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Wolf Man, la recensione: pare Celentano

 La recensione di Wolf Man (2025) l’horror di Leigh Whannell, nelle sale italiane dal 16 gennaio. Un film da guardare con i pop corn… per non addormentarsi.

 

Che cosa pensereste se, camminando nel folto del bosco, d’un tratto finiste per imbattervi in un gigantesco orso, solo che guardando meglio scopriste che in realtà si tratti di un mostruoso lupo mannaro? E cosa pensereste, invece, se entrando in sala con l’aspettativa di vedere un bel film horror con licantropi, vi rendeste conto rapidamente che si tratti di un film ripetitivo e pure soporifero? Ve lo dico io, la stessa cosa. In questa recensione vedremo perché.

 

La storia del lupo mannaro

 

Le origini del lupo mannaro risalgono all’antica Grecia, con il mito di Licaone, re degli Arcadi, re buono e saggio, cambiato in lupo da Giove per aver fatto un sacrificio umano.

L’Arcadia era una regione montuosa e ricoperta da boschi, terre dove i lupi proliferavano a meraviglia, diventando un serio pericolo per uomini e animali domestici; da qui si spiega perché il mito del licantropo sia nato proprio in quelle terre.

 

La superstizione di una persona che si tramuti in un determinato animale cambia, infatti, da regione a regione a seconda dell’animale più temuto. In Europa del Nord, ad esempio, non è il lupo ma l’orso, mentre in Africa la iena, il leone, il leopardo o il coccodrillo.

 

Volendo dare una spiegazione più scientifica si può parlare dell’epilessia, disturbo che quando ancora era sconosciuto, finiva per essere spiegato appunto con la licantropia, come ce ne danno testimonianza autori come Virgilio o Voltaire successivamente.

 

Dal Basso Medioevo in avanti fu il rogo ad essere scelto come soluzione ai casi di presunto mannarismo, come per le streghe, che sembravano moltiplicarsi in Francia e Germania negli anni successivi alla controriforma. Le fonti più prudenti parlano di circa ventimila processi e condanne di licantropi tra il 1300 e il 1600, ma alcuni si sbilanciano fino a suggerire un numero prossimo alle centomila vittime.

 

Le descrizioni del lupo mannaro cambiano da regione a regione naturalmente. Di solito si differenzierebbe dal comune lupo soprattutto per la forza, l’intelligenza e tal volta per la capacità di camminare su due zampe; per il resto la sua morfologia è alquanto indefinita, potendo assumere volta per volta connotati più animaleschi o umani.

 

Uno dei rimedi ritenuti più utili per difendersi da un lupo mannaro è sempre stato l’argento, meglio ancora se con pallottole fatte di questo materiale. Altri modi nati nel corso della storia sono la distruzione della sua pelle una volta morto, lo zolfo, l’aconito o più generalmente il fuoco, da qui si capisce anche il perché dei roghi.

 

In Italia il licantropo ha nomi che variano da regione a regione, passando dal lupu pampanu o marcalupu in Calabria, al Lupunaru in Sicilia, fino al loup ravat nelle valli valdesi.

 

 

Le trasposizioni cinematografiche

 

Le trasposizioni cinematografiche e televisive del lupo mannaro sono infinite, qui ci limiteremo solo a citarne alcune.

 

La prima in assoluto fu The Werewolf, cortometraggio muto del 1913. Ad oggi è considerato un film perduto, dato che tutte le stampe si suppone siano andate distrutte in un incendio nel 1924.

 

Impossibile non citare poi la fantastica ed atroce trasformazione in Un lupo mannaro americano a Londra (1981) del mitico John Landis. I sorprendenti effetti speciali del film, con protesi in latex e manichini meccanici, finirono anche per essere premiati con l’Oscar. Gli farà da seguito nel 1997 Un lupo mannaro americano a Parigi.

 

Seguono, passando a tempi più recenti, la versione (più che rispettabile a mio parere) che troviamo in Harry Potter e il prigioniero di Azkaban (2004), con questo licantropo emaciato ed inquietante; quella proposta da Joe Johnston [Jurassic Park III, Jumanji] in Wolfman (2010), dove sembrano più che altro dei grossi orsi e quelle, infine, nelle saghe di Underworld (2003 – 2016) e Twilight (2009 – 2012), che neanche commento.

 

 

 

Informazioni su Wolf Man (2025)

 

Il film è uscito nelle sale il 16 gennaio 2025, distribuito dalla Universal, e si trova ancora al cinema.

 

Si tratta di un reboot di The Wolf Man (1941),film con Christopher Abbott, Julia Garner e Sam Jaeger.

 

Wolf Man è stato annunciato nel 2014 e avrebbe dovuto far parte del Dark Universe, un universo cinematografico condiviso incentrato sui mostri della Universal.

Aaron Guzikowski e David Callaham erano stati scelti per scrivere la sceneggiatura. Dopo il fallimento di The Mummy (2017), la Universal ha spostato la sua attenzione sui film indipendenti. Il successo di The Invisible Man (2020) di Whannell ha riacceso l’interesse della Universal per il franchise Monsters.

 

 

Hanno così accettato un pitch di Ryan Gosling, che avrebbe dovuto anche recitare per un nuovo film di Wolf Man con Derek Cianfrance alla regia. Tuttavia, Cianfrance ha lasciato il progetto nel 2023 e Gosling ha abbandonato il ruolo, rimanendo come produttore esecutivo mentre Leigh Whannell ha assunto il ruolo di regista con un nuovo cast.

 

Le riprese principali sono avvenute in Nuova Zelanda all’inizio del 2024.

 

Il film ha incassato 4,5 milioni di dollari il primo giorno, inclusi 1,4 milioni di dollari dalle anteprime del giovedì sera. Variety ha affermato che non ci si aspettava che gli incendi di Los Angeles avrebbero influenzato le performance del film al botteghino e che l’accoglienza del pubblico avrebbe determinato il suo successo finanziario.

 

Trama e cast

 

Blake (Abbott), marito e padre di San Francisco, eredita la casa d’infanzia nell’Oregon dopo la scomparsa di suo padre.

Con il logorarsi del suo matrimonio con la moglie Charlotte (Garner), Blake convince Charlotte a prendersi una pausa dalla città e andare a visitare la proprietà con la loro giovane figlia, Ginger (Firth).

Ma quando la famiglia si avvicina alla fattoria nel cuore della notte, viene attaccata da un animale invisibile e, in una fuga disperata, si barrica all’interno della casa mentre la creatura si aggira attorno al perimetro.

Con il passare della notte, però, Blake inizia a comportarsi in modo strano, trasformandosi in qualcosa di irriconoscibile, e Charlotte sarà costretta a decidere se il terrore all’interno della casa sia più letale di quello all’esterno.

 

Il cast: Christopher Abbott, Julia Garner, Matilda Firth, Sam Jaeger, Ben Prendergast.

Per prepararsi al ruolo in Wolf Man, Abbott ha dichiarato di aver guardato ore di video di animali su YouTube per cogliere il linguaggio del corpo del lupo. Garner ha intervistato le madri lavoratrici sulle pressioni sociali a cui sono sottoposte le donne e ha suggerito che il suo personaggio attraversi le sette fasi del lutto nel corso del film, che si svolge nell’arco di una notte, dopo aver letto libri sul lutto e sulla perdita. 

 

 

 

La recensione spoiler di Wolf Man

 

Wolf Man è un film talmente immersivo che ad un certo punto ti fa sentire per davvero un lupo mannaro: quando gli sbadigli iniziano ad assumere una certa importanza, sembra davvero che si stia ululando alla luna piena. Film guardato alle due del pomeriggio, non al plenilunio…

 

La sceneggiatura è di un piattume allucinante con una storia che sa di trito e ritrito e dei dialoghi talmente insulsi da risultare più di una volta irritanti. La spiegazione di quello che succede viene affidata ad una riga di sceneggiatura di Charlotte e non ha neanche chissà quanto senso. Ah la bambina è insopportabile, esattamente come non avrebbe dovuto renderla il film.

 

I personaggi sono a loro volta piatti e pure antipatici; dovrebbe destare un minimo di interesse il fatto che una persona alla quale si voglia bene e che sia tanto amorevole cambi velocemente, ma di fatto non è così, perché per tutto il film non riesci a voler bene a nessuno dei personaggi. Ti fanno annusare che non ci sia un gran rapporto tra Charlotte e la figlia, aprendo ad una possibile difficoltà nel trovarsi a dover fronteggiare la minaccia da sole, ma di fatto la cosa si perde nel nulla.

Il risultato del tutto è che non sai bene perché dovresti guardare il film.

 

 

Blake o sarebbe dovuto stare super simpatico allo spettatore oppure avrebbe dovuto nascondere un certo potenziale di inquietudine già da prima della trasformazione, pronta quindi ad esplodere in quel momento. E invece, oltre a non starti di certo simpatico, ha anche un volto quasi da bambinone che non desta la minima sensazione di paura. Solo il trucco ci metterà, poi, una pezza ma ne riparleremo. Troppo presto dice di non essere più lui e troppo presto dice ti amo, dopo che tra lui e la moglie non sia ancora successo nulla di particolare che potesse aver contribuito a fargli riallacciare i rapporti.

In un film come Shining, per citarne impietosamente uno, Jack dimostra un potenziale di inquietudine, con le sue facce e il comportamento, già da prima che impazzisca, perciò tu inizi già a stare in “ansia” al pensiero di come potrebbero mettersi le cose con un suo possibile crollo mentale.

 

 

Fotografia e regia sono buone, anche se troppo spesso nascondono il lupo mannaro. All’inizio avevo anche gradito, non mi piace la moda attuale del dare tutto subito in faccia allo spettatore, poi però l’impressione che ti arriva è che sia per delle carenze di budget e rimani parecchio deluso.

Le uniche scene tecnicamente abbastanza belle di Wolf Man sono quelle in cui nella casa cala il buio, in particolare quella in cui su un lato dell’inquadratura ci sono madre e figlia e dall’altro lato solo noi vediamo il lupo mannaro scendere le scale.

Anche il momento successivo a quello in cui Blake viene afferrato alla gamba dal lupo mannaro non è male, con la luce che cala e lui che sembra illuminato da un faretto sopra di lui.

Il modo in cui lui trasformato vede il mondo, però, è orribile; con questa fotografia turchese e rosa e gli occhi delle persone che diventano delle palline luminescenti. Sembra di trovarsi all’interno di uno strano e sporco acquario.

 

 

I vari jumpscare sono parecchio mosci e contribuiscono solo a stirare ancora di più il ritmo con silenzi e lungaggini soporiferi; si salva solo il momento iniziale con Blake da bambino e il suo primo incontro con il licantropo.

 

Il trucco effettivamente non è male anche se, e dovete perdonarmi, quando ancora la trasformazione di Blake è in transizione assomiglia in maniera esilarante (almeno per me) ad Adriano Celentano. Mi dispiace.

 

Non mi hanno fatto impazzire il design e i movimenti dei lupi mannari, ma non mi esprimo a riguardo perché penso che possa essere una citazione al film del ’41. Tra l’altro mi ha fatto molto ridere la parte in cui Blake-lupo mannaro si para davanti alla moglie in modo inquietante e poi di colpo rinsavisce e diventa buono ed inizia a lottare con l’altro licantropo, nel più classico dei lupo buono VS lupo cattivo. Di certo non mi aspettavo di vedere questo viste le premesse del film.

Per fortuna alla fine la minaccia diventa realmente Blake e madre e figlia finiscono per ucciderlo nel capano da caccia, nella solita scena che richiama quella iniziale. Non si contano le scene in cui loro due sono ferme in un angolo e Blake-lupo mannaro avanza verso di loro uscendo dall’oscurità o da un nascondiglio; la prima volta ci sta anche, alla quarta…

 

In conclusione, Wolf Man non è un film totalmente da buttare, con qualche scena qua e là anche carina, un trucco buono, ma con una sceneggiatura e delle scelte di casting insufficienti; perciò un film che in linea di massima  mi sento comunque di sconsigliare. C’è ancora Nosferatu in sala e The Substance in qualche altra, approfittate per fare un’altra visione di questi. 

 

Recensione a due stelle su Almanacco Cinema