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Scorsese racconta Scorsese: Casinò

Casinò riporta successo commerciale e completa la trilogia sul mondo criminale italoamericano di Martin Scorsese, risultando il più anomalo tra i tre film.

Negli anni ’90, Martin Scorsese è ormai una garanzia. Il nome dei nomi. Nessuno ne mette più in dubbio né le qualità né i – quasi inesistenti – difetti, che comunque lo innalzano. Come visto in precedenza, con Quei bravi ragazzi il regista italoamericano inizia un percorso straordinario che si muove lungo un tracciato estremamente ramificato, che lo conduce in diverse direzioni.

Inizia a produrre film, anche come produttore esecutivo, soprattutto dalla metà dei ’90, con film come Clockers del suo ex studente Spike Lee. Inoltre, continua ad essere chiamato come interprete in diversi film, anche in parti molto rilevanti, come nel capolavoro di Robert Redford Quiz Show, uscito nel 1994. Felicemente sposato, Scorsese subisce un lutto che lo segna e ne segna i prossimi lavori: nel 1993, il padre Charles muore.

Un secolo di cinema

Come abbiamo già detto, Martin Scorsese perde suo padre poco prima dell’uscita in sala de L’età dell’innocenza, finendo per dedicare il film a lui. Il corso naturale della vita si muove in direzioni inspiegabili. Il giovane Scorsese sviluppò il suo amore per il cinema proprio grazie ai genitori, in particolare al padre che lo portava spessissimo a vedere film di genere western, i suoi preferiti.

Un secolo di cinema – Viaggio nel cinema americano è una delle opere cinematografiche sul cinema più importanti di sempre. In questo documentario prodotto dal BFI, Scorsese analizza il cinema americano – particolarmente degli anni ’40 e ’50 – e soprattutto tenta di studiare le diverse figure di registi. Un’opera mastodontica di quasi quattro ore e che, insieme al suo successivo Il mio viaggio in Italia, è una lettera d’amore ed un saggio sulla settima arte. Lo trovate in buona parte gratuitamente su youtube.

Casinò

Scorsese doveva un film alla Universal, dopo L’ultima tentazione di Cristo e L’età dell’innocenza. E durante le riprese di Quei bravi ragazzi, lui e Nicholas Pileggi – autore del libro – iniziarono a scrivere una storia su Las Vegas e Frank Rosenthal, criminale e gestore di casinò, cacciato dal Nevada nel 1987. L’ambientazione e queste figure con successo illimitato alimentato dalla violenza, convinsero Scorsese a adattare la storia, presentata come sequel indiretto del capolavoro del 1990: ecco Casinò.

Le vicende seguono Sam “Ace” Rothstein – un magnetico Robert De Niro – un esperto di gioco d’azzardo ebreo, al quale, la famiglia mafiosa di Chicago, affida il compito di gestire le operazioni giornaliere dei propri casinò a Las Vegas. Questo, attraverso i contatti con l’amico Nicky Santoro – il formidabile Joe Pesci – e mentre cerca l’amore della complicata Ginger – la stupenda Sharon Stone.

La città del peccato

Un’epopea storica sulla nascita di Las Vegas. Anzi, sulla sporca e sabbiosa origine del tempio del gioco d’azzardo. Una storia di sogni gloriosi che sfumano su roventi raggi di sole. Un racconto sentimentale di un uomo ferito e preciso la cui vita è stravolta da forze insormontabili. Casinò è tutto questo e di più, è anche una storia violenta, chiassosa e silenziosa allo stesso tempo.

L’età dell’innocenza incontra Quei bravi ragazzi. Il terzo film di questa trilogia ideologica iniziata con Mean Streets, si chiude con il botto più grande di tutti. Anche se, forse, rientra più nella trilogia sulla storia americana – con The Wolf of Wall Street e Killers of the Flower Moon. I nodi vengono al pettine, così i peccati del passato ci perseguitano nel presente, e quelli di oggi ci tormenteranno domani. Nulla è come sembra e la percezione cambia con il tempo.

Tre modi di fare le cose

La disturbante violenza di questa pellicola – espressa particolarmente dal personaggio di Pesci – fu estremamente rilevante per il film, portando anche Scorsese ad affermare che non si sarebbe mai più avvicinato a tali livelli di malvagità grafica. Il ritmo incalzante è accompagnato da toni freddi e cinici, grazie anche alla straordinaria faccia di De Niro. Ed il contrasto di ciò con i colori ed i favolosi costumi del più grande stilista di sempre – Giorgio Armani – rende tutta la vicenda ancora più ipocrita e paradossale.

Ci sono tre modi di fare le cose qui: il modo giusto, il modo sbagliato ed il modo in cui le faccio io. E nessuno segue il modo in cui fa le cose Martin Scorsese. Nessuno può. Ed è per questo che chi pensa che un film di mafia sia semplicemente quello, non capisce il concetto di cinema. Ci sono tre modi di fare il cinema: il modo giusto, il modo sbagliato ed il modo in cui lo fa Scorsese.

Lorenzo Maulicino

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