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Dietro la sceneggiatura: Tonino Guerra

Per il nostro consueto appuntamento settimanale dedicato agli sceneggiatori più influenti del cinema, oggi approfondiamo la figura di Tonino Guerra.

Personaggio poliedrico, Antonio Guerra, detto Tonino, nasce a Santarcangelo di Romagna il 16 marzo 1920. Dopo il diploma di maturità si iscrisse alla facoltà di Pedagogia, e durante il ritorno a casa dopo la sessione estiva del 1944 venne fermato e accusato di essere un antifascista. Fu deportato in Germania, dove venne rinchiuso in un campo d’internamento a Troisdorf. Durante la prigionia recitava diverse poesie nel suo dialetto per distrarre i compagni. Una volta esaurito il repertorio, iniziò a inventarne di nuove.

Dopo la fine del conflitto, Guerra si laureò con una tesi sulla poesia dialettale romagnola. Fece leggere le poesie composte durante la detenzione al critico Carlo Bo e, dopo aver ricevuto commenti di elogio, decise di pubblicarle: questa raccolta prende il nome di I scarabocc (Gli scarabocchi). Da qui ebbe inizio la sua carriera di poeta, che lo portò a numerose pubblicazioni.

L’approdo al mondo cinematografico

All’inizio degli anni ’50 Guerra si trasferì a Roma, dove intraprese la carriera di sceneggiatore, collaborando con i registi più illustri dell’epoca, tra cui Antonioni, De Sica, Rosi e Fellini. Il suo debutto nel mondo della settima arte avvenne con il film Uomini e lupi (1957) di Giuseppe De Santis, di cui Guerra scrisse il soggetto. Il secondo film a cui partecipò fu Un ettaro di cielo (1958) di Aglauco Casadio, insieme a Elio Petri ed Ennio Flaiano.

Il sodalizio con Michelangelo Antonioni

Uno dei rapporti più significativi nella carriera di Tonino Guerra fu quello con Michelangelo Antonioni, con cui instaurò una lunga e proficua collaborazione. I due iniziarono a lavorare insieme alla fine degli anni ’50, dando vita a una serie di film che hanno segnato profondamente il cinema italiano e internazionale. Tra questi si ricordano capolavori come L’avventura (1960), La notte (1961), L’eclisse (1962) e Deserto rosso (1964). Guerra contribuiva con la sua sensibilità poetica e il suo sguardo sull’uomo e la società, affiancando Antonioni nella creazione di sceneggiature complesse, essenziali e dense di significato.

Il loro lavoro congiunto esplorava il disagio esistenziale, l’alienazione e il vuoto emotivo della modernità, con uno stile narrativo innovativo e spesso non lineare. La loro collaborazione proseguì anche nel cinema internazionale, come nel caso di Blow Up (1966) e Zabriskie Point (1970). Guerra fu una figura chiave nell’elaborazione della poetica antonioniana, riuscendo a tradurre in parole le intuizioni visive del regista.

Altre collaborazioni importanti

Oltre al sodalizio con Antonioni, Tonino Guerra collaborò con altri grandi maestri del cinema italiano e internazionale, contribuendo a scrivere alcune delle pagine più memorabili della settima arte. Con Federico Fellini, conterraneo e amico, condivise un’affinità visionaria che portò alla realizzazione di Amarcord (1973), una celebrazione poetica e nostalgica dell’infanzia e della provincia romagnola, che valse al film l’Oscar al miglior film straniero. Con Vittorio De Sica, Guerra lavorò a Il giardino dei Finzi Contini (1970), adattamento del romanzo di Giorgio Bassani, vincitore anch’esso dell’Oscar al miglior film straniero: la sua scrittura contribuì a dare delicatezza e profondità al ritratto della borghesia ebraica italiana travolta dalle leggi razziali. Anche la collaborazione con Francesco Rosi fu intensa e significativa, soprattutto nei film di forte impegno civile e politico come Il caso Mattei (1972) e Cristo si è fermato a Eboli (1979), in cui Guerra seppe tradurre in sceneggiatura la complessità dei temi sociali, storici e morali affrontati dal regista. Sul piano internazionale, straordinaria fu l’intesa con il regista russo Andrej Tarkovskij, con cui collaborò alla sceneggiatura di Nostalghia (1983), un film carico di spiritualità, silenzi e struggente senso di lontananza, perfettamente in sintonia con la sensibilità poetica di Guerra.

La poetica di Tonino Guerra

La scrittura di Tonino Guerra, sia in versi che per il cinema, è sempre attraversata da una profonda dimensione poetica. Radicata nella memoria, nella lingua e nei paesaggi dell’infanzia romagnola, la sua poetica si nutre di nostalgia, umanità e meraviglia per le piccole cose. Il dialetto romagnolo fu per lui una fonte inesauribile di autenticità, un modo per restituire voce ai sentimenti semplici e profondi. Anche nel lavoro di sceneggiatore, Guerra conservava questo sguardo poetico, capace di cogliere la bellezza nell’incompiuto, nel silenzio, nel margine. Nei suoi testi si avverte spesso una tensione tra la realtà e il sogno, tra la storia e la memoria, tra il quotidiano e l’assurdo, elementi che ne fanno uno degli autori più originali e sensibili del panorama culturale italiano del Novecento.

La sua eredità vive non solo nei film che ha contribuito a scrivere, ma anche nella forza discreta della sua voce, che ha saputo parlare al cuore di generazioni diverse, restituendo dignità e profondità all’arte del raccontare.

 

Miriam Gallinelli

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