Su Netflix c’è “Glaskupan – La cupola di vetro”, una miniserie svedese creata da Camilla Läckberg, che si rivela un profondo thriller psicologico.
Qualche tempo fa avevamo recensito La Prova (leggi qui la nostra recensione!), miniserie crime svedese basata su un cold case risolto dopo oltre 16 anni. Oggi torniamo in Svezia con Glaskupan – La cupola di vetro. Creata dalla celebre autrice di gialli Camilla Läckberg e diretta da Lisa Farzaneh e Henrik Björn, la miniserie esplora i segreti sepolti dietro la facciata della piccola comunità di Gränas dove, sotto la patina di apparente quiete e normalità, si nasconde un mondo fatto di tensioni, uccisioni e scomode verità.
Glaskupan – La cupola di vetro fa parte del cosiddetto scandi-noir (o nordic noir), un genere ormai molto apprezzato a livello globale: gialli e thriller ambientati nel Nord Europa, caratterizzati dalle fredde atmosfere cupe e dal silenzio opprimente della provincia che raccontare una società fredda e disunita. Il gelo dei paesaggi scandinavi si riflette nelle relazioni tra i personaggi e in una tensione latente che non sempre esplode, ma rimane sul fondo, minacciosa.
La criminologa Lejla (Léonie Vincent), specialista del comportamento criminale, torna nella sua città natale, Gränas, dopo la morte della madre adottiva. Poco dopo il suo arrivo, scompare una bambina: Alicia, figlia di una sua vecchia amica. Per Lejla, il caso ha un impatto personale devastante poiché lei stessa da bambina era stata rapita e tenuta prigioniera in circostanze mai chiarite, sotto una misteriosa “cupola di vetro”. Con l’aiuto di Walter (Johan Hedenberg) ex poliziotto e suo padre adottivo e del nuovo capo della polizia Thomas (Johan Rheborg), Lejla si getta in un’indagine che la costringe a confrontarsi con i traumi del suo passato, mentre riaffiorano segreti sepolti in una comunità tutt’altro che ordinaria.
Uno dei limiti principali della serie risiede nella sceneggiatura. Nonostante un concept promettente, la narrazione si sviluppa in modo prevedibile, con colpi di scena poco efficaci, e spesso cade nei classici cliché del genere. Tra i temi affrontati (forse troppo superficialmente) ci sono il trauma infantile, la memoria, la perdita, la violenza e la psicosi, proprio quest’ultimo tema (centrale nel personaggio del rapitore, Eky) avrebbe meritato un maggiore approfondimento. L’uso dei flashback, pensati per costruire tensione e approfondire il personaggio di Lejla, finisce per risultare didascalico e poco incisivo. Infine, il ritmo della serie risulta irregolare: lento nei primi episodi e troppo accelerato nel finale, che sembra voler condensare troppe vicende in troppo poco tempo. A livello visivo, però, la serie convince: la fotografia restituisce alla perfezione il mood del noir e dei paesaggi nordici.
Seppur interessante e coinvolgente, Glaskupan – La cupola di vetro non riesca davvero a distinguersi all’interno del già affollato panorama del crime nordico e dell’offerta di thriller di Netflix. Una serie interessante per chi ama il noir, il crime e il thriller investigativo introspettivo, ma forse non adatta a chi cerca la vera suspense serrata e grandi colpi di scena.
Glaskupan – La cupola di vetro è disponibile su Netflix. Ecco il trailer:
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