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Kids e Gummo: figli di un’America sbagliata
Kids e Gummo: Korine e Clark mostrano con realismo crudo l’altra faccia dell’adolescenza americana: bambini spaesati e senza futuro in ambienti dimenticati.
Negli anni ’90, Harmony Korine e Larry Clark formano un sodalizio che mostra, con estrema crudezza, il lato oscuro del sogno teen americano. In particolare, Kids (1995) e Gummo (1997) offrono un ritratto quasi documentaristico del disagio giovanile negli Stati Uniti di quegli anni. Un volto totalmente diverso rispetto ai film teen canonici, che contribuisce a rinnovare il cinema indipendente americano, orientandolo verso una rappresentazione brutale e cruda della realtà adolescenziale.
Tutto ebbe inizio nei meandri di New York. Un diciannovenne appassionato di skateboard incrociò Clark, già fotografo e aspirante regista, e dopo una conversazione, quella stessa sera quel diciannovenne iniziò a sceneggiare Kids. Quel diciannovenne era Harmony Korine.
Ma l’interesse per l’America suburbana e ferita era già al centro della ricerca di Clark, il quale realizzò la serie fotografica Tulsa (1971). Qui, documenta la quotidianità, tra droga e violenza, di un gruppo di giovani della sua città natale. Già allora il regista e fotografo americano aveva vissuto, con un approccio viscerale, quel mondo lontano da ogni idealizzazione borghese. Al centro l’adolescenza autodistruttiva, senza speranze né sogni, che diventò una naturale estensione della poetica cinematografica dei due.

Kids, adolescenti persi nella Grande Mela
Kids, scritto da Harmony Korine e diretto da Larry Clark, rappresenta uno dei pilastri del cinema della disillusione giovanile americana. Tra violenza, sesso e droga, la pellicola restituisce una sensazione di disagio, rappresentando un cinema crudo quanto realistico. Ambientato in una New York torbida che non offre nulla, se non devianze, Kids mostra le conseguenze di una generazione abbandonata.
Telly è un adolescente ossessionato dal sesso, in particolare con le ragazze vergini, poiché a suo dire in quel modo sarebbe protetto dall’HIV che in quegli anni dilagava. Ma quando Jenny, una sua ex frequentazione, scopre di essere sieropositiva, parte alla ricerca del ragazzo. Egli, nel frattempo, continua a infettare altre ragazze. La camera di Larry Clark segue senza barriere le giornate di Telly, mentre girovaga per la città con il suo amico Casper.

Gummo, Xenia, Ohio
Opera prima di Harmony Korine, Gummo è ambientato a Xenia, in Ohio. Nel 1974 la città fu colpita da un tornado devastante, che spazzò via non solo le case, ma anche qualsiasi tipo di sogno e speranza per il futuro. Korine racconta un’America periferica totalmente decentrata e metaforicamente, il disastro naturale non è altro che un disastro sociale e culturale.
Considerato tra i film più disturbanti, Gummo racconta, più che di un personaggio solo, di un trauma collettivo. Un mondo in cui il degrado si è sedimentato nel tempo in quella terra fragile, generando figli profondamente segnati. Un mondo senza morale, valori, regole, né empatia. Xenia è una città in rovina, abitata da bambini lasciati a un fato incerto. Questi vivono ai margini e giocano a fare gli adulti, perché l’innocenza è erosa o forse mai esistita.

Kids e Gummo: un destino già scritto
Non c’è giudizio, né redenzione, né speranza: il destino di quei ragazzi è già scritto. Parliamo di un’adolescenza priva di ogni cosa: valori, genitori, educazione e amore. Un’esistenza svuotata, in cui esiste solo il presente effimero e dove non ci sono aspirazioni future. Non c’è spazio per i sogni o per il “da grande vorrei diventare”, perché nessun personaggio è stato davvero mai bambino.
Tutti sono destinati a un epilogo comune, ossia la discesa crudele in un baratro in cui la vita non ha completamente valore, in cui nessuno di loro ha opportunità. È una realtà degradante che inghiotte tutto, anche chi tenta di fare la cosa giusta. Non c’è scampo, né una migliore alternativa, perché quei volti ancora non formati definitivamente non hanno mai conosciuto niente fuorché quella realtà.
Che si tratti dei quartieri newyorkesi di Kids, dove la sieropositività si diffonde silenziosa, o della Xenia di Gummo, dove i bambini si improvvisano adulti per sopravvivere all’assenza. Il messaggio resta lo stesso: nessuno si salva.

Documentari mascherati
Il tempo passa inesorabile e gli adolescenti newyorkesi galleggiano sempre più alla deriva. Kids è un documento vivente di quella gioventù urbana, senza filtri né artifici. Anche Gummo porta avanti questa visione. La penna di Korine era solo un riflesso del suo vissuto, infatti, conosceva bene quell’apatia che consuma corpo e anima. Ma più in generale, tutti gli attori stavano imitando loro stessi, non allontanandosi troppo dalla loro consuetudine.
Per Kids, Clark scelse attori non professionisti, incontrati proprio in quelle strade o negli skatepark. Il set stesso fu un luogo totalmente senza filtri e non protetto, e così la macchina da presa diventa un occhio indiscreto che scruta. Korine, invece, per Gummo adotta una forma frammentata, disturbata e anticonvenzionale. L’esistenza dei personaggi è immortalata attraverso attimi “rubati” e sconnessi in VHS e Super 8. In questo modo, non costruisce una vera e propria narrazione, ma restituisce una sensazione di non appartenenza e disagio puro.
Entrambi i film sono un documento autentico di quegli ambienti su cui si faceva ombra. E forse è proprio questo a renderli così potenti, il forte realismo, nonostante tutte le reticenze morali. Camera a mano, luce naturale, corpi usurati e un’inconsapevolezza inquietante, che è la vera tragedia di una generazione abbandonata a se stessa, senza adulti, riferimenti né aspirazioni.

Kids e Gummo, i bambini perduti
In Gummo, tra i bambini della città di Xenia ci sono Solomon e Tummler. I due sono governati dalla noia e dall’apatia tossiche, quindi, armati di carabine, passano le giornate in cerca di gatti da uccidere e rivendere al macellaio. Solo in questo modo possono dare un senso alle giornate senza senso che scorrono lentamente, racimolando così dei soldi per comprare colla da sniffare o per divertirsi con una prostituta con disabilità. In egual modo, in Kids, Telly e Casper vagano inconsapevoli della tragedia che seminano. In entrambi i casi emerge un’infanzia corrotta e negata.
Tuttavia, non tutta la tenerezza è perduta. In Gummo, Korine ci pone di fronte a una triste realtà. In una delle scene finali, la madre di Solomon prepara al bambino un bagno caldo e compra cioccolata da due bambini afroamericani. Solomon si immerge nell’acqua, mangiando spaghetti al sugo e lo snack comprato dalla madre. Nel frattempo, quest’ultima lo lava. Qui, comprendiamo che nonostante tutto, Solomon è soltanto un bambino.
Eppure, anche in un gesto di dolcezza c’è sempre un pizzico di marcio nella visione realistica di Korine. I bambini afroamericani fingono di vendere snack per fare beneficenza, usando in realtà i soldi per sniffare colla. Dunque, il degrado ha inghiottito tutti, senza via di scampo. Il male è nelle radici e non c’è alcun rimedio.

Il Bunny Boy come figura lirica e pura
In Gummo, la figura del Bunny Boy è una presenza silenziosa che attraversa la desolazione di una Xenia quasi post-apocalittica. Egli sembra contaminare il paesaggio di una tenerezza persa in un mondo che la rifiuta. È un bambino che si rifugia dietro la maschera del gioco e di un’identità ancora non chiara. Sembra la tenerezza, la voglia di libertà e di sognare che cercano un nido. È la vittima fatta persona delle macerie sociali, una figura che è ovunque ma sempre fuori posto.
Questo archetipo si ripropone anche nel cinema più recente, seppur la purezza e la libertà non si manifestino attraverso costumi, bensì nell’anima. Basti pensare a Bailey, protagonista di Bird di Andrea Arnold. Il cinema non ha mai smesso di parlare di un’umanità sempre più alla deriva e di contesti ai margini, servendosi di narrazioni e forme non canoniche per gettare luce sulle zone d’ombra.

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