Skip to content Skip to footer
The square

The square, un amore impossibile in Corea del Nord

The square: abbiamo visto in anteprima mondiale al Far East Film Festival 27 il film d’animazione d’esordio del regista sudcoreano Kim Bo-Sol.

Siamo di fronte a un film di 73 minuti, una love story ambientata a Pyongyang, la capitale della Corea del Nord. Le sfide più importanti del regista in questa pellicola erano sostanzialmente due. La prima consisteva nel raccontare una storia d’amore che non sembrasse l’ennesima fotocopia di un film visto ormai migliaia di volte. La seconda riguardava invece il saper mettere in scena la vita in Corea del Nord senza cadere in banali stereotipi e ingenue semplificazioni relative al quel Paese così sigillato e così poco conosciuto.

Il regista ci sarà riuscito? Vediamolo con calma.

The square, la trama

Ci troviamo appunto a Pyongyang, in Corea del Nord (Qui la recensione di Pulgasari, il Godzilla nordcoreano). Isak Borg è un diplomatico svedese che lavora nella sua ambasciata appunto a Pyongyang. Tra pochi giorni tornerà a casa dato che il suo lavoro nella DPRK è quasi concluso. Sembrerebbe però che il nostro diplomatico non abbia troppa voglia di ritornare in Svezia, come se qualcosa lo trattenesse nel Paese.

Egli è infatti innamorato di Bok-Joo, una vigilessa nordcoreana addetta alla direzione del traffico. I due si frequentano di nascosto per evitare problemi ma quando diventa chiaro che Borg non vuole andarsene dal Pese la loro relazione rischia di uscire allo scoperto.

La messa in scena della love story

Iniziamo col dire che ormai le storie d’amore hanno detto quasi tutto. In questo caso il regista ha azzeccato due sfide: la durata del film e l’originalità della trama. In 73 minuti condensa tutta la storia, pur prendendosi i suoi tempi, e non si perde in eccessive lungaggini.

La messa in scena è delicata, essenziale, verosimile e sincera. L’amore tra i due protagonisti è quasi platonico, sono entrambi consapevoli dell’impossibilità del loro sentimento ma ci credono ugualmente fino all’ultimo. Il loro rapporto è estremamente autentico, pensate che non viene scambiato nemmeno un bacio tra i due, solo un abbraccio verso la fine, più vero e sincero di qualunque altro tipo di effusione.

I rapporti tra i personaggi sono raccontati in modo molto semplice ma allo stesso tempo in maniera razionale e perfetta.

The square

La rappresentazione della Corea del Nord

L’altro importante obbiettivo del regista era proprio il racconto di quel bizzarro ed enigmatico Paese che è la DPRK. Cadere nello stereotipo dello Stato canaglia e perdersi in ridicole rappresentazioni era molto facile. Pensiamo al fatto che è difficilissimo avere informazioni su quel Pase e la maggior parte delle notizie che arrivano in occidente, spesso assurde e irrazionali, dopo poco vengono smentite ed etichettate come fake news.

Il cinema in questo senso ha spesso messo il suo zampino e in svariati casi ha alimentato questa narrazione politica estremamente negativa del Paese. Nel cinema americano, ma anche quello sudcoreano in molti casi si è allineato bene, quasi non esiste un nordcoreano buono. Di più: i cattivi sono estremamente cattivi, portatori di una malvagità pura, autori delle peggiori nefandezze, torturatori e pazzi deliranti.

Cito solamente un esempio, 007 – La morte può attendere (Lee Tamahori, 2002). Durante il prologo del film vediamo una base miliare in Corea del Nord in cui un generale si allena prendendo a pugni e calci un sacco da box. Alla fine del suo allenamento il sacco viene aperto e scopriamo che dentro c’era un prigioniero che si prendeva tutte le botte. Mi fermo qui ma potrei citare decine di pellicole con una rappresentazione di quel Paese ai limiti del ridicolo.

The square invece non fa nulla di tutto ciò. Allineandosi al cinema sudcoreano più recente, mette in scena una Corea del Nord quasi normale, senza eccessi, pur facendo le dovute critiche a quel tipo di società del controllo che programma le vite dei cittadini e impedisce che essi abbiano rapporti o relazioni con l’esterno.

Questa si chiama semplicemente rappresentazione corretta e non propagandistica di qualcosa o qualcuno, nulla di più.

The square, in conclusione

Infine, The square è un piccolo grande film che meriterebbe enorme visibilità. Bella e coinvolgente la storia raccontata e interessante la rappresentazione della Corea del Nord non stereotipata. In un qualunque film americano ambientato nella DPRK, i dissidenti sarebbero stati giustiziati o spediti in un campo di lavoro con un biglietto di sola andata. Qui invece si opta per la soluzione più realistica e verosimile del trasferimento in un’altra città.

Un film da non perdere, nella speranza che arrivi presto anche da noi.

Recensione a quattro stelle su Almanacco Cinema