The Electric State, un film facile da dimenticare

Prodotto da Netflix, costato cifre da capogiro, The Electric State è un film retrofuturistico con attori d’eccezione come Millie Bobby Brown e Chris Pratt.

Dai fratelli Anthony e Joe Russo, i creatori degli ultimi due The Avengers, un film tratto dall’omonima graphic novel di Simon Stålenhag.

Un road-movie ambientato in un mondo dominato dalla tecnologia e dall’intelligenza artificiale, abitato da robot più compassionevoli degli esseri umani.

The Electric State, la trama

Nel 1990 scoppia la guerra tra i robot della Robot Equality Coalition, con a capo Mr. Peanut, e gli umani.

Michelle Green (Millie Bobby Brown), sorella maggiore di Christopher (Woody Norman), un ragazzino dalle capacità intellettive straordinarie, si ritrova all’improvviso senza famiglia a causa di un incidente automobilistico in cui è l’unica a salvarsi.

Quattro anni più tardi, la ritroviamo in un mondo in cui impera la tecnologia Neurocaster (basata sulla realtà virtuale e creata dalla multinazionale Sentre), mentre si dà alla fuga da una casa-famiglia insieme al robot Cosmo, nel quale sembrerebbe risiedere la coscienza del fratello tenuto in vita in un luogo segreto.

Michelle parte alla ricerca di Christopher, attraverso un’America alienata, spingendosi fino all’Exclusion Zone (luogo di segregazione dei cyborg), aiutata dal vagabondo Keats (Chris Pratt) e dal suo miglior amico Herman, un simpatico robot.

The Electric State, la recensione

La diade Russo mantiene il titolo originale del romanzo grafico The Electric State (a indicare il  fenomeno fisico in cui le particelle caricate restano unite le une alle altre) come metafora di un mondo in cui tutto è collegato al tutto.

Ed è proprio così che funziona l’apparecchio Neurocaster, un visore grazie al quale il cervello può trovarsi in due posti contemporaneamente, lavorare e rilassarsi al sole su una spiaggia delle Maldive. Ovviamente è tutto virtuale.

In The Electric State, il virtuale si è  sostituito al reale provocando la decadenza della società che appare misera e immersa in uno scenario post-apocalittico. Esattamente come accade in Ready Player One di Steven Spielberg del 2018, ambientato però in un futuro prossimo, nel 2045.

Il messaggio del lungometraggio pare lo stesso: il terrore di perdere il controllo di ciò che è stato creato per facilitare la vita all’uomo: mi riferisco alla tecnologia e all’intelligenza artificiale che oggi sono parte integrante del quotidiano di chiunque.

Regia, sceneggiatura e personaggi

Lo stile registico dei fratelli Russo è sicuramente inappuntabile, belle le immagini e le ambientazioni retrò anni Novanta, anche se visto l’alto budget a disposizione avrebbero potuto inserire scene più spettacolari.

La sceneggiatura, invece, appare superficiale, priva di patos. Mancano momenti in cui lo spettatore si senta realmente coinvolto a livello emotivo. I dialoghi e i personaggi sono poco approfonditi. Un film creato per intrattenere, i cui contenuti servono per riempire senza una logica precisa. Il risultato è un prodotto  insipido.

Nonostante il cast d’eccezione, i protagonisti faticano a rimanere nella mente dello spettatore in quanto non sviluppati a tutto tondo. Ci si ricorda quasi di più dei robot che degli attori in carne e ossa.

Conclusioni

The Electric State avrebbe ottenuto maggiori feedback positivi con una sceneggiatura più solida che consentisse  al mondo interiore dei personaggi di emergere.

La materia prima non mancava, visto il cast attoriale. Insomma, nonostante i costi sostenuti, i risultati sono mediocri. Un vero peccato per i fratelli Russo.

 

 

Selene Minopoli

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