Non ci resta che piangere… dalle risate

Non ci resta che piangere è il cult della commedia italiana che riunisce due dei talenti più grandi del cinema nostrano e li rende icone immortali.

Nel 1985 uscì nei cinema italiani un film assurdo solo a pensarlo e che, almeno un pò, cambiò il modo di fare commedie qui da noi e, forse, anche il modo di fare cinema. Un film destinato a diventare subito un cult assoluto e che, purtroppo, forse sta scomparendo dai radar delle nuove delle generazioni.

Non ci resta che piangere è l’opus magnum di Roberto Benigni e Massimo Troisi, qui in triplice vesti di registi, interpreti e sceneggiatori – insieme a Giuseppe Bertolucci, già regista dell’altro cult Berlinguer ti voglio bene. Una micidiale accoppiata, risultata vincente ben oltre le aspettative. E come si diceva, il film è stato un pò dimenticato, sarà forse per l’eredità di Troisi che vive in altre forme e per la pessima spirale del comico toscano che apparve e girò film ben sotto le aspettative – compreso l’insulso La vita è bella.

Non ci resta che piangere

Il bidello Mario – Troisi – e l’insegnante Saverio – Benigni – lavorano insieme nella stessa scuola da anni. Sono inseparabili amici e condividono le torture e le noiose banalità della vita quotidiana. Un giorno, fermi ad un passaggio a livello, in attesa del transito di non si sa quanti treni, i due azzardano una stramba follia: cambiano strada per evitare ulteriore attesa.

La stradina che imboccano li conduce in mezzo a dei campi, apparentemente sperduti nel nulla. Ma l’auto si rompe ed inizia a piovere e, nella campagna in cui si trovano, scorgono una locanda, nella quale decidono di alloggiare per la notte. Solo che, al risveglio il mattino seguente, i due scoprono una verità scioccante: si trovano in un paesino di nome Frittole, nell’anno 1492.

Fermi ad un passaggio a livello

La grandezza di questi film risiede quasi unicamente nella bravura dei suoi interpreti, quanto nella coppia protagonista – che tocca dei livelli di alchimia comica irripetibile – quanto nel cast che l’accompagna durante i 108 minuti di pellicola: dal Vitellozzo di Carlo Monni al Leonardo Da Vinci di Paolo Bonacelli – qui candidato al David di Donatello – fino all’ingenua Pia di Amanda Sandrelli – figlia di Stefania.

Ma detto questo, seppur può sembrare quindi che la storia sia costruita unicamente per permettere ai due – ed al resto dei comprimari – di incastrare una serie di gag comiche, mai pensiero può essere più sbagliato. E già dalla premessa, sia quella storica sia quella narrativa più ampia, ferma la storia del mondo, come un video in pausa. E la fine della storia di cui Francis Fukuyama parla qualche anno più tardi, è già arrivata.

Verso l’ignoto

Un salto nel buio, per tutti. I due cardini della “nuova scuola comica italiana”, entrambi giunti al secondo film da regista, decidono di compiere un’impresa. Ma il vero fine non è questo, proprio come quello dei protagonisti. Non ci si perde in virtuosismi, nè in complicate parabole politiche. La complicata semplicità che ci viene proposta è la stessa con la quale è stata affrontata la lavorazione dell’opera, che non aveva neanche un copione.

Dalle righe sopra, a malapena sembra un film comico, ma oltre qualsiasi digressione più profonda, questo è uno dei film più divertenti mai prodotti. Ogni frase, ogni sguardo ed ogni gesto ha una contestualizzazione logica perfetta e viene eseguito in maniera altrettanto perfetta. La collisione tra mondi è unica ed originale, ma non si scorda – come il film stesso – del passato, come la scena della lettera a Savonarola – omaggio alla stessa scena di Totò, Peppino e la… malafemmina.

Piangere e ricordare

Non tutto in terra è stato sepolto: vive l’amor, vive il dolore; ci è negato veder il volto regale, perciò non ci resta che piangere e ricordare. Da questa frase – originariamente in latino – tratta da una lettera di Francesco Petrarca, è preso il titolo del film. E lo riassume alla perfezione. L’amore è stato vissuto, il dolore è stato vissuto. Non possiamo vedere oltre, perciò, tutto quello che possiamo fare, tutto quello che ci rimane, è il ricordo.

E ci rimane il pianto. Non è dato sapere si piangiamo per gioia o per sofferenza, ma si piange. Forse, è proprio questo il punto cardine. Lungo questo strano viaggio chiamato vita, camminiamo per un viale di sassi, ma ogni passo ci spinge avanti e, ciò che ci siamo lasciati alle spalle, forse non è il passato, e magari non sarà neanche il futuro.

Lorenzo Maulicino

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