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The Bear 3: per noi è Sì, Chef!

Carmy e il suo team tornano nella cucina di The Bear tra urla e servizi al cardiopalma. The Bear 3 è finalmente disponibile su Disney+.

Il nuovo ristorante The Bear non ha più il sapore popolare del precedente The Beef: adesso la posta in gioco è più in alto.

Carmy, insieme al suo team di cuochi, dovranno mettersi alla prova per gestire un ristorante che punta ad essere stellato.
Riusciranno a tenere i nervi fermi e a far decollare il ristorante?

Scritto e ideato da Christopher Storer, l’ultima stagione The Bear è adesso disponibile su Disney+.
(Da adesso in poi SPOILER ALERT!)

The Bear 3 in poche parole

Breve recap della fine della seconda stagione di The Bear: Carmy (Carmine Berzatto interpretato da Jeremy Allen White) è rimasto bloccato nella cella frigo durante tutto il servizio, mentre chef Sydney (Ayo Edebiri) e il cugino neo maître Richie (Ebon Moss-Bachrach) hanno preso il comando della brigata portando a termine il servizio della cena.

The Bear 3 riparte dalla mattina dopo l’inaugurazione del nuovo locale. Carmy entra nel ristorante con le prime luci dell’alba. Il suo volto è cupo ed è decisamente cambiato dalla sera prima.

Dopo aver allontanato Claire, la sua ormai ex ragazza, Carmy vuole dedicarsi solo al suo locale.

Non può permettersi di fallire con il nuovo ristorante e decide di studiare una strategia volta ad ottenere una stella Michelin.

I dipendenti del The Bear vengono informati da Carmy  che da quel giorno in poi ci saranno delle regole non negoziabili per poter arrivare alla Stella Michelin.

Uno dei cambiamenti più drastici è apportato dalla decisione di cambiare il menù giornalmente.

Questo metodo di leadership adottato da Carmy, a sua volta acquisito da uno chef senza scrupoli con cui aveva lavorato, mette in crisi tutta la brigata.

In particolar modo Sydney che si vede scavalcata dal co-chef e che davanti ad una proposta di lavoro in un altro ristorante, inizia a mettere in dubbio la sua presenza nel The Bear.

Every Second Counts: vivere per il lavoro

Ogni secondo conta: è questa la frase che riecheggia sin a partire dai primi minuti di The Bear e che nella terza stagione trova il suo terreno più fertile.

Al grido di questo remainder militaresco (Every Second counts), che ricorda ai cuochi che il tempo è denaro, corrisponde un “Sì, Chef” rapido ed efficace che li mette sull’attenti e li riporta alla concentrazione.

E in una attività appena avviata, dopo essersi dimenticato di far controllare la maniglia della cella frigo in cui è rimasto intrappolato per tutto il servizio della cena, Carmy non può più permettersi errori. E non se lo possono permettere nemmeno i suoi collaboratori.

Infatti chef Carmy decide non solo di dedicare tutta la propria vita a questo imperativo morale, ma impartisce delle regole ferree ai propri collaboratori che iniziano a sentirsi messi a dura prova da questo metodo lavorativo.

Se in The Beef l’obiettivo era rendere disciplinata una brigata totalmente allo sbaraglio, il passo che viene fatto adesso è volto ad assicurarsi un team impeccabile in cui la perfezione sia l’unico standard a cui aspirare.

E ora che si trova a capo di una brigata, in Carmy iniziano ad affastellarsi i ricordi degli insegnamenti dei vari chef con cui ha lavorato.

Uno tra tutti si fa spazio nella mente dello Chef del The Bear.

Le vessazioni psicologiche che uno chef pluristellato di NY, interpretato da Joel McHale, infliggeva a Carmy quando era ancora sotto la sua ala, si ripropongono come un trauma irrisolto nel modo in cui lo Chef Berzotto inizia ad interfacciarsi con i propri collaboratori, portando il ragazzo in un loop di insoddisfazione perenne.

In alcuni momenti di lucidità riaffiorano in Carmy i bei momenti passati nella cucina di Chef Terry (Olivia Colman).

Chef Terry, a differenza del suo collega algido e anaffettivo di NY, non si è mai dimenticata della passione che l’ha portata alla sua professione e ha sempre mantenuto un approccio gentile con il proprio personale, ottenendo una cucina armonica e funzionale.

Quando Carmy apprende la notizia della chiusura del ristorante della sua mentore, il giovane chef di Chicago inizia seriamente a perdere le speranze nella riuscita del suo nuovo locale.

Questo fino a quando, nell’ultima puntata, non viene invitato insieme ad altri colleghi ad un’ultima cena di addio per la chiusura del ristorante della Chef Terry.

Durante un dialogo intimo tra lo chef di The Bear e la Chef Stellata, Terry spiega a Carmy che il motivo che l’ha spinta a chiudere il ristorante è legato al bisogno di vivere.

La Chef spiega: “Ho scoperto che voglio dormire di più, andare a Londra più spesso, andare a più feste, incontrare più persone […], ma [nella cucina] ho potuto fare tutto quello che volevo, nel modo che volevo e con le persone che volevo, quindi non avrei potuto chiedere di più”.

E questa chiusa apre una finestra possibile ad un altro modo di fare cucina. Un approccio che non è dettato dalla tirannia, ma che si apre alla comprensione e all’ascolto.

E a partire da queste considerazioni Carmy dovrà imparare a capire che tipo di leader voler diventare.

La scelta di S…ydney

Insieme a Carmy, anche Chef Sydney inizia a trovarsi di fronte a degli interrogativi sempre più impellenti. I metodi imperativi di Carmy, iniziano a creare dubbi sul desiderio di partecipare alla nuova avventura del nuovo ristorante di Chicago.

Grazie all’interpretazione magistrale di Ayo Edebiri, sin dall’inizio della stagione, leggiamo sul suo volto la frustrazione di essere sempre messa in secondo piano dal collega del The Bear, venendo esclusa da qualsiasi tipo di scelta importante.

Fin dalla prima puntata, quando Carmy impone agli altri l’idea del menù giornaliero, Sydney non viene interpellata su tale decisione e per evitare una rivoluzione interna in un clima già di per sé poco stabile, decide passivamente di accettare le scelte discutibili del suo partner di lavoro.

Ma il dubbio di rimanere al The Bear cresce in Sydney sempre di più.

E di fronte alle pressioni di Natalie (Abby Elliott), sorella di Carmy, nonché addetta alla gestione finanziaria della neo-impresa, volte a ricordarle di firmare il contratto come nuova co-chef del ristorante, Sydney continua a prendere tempo.

Questa indecisione aumenta con l’aumentare degli articoli gastronomici che appaiono online e che danno il merito del successo del locale solo al suo partner Carmine Berzatto.

E nel momento in cui le si presenterà una nuova proposta di lavoro come Chef di un ristorante già avviato, con pieni poteri creativi e uno stipendio sicuro e oneroso, l’indecisione si farà ancora più forte.

Ma quando sembra che Sydney abbia scelto di accettare il nuovo lavoro, è lì che le tornano in mente tutti i bei ricordi della famiglia di lavoro del The Bear.

E nel dubbio rimarrà fino a nuova stagione.

Tutto a “fuoco”: mutismo e frenesia della serie targata FX e Hulu

Nella terza stagione di The Bear, il dualismo tra silenzio e frenesia è forse una delle tematiche che emerge maggiormente durante tutta la serie.

Questo è evidente sia dal punto di vista della sceneggiatura che dal punto di vista registico.

The Bear 3 è una serie che oscilla tra calma piatta e frenesia caotica, due facce della stessa medaglia.

Da una parte ci sono puntate in cui la parola è sostituita quasi del tutto dai campi medi in cui i vari personaggi rimangono piccoli nell’ambiente circostante (un po’ come Antonioni faceva nei suoi film).

Da un’altra ci sono episodi in cui i personaggi sono fagocitati dalle parole, ancora più bloccati da primissimi piani esasperati che li chiudono nell’impossibilità del movimento.

In qualche modo questa velocità mischiata a degli sprazzi di estrema quiete è una caratteristica riscontrabile non solo del mondo della cucina e di The Bear, ma è anche un’espressione del mondo moderno.

In un mondo immerso nell’iperproduttività performativa, esiste solo il rincorrere le cose senza pensare. Chi si ferma è perso, o quantomeno non funziona a dovere.

E in questo mondo sempre in movimento è collocato Carmy  che non vuole fare a patti con la sua essenza imperfetta di essere umano, e dall’altra c’è Sydney che lavora nel silenzio, incapace di inserirsi nella confusione della parole fagocitanti della cucina di The Bear.

E quando il silenzio diventa mutismo e la parola diventa rumore, è lì che si crea una formula letale che porta alla stasi e alla confusione.

Il duo stellare di The Bear

La serie The Bear, nata dalla mente brillante di Christopher Storer, è stata uno dei più grandi successi premiati nel 2024.

Solo ai Golden Globe The Bear 3 ha vinto il premio come Migliore serie TV musicale o commedia e nella categoria di Miglior Attore e Migliore Attrice vede vincitori i due protagonisti Jeremy Allen White (già figlio di Shameless, altra serie di lunga durata) insieme ad Ayo Edebiri nel ruolo della chef idealista Sydney.

Jeremy Allen White ha appena firmato per il ruolo di Bruce Springsteen nel nuovo biopic Deliver Me From Nowhere firmato Scott Coopermentre Ayo Edebiri la vedremo diretta da Luca Guadagnino in After The Hunt nel corso del 2024.

Un duo che se nella serie non ha ancora ricevuto l’agognata Stella Michelin, nella vita reale si trova già già tra le Nuove Stelle del cinema internazionale.

Conclusione

All’interno di un Cast consolidato, in un paradigma in cui si dà sempre più spazio alle vecchie idee dei remake, The Bear 3 è una boccata d’aria fresca che ci immerge in una narrazione solida e credibile.

Seguendo una narrazione incalzante che lascia sempre attaccati allo schermo, oscillando tra silenzi ipnotici e una frenesia roboante, The Bear 3 continua a tenere alto il livello della serie, e i numerosi interrogativi che a fine serie si lasciano aperti hanno necessità di venire scoperti nel capitolo successivo, e in quello dopo, e in quello dopo ancora.

E se il ristorante fittizio di The Bear ancora è lontano dalla consacrazione stellare, ci pensa Almanacco Cinema a regalarle un’intera costellazione.

Per noi è un pieno Sì, Chef!

Recensione a cinque stelle su Almanacco Cinema

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