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Un sogno chiamato Florida

Un sogno chiamato Florida: il Sean Baker da recuperare

Un sogno chiamato Florida è il film che ha reso grande Sean Baker e che ne ha fissato lo stile. Rendendolo davvero cinematografico.

Protagonisti sono tre bambini che non conoscono buone maniere e che non cercano in alcun modo l’approvazione degli adulti e dello spettatore. Il film è stato presentato al Festival di Cannes 2017, ed è uscito nelle sale cinematografiche statunitensi nello stesso anno. In Italia, ha chiuso la 35esima edizione del Torino Film Festival, ottenendo un grande successo di critica e pubblico. È possibile recuperarlo gratuitamente su RaiPlay.

La trama di Un sogno chiamato Florida

Come da titolo, la storia è ambientata in Florida, in un uno dei tanti motel – sistemazioni alberghiere a basso costo – che gravitano intorno al parco divertimento di Disney World. Il film è filtrato attraverso il punto di vista di alcuni bambini del complesso che passano le giornate a compiere una serie di scorribande.

Sean Baker ha affermato di aver preso ispirazione, per la caratterizzazione dei bambini, dai film delle Simpatiche canaglie. La protagonista, infatti, è una bambina di nome Moonee, sprezzante del pericolo e di qualsiasi rimprovero proveniente dal mondo adulto.

A differenza delle Simpatiche canaglie, però, il mondo in cui deve vivere Moonee è pericoloso e insidiante davvero. Non c’è alcun intento edulcorante della realtà. Insomma, Un sogno chiamato Florida è un film vietato ai minori. E non perché vengano mostrate scene particolarmente cruente, ma per lo stato di abbandono e non curanza in cui sono costretti a crescere questi bambini di periferia.

La ragazza-madre di Moonee, Halley, ha perso il lavoro da cubista che le permetteva di pagare la retta del motel. E, adesso, passa le giornate a guardare la tv sdraiata a letto nella loro squallida camera d’albergo. La bambina e i suoi amichetti vengono lasciati liberi di girovagare per il motel, dove staccano la corrente a tutte le camere oppure si divertono a sputare sulle macchine del parcheggio. A intervenire per riportare l’ordine è il direttore dell’albergo Bobby (Willem Dafoe), una figura paterna tanto per Moonee, quanto per la sua distratta madre.

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Il dramma, però, gravita sulle apparenti tranquille giornate d’estate di questi bambini.

Sean Baker: maestro nella costruzione dei personaggi

Sean Baker è uno dei migliori scrittori di personaggi della sua generazione. Se non il migliore. Il regista costruisce personalità realistiche e stratificate. I suoi personaggi non vogliono piacere e non sono portatori di alcuno specifico messaggio. Sono portatori solo di sé stessi e della loro fatica nel riuscire in qualsiasi ambito della vita.

La giovane madre Halley, interpretata dall’allora esordiente Bria Vinaite, è una figura scomoda, che facciamo fatica ad accettare ma anche a disprezzare. Il regista la rende infantile, capricciosa e iraconda, ma anche dolce nei confronti della figlia e degli altri bambini. La sua inadeguatezza nel ruolo di genitore si accompagna a un senso di responsabilità nei confronti della figlia che viene svelato man mano. Alla fine, quindi, la sua negligenza e indifferenza per il mondo circostante si dimostra essere un tentativo di fuga mentale da una realtà difficile da affrontare.

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Moonee è insolente e vivace come sua madre. Riconosce solo l’autorità, raramente esercitata, di Halley. Quindi, è una scelta quella di non imporle troppe regole e di non educarla in modo ortodosso. La madre vuole per lei una vita, o almeno un’estate, spensierata e avventurosa. Le regole appartengono a un mondo degli adulti in cui neanche Halley vuole vivere. A interpretare Moonee è la settenne Brooklynn Prince, che per il ruolo ha ottenuto diverse candidature a prestigiosi premi. Una piccola attrice dal grande carisma, che riesce a sostenere con il suo sguardo di sfida tutto il film.

Willem Dafoe, invece, interpreta l’umano e paziente direttore, ma sarebbe meglio dire guardiano, del motel. Il ruolo da guida che ha scelto di assumere probabilmente è dovuto a un senso di colpa nei confronti del figlio che non vede spesso. Niente ci viene esplicitato, però. Quello di Baker non è un cinema esplicativo. Lascia allo spettatore piena libertà d’interpretazione.

L’infanzia in Un sogno chiamato Florida

Un sogno chiamato Florida

L’aspetto davvero originale di Un sogno chiamato Florida è quello di presentare un’infanzia senza sconti. Spesso nei film con protagonisti bambini, questi assumono atteggiamenti da adulti. Come se per rendere davvero interessante una storia con bambini sia necessario renderli più vicini al mondo dei grandi.

Baker, invece, riesce a realizzare un film per adulti in cui i bambini si comportano come tali. E, quindi, sono fastidiosi soprattutto per chi è ormai cresciuto. Solo Halley si trova bene con loro e non è infastidita dalla loro esuberanza, perché anche lei non è ancora cresciuta. Questo non le impedisce, però, di occuparsi coscientemente della figlia.

Il film, in definitiva, è un inno alla libertà e alla rottura di tutte quelle convezioni che neanche esistono nella mente di Moonee e dei suoi amici.

Gli estesi paesaggi dei film indie

Un sogno chiamato florida

Baker, come in qualsiasi film indie, ama catturare l’ampiezza di paesaggi desolanti e umili. In questo caso, la periferia di Disney World ci restituisce un contrasto. Quello dato dai colori sgargianti delle abitazioni che sono collocate, però, in contesti degradanti.

I colori accesi sembrano voler nascondere questo degrado e il malessere vissuto dalle umili famiglie della zona. Queste sono costrette a vivere nei motel, perché probabilmente nessuno affitterebbe loro una casa.

Il regista costruisce il film con una sottile ironia per cui, sia visivamente che verbalmente, le scene ci restituiscono tanta comicità quanta amarezza.

In conclusione

Un songo chiamato Florida può essere considerata satira politica. Perché se è vero che Baker non è un moralizzatore, nei film ci restituisce sempre il suo punto di vista. O meglio affronta la realtà di petto, mettendone in mostra tutte le contraddizioni, denunciando la marginalizzazione a cui sono costrette molte persone.

Il regista cerca di problematizzare ogni argomento che sceglie di trattare. Che sia la vita da strada per le persone transessuali in Tangerine (2015), o il mondo del porno in Red Rocket (2022). Ma anche vita e aspettativa delle sex worker nel recente Anora. Baker non giudica i suoi personaggi e i contesti in cui vivono. Ma non chiude neanche gli occhi di fronte le problematiche e i pericoli che li caratterizzano.

I bambini protagonisti di Un sogno chiamato Florida non hanno regole, ma non mancano mai di empatia e intelligenza. L’albero preferito di Moonee è uno molto grande che “è caduto ma continua a crescere”, un po’ come sua madre. Il commovente finale, girato con un iphone, restituisce proprio la voglia di sopravvivenza di bambini che non conoscono molto se non la sofferenza condivisa.  Moonee, infatti, a inzio film afferma di sapere sempre quando un adulto sta per piangere.

Recensione a quattro stelle su Almanacco Cinema

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