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Rachel Weisz è Ipazia, una femminista ante litteram

Rachel Weisz veste i panni della prima filosofa della storia, Ipazia, e di come la sua grandezza e visione prospettica del futuro sia stata un faro nel buio

Ipazia è una donna di scienza realmente vissuta, in un periodo storico molto travagliato che vide scontrarsi due posizioni di pensiero e di religione in quel di Alessandria d’Egitto. Siamo, infatti, nel IV secolo e si combatte una guerra di pensiero tra Proprio in Egitto nasce Ipazia, figlia del teologo Teone.

Della filosofa sappiamo qualcosa ma molta della sua storia non è certa anche perché il tempo ne ha smarrito molti tratti: sappiamo per certo che fu insegnante della scuola alessandrina e che aveva una visione molto aperta e tollerante nei confronti dei cristiani.

La vita vera e la narrazione non combaciano del tutto perché il film (Agorà) è stato ispirato al saggio Ipazia. Vita e sogni della scienziata del IV secolo che aggiunge degli elementi romanzati alla trama.

Viene, però, rispettata la figura di Ipazia come fonte di ispirazione per la comunità e per il grande rispetto che questa nutre per i suoi studenti che si incontrano nel Serapeo e con i quali intrattiene discorsi moderni e, spesso, non del tutto compresi.

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Rachel Weisz veste i panni della prima scienziata documentata della storia

Qui il romanzo accentua quel sentiment di malcontento che è tipico di una società patriarcale. La donna troppo spesso veniva messa in ombra rispetto alla controparte maschile e, invece, Ipazia ha il potere della cultura dalla sua parte e con questo privilegio si erge al di sopra del proprio genere ma così ne minaccia tacitamente l’esistenza.

Rachel Weisz comprende bene quando si debba lavorare di sottrazione con un personaggio di quest caratura per non farlo sembrare artificioso; la sua Ipazia è coraggiosa, caparbia ma mai esagerata ma non basterà per cambiare il suo destino e per essere punita per il suo pensiero.

Ipazia fa, sostanzialmente, quello che molti secoli dopo avrebbe fatto Galileo: pensare ad un sistema eliocentrico (Di Aristarco) in opposizione al meccanismo geocentrico porporato da Tolomeo. Insomma, la donna mette in dubbio la centralità dell’umanità, creata dagli Dei, e ciò che indigna sembra proprio che a proporlo siano le labbra di una donna.

La Weisz è l’unica donna parlante in un coro di personaggi maschili, è una voce sola ma resta una voce di peso. Nel film di Alejandro Amenabar trovano posto Oscar Isaac (che è Oreste), Max Minghella (che è Davo), Micheal Lonsdale (che è il padre di Ipazia, Teone), Rupert Evans (che è Sinesio) …

In questo modo che sembra odiare profondamente le donne, è ornamentale celebrare una personalità come quella di Ipazia perché mostra la grandezza del pensiero libero e, allo stesso tempo, è un monito: il suo corpo lacerato e smembrato è la crudeltà della punizione dell’ottusità conservatrice contro l’innovazione del libero pensiero (poco importa se qui si tratta di pensiero cristiano contro pensiero pagano).