi sia evidente, il prodotto finale risulta purtroppo essere eccessivamente approssimativo e a tratti banale. Ai due ragazzini va sempre tutto liscio e le poche difficoltà che si trovano ad affrontare sono trattate in modo troppo leggero, anche le più drammatiche. Le sequenze del viaggio, per esempio, raccontano degli episodi molto tranquilli e i ragazzi non si trovano mai in vero pericolo, tutti si dimostrano sempre comprensivi con loro e cercano di aiutarli. Nulla a che vedere con il film Io capitano (Matteo Garrone, 2023), molto più crudo e realistico nel trattare le stesse tematiche pur rivolgendosi, secondo me, anch’esso a un pubblico giovane.

In questo caso però le cose vanno troppo per il verso giusto e questo potrebbe far storcere il naso allo spettatore più maturo. Tutto si risolve troppo facilmente e sembra che gli intoppi non esistano, in Fievel sbarca in America (Don Bluth, 1986) ci sono più ostacoli da superare che in questo film.

Alcune scene riuscite ed emotivamente coinvolgenti sono sicuramente presenti (Il risveglio a Little Italy, la scena nel cinema con un bellissimo omaggio alla pratica di utilizzare attori non professionisti del Neorealismo italiano, la scena dell’incontro in carcere tra Carmine e Agnese oppure la sequenza finale).

Tutti quei tentativi, realizzati da decine di film, di sfatare il mito del sogno americano e mostrare al contrario la vera e dura realtà non sembrano però, in questo caso, mai avvenuti.

In conclusione

“Quando si corica stanco, si gira di lato e scrive di fiato: Cara madre non è questo il Paese che avevo sognato”. Così canta Murubutu nella canzone Sull’Atlantico (2014) e questa era, ed è, la realtà. Comprendo l’intenzione di raccontare ai ragazzi, attraverso la fiaba, un contenuto complesso ma, a mio parere, l’esito finale è troppo approssimativo. Rimane in ogni caso un prodotto di gradevole visione e certamente consiglierei alle coppie con figli piccoli di andare a vederlo ma da Salvatores e da un film che tratta queste tematiche mi aspetto decisamente di più.

Recensione a tre stelle su Almanacco Cinema

 

 

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