345Views
Lilja 4-ever: Il trauma nel cinema – Sotto la superficie
Lilja 4-ever è il ritratto crudele di una generazione abbandonata. Una storia vera di una ragazza tradita da tutti, persino dai suoi stessi sogni.
Diretto da Lukas Moodysson, Lilja 4-ever (2002) è un film svedese ispirato a una storia vera, quella di Danguolė Rasalaitė, una ragazza lituana vittima della tratta di esseri umani. Il film, tra i più strazianti e disturbanti di sempre, è ambientato in una città estone dell’ex Unione Sovietica. La pellicola affronta i traumi sociali del post-comunismo, con una lucidità cruda e spietata. Una società in cui dilaga la povertà e in cui il paesaggio si trasforma in una macchina che fagocita tutti. Lilja 4-ever offre uno sguardo sulla realtà di molti giovani dopo la caduta dell’URSS, vittime del miraggio europeo.
Lilja è una sedicenne abbandonata dalla madre, la quale emigra negli Stati Uniti con il nuovo compagno, lasciandola sola in condizioni di degrado estremo. La ragazza non ha nulla, se non la speranza di una vita migliore in Svezia.
Lilja 4-ever e il paesaggio post-sovietico
La grigia periferia urbana in cui vive Lilja è desolata, fatiscente e malvagia. Rappresenta un vero e proprio collasso socio-economico, non ci sono prospettive future né una sorta di empatia tra le persone, anzi tutt’altro. Il trauma collettivo ha reso tutti privi di umanità. Lilja, come altri giovani, è vittima di un sistema che ha fallito, in cui persino le istituzioni sono dei fantasmi. La ragazza sembra anestetizzata rispetto a ogni emozione: ormai, nei suoi occhi è riflesso solo il vuoto, un vuoto devastante.
Gli alti palazzi scrostati e decadenti sembrano inghiottire in un inferno terrestre senza scampo, come un labirinto in cui perdersi per ritrovarsi sempre al punto di partenza. È una realtà che ti consuma, incorniciata da cieli plumbei e strade vuote. Lilja, umiliata e tradita, è costretta a prostituirsi per sopravvivere. Poi, subisce uno stupro da un gruppo di ragazzi del quartiere e nessuno interviene. Questa scena è esemplificativa di un’impotenza e un’apatia che nascono dal disfacimento sociale più estremo. Ora, negli occhi di Lilja, c’è solo la rassegnazione.

Volodya, l’unico sprazzo di umanità
Seppur circondata da sofferenza, Lilja trova in Volodya, un bambino di undici anni, l’unico affetto sincero. Anche lui è emarginato, disprezzato dai genitori e vive ogni giorno in solitudine. Lilja e Volodya si muovono in una realtà in cui i bambini non possono più permettersi di essere tali. Ma dopo un risvolto doloroso e tragico nell’esistenza di Volodya, questo si trasforma per Lilja in una presenza protettrice, un angelo custode. La figura persistente di Volodya è l’unica traccia di amore puro e sincero.
È un rapporto che ricorda il disincanto dell’innocenza perduta già affrontata nel cinema indipendente statunitense degli anni ’90, in film come Kids e Gummo. Un cinema in cui i giovani sono incastrati alla deriva di ambienti logori. Tuttavia, il paesaggio di Lilja 4-ever è ancora più arido e metafisico, non c’è spazio per il caos, ma solo per un’amoralità normalizzata.

Lilja 4-ever, il sogno occidentale
Ogni tappa della crescita di Lilja è minata da tradimenti e sogni mascherati. La sfera adulta, che dovrebbe essere un punto di riferimento, diventa invece emblema dello sfruttamento e della noncuranza. La madre la abbandona, la zia la sfratta, gli adulti e le istituzioni del quartiere la respingono, persino chi le promette una vita migliore in Svezia la tradisce. La fiducia e la speranza diventano le trappole più malvagie: persino l’unica prospettiva che le fa brillare ancora quegli occhi spenti – ossia una nuova vita in Svezia – si rivela il più atroce degli epiloghi.
Con l’arrivo in Svezia, il film raggiunge uno dei climax più disturbanti e sconvolgenti del cinema europeo contemporaneo. Una svolta che non ci aspettiamo, perché Lilja 4-ever ci abitua a un degrado lineare e stagnante, senza catarsi di nessun tipo. Moodysson ci lascia acclimatare a quell’oblio astratto per poi lasciarci travolgere tutt’insieme dall’orrore. Infatti, è proprio nel momento in cui qualcosa deve accadere, che accade il peggio. Lilja si trasforma in un corpo spogliato di ogni cosa, in una prigione in cui i sogni si rivelano illusioni crudeli.

La libertà, quella vera
Il gelo e il vuoto svedese non sono così lontani dalla terra natia di Lilja. La ragazza si muove come un’anima persa in una terra estranea; solo la presenza di Volodya la coccola e le fa da conforto in un mondo che non l’ha mai ascoltata né voluta. La realtà si confonde con la fantasia dei bambini, che seppur macchiata dei peggiori abusi, in piccola parte ancora resiste. E così la sofferenza dell’inferno terreno si tramuta in un limbo dolce, sereno, fatto di libertà. I due bambini volano insieme in un altrove finalmente privo di violenza e cattiveria. In un paradiso che è l’unico rifugio sicuro, in cui possono respirare ed essere bambini.

1 Comments
Comments are closed.