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L'amica geniale

L’amica geniale 4, Lila si “svela” e Lenù torna al rione

Con i capitoli 3 e 4 si entra nel vivo del quarto romanzo di Elena Ferrante. L’amica geniale si conferma una serie di qualità con una grande storia.

Lo scorso lunedì sono andati in onda su Rai 1 gli episodi 3 e 4 della quarta stagione de L’amica geniale. Se i primi due sono serviti anche come assestamento del nuovo cast agli occhi del pubblico, in questo secondo appuntamento l’atmosfera si è ormai scaldata e il racconto si fa ancora più intenso.

Lenù, dopo sei anni, torna al rione e ritrova i volti della sua infanzia. Rino, ormai consumato dalla droga, Gigliola, sempre più inorridita dal marito Michele Solara, Antonio, il suo primo fidanzato, e infine Alfonso, suo compagno di banco al ginnasio, ora diventato simile in tutto e per tutto a Lila.

Il ritorno al quartiere in cui è cresciuta, però, è soprattutto per Lenù l’occasione per ritrovare due grandi affetti: la madre e Lila. Sullo sfondo delle vicende personali gli eventi cruciali del 1980: la strage di matrice neofascista di Bologna, e il devastante terremoto in Irpinia che diventa l’occasione per Ferrante di tornare sul concetto di smarginatura, e per mettere dolorosamente a nudo il personaggio di Lila.

Il rione: spazio della profondità

Lenù torna al rione e torna ai sentimenti, quelli impetuosi, diseducati, che hanno radici profonde e irremovibili. Il primo legame che tenta di ricucire è quello con Immacolata, sua madre. Le due si erano lasciate a Firenze dopo una violenta lite che l’aveva fatta vergognare. Stavolta Elena è determinata a superare le resistenze della donna, che non le perdona di aver lasciato Pietro.

Si mostra comprensiva, non cede all’insulto, né a quella finta mancanza d’amore che la donna le rovescia addosso. Resiste, ma raccoglie i frutti di questa apertura nel momento peggiore. Immacolata scopre di essere malata, e teme per l’avvenire dei suoi figli, tutti ormai legati ai Solara. In un confronto finalmente onesto la donna e Lenù ritrovano un contatto comunicativo, fisico ed emotivo. Quello tra Lenù e Immacolata si conferma un rapporto madre-figlia complesso e per questo incredibilmente realistico.

Se nella relazione con la madre è Lenù a dover “corteggiare”, con Lila è sfuggente. Si lascia inseguire, finché il bisogno non la costringe a chiedere all’amica di tenere per qualche settimana con sé le sue figlie. Lila, con l’imprevedibilità che la contraddistingue, non solo accetta volentieri ma ribadisce a Elena che Dede ed Elsa sono per lei come delle figlie.

L'amica geniale

Lenù è colpita e sa bene che le parole di Lila sono sentite, autentiche. Lila la rivuole vicina. Non per controllarla, come Lenù teme, ma perché, come il capitolo 4 dimostra, solo insieme a lei può davvero essere sé stessa.

Il terremoto e la smarginatura

Il capitolo 4 de L’amica geniale contiene uno dei momenti più belli della quadrilogia di Elena Ferrante. Il concetto di smarginatura, già accennato nei romanzi precedenti, viene approfondito in uno struggente monologo che fornisce allo spettatore una chiave di lettura importante del personaggio di Lila.

Elena e Lila sono tornate insieme. Entrambe incinte si godono una fase più matura della loro amicizia, fatta di confessioni, consigli ma anche leggerezza. La notte in cui la terra dell’Irpinia trema le due sono insieme, a casa di Lila. La scossa dura un’infinità di secondi e mentre Lenù, seppur spaventata, rimane lucida sul da farsi, Lila è completamente immobile. Anche relativamente al sicuro, in macchina, il suo tormento non si attenua.

La regia di Laura Bispuri prova allora a riprodurre visivamente, per qualche attimo, la sensazione che Lila sta provando. La macchina di Marcello Solara, che passa accanto a quella in cui Lila e Lenù si trovano, si sfoca e sembra schiantarsi su di loro.

È la smarginatura. Quella sensazione per cui i contorni delle figure si spezzano e le cose si fondono le une nelle altre. Lila ne è affetta da sempre, e ha passato la vita, come dice lei stessa, ad arginare momenti come questi, in cui perde ogni certezza e persino sé stessa. Rivela a Lenù che ogni uomo a cui si è affiancata non era altro che un tentativo, inefficace, di proteggersi. Irene Maiorino con la sua interpretazione rende giustizia a uno dei passaggi più significativi dell’opera, in un monologo sentito e intenso.

“Se ti dico cose brutte, se ti offendo, tu tappati le orecchie”

Chi ha seguito L’amica geniale e la storia di Lenù e Lila sin dall’inizio non può che lasciarsi toccare da queste parole. Lila prova a spiegare a Lenù che quella sua tendenza a “disfare, spaccare” è l’amara conseguenza delle sue fragilità. Nessun amore è stato finora in grado di salvarla, ma a Lenù chiede, a cuore aperto, comprensione.

“Se ti dico cose brutte, se ti offendo, tu tappati le orecchie perché non vorrei ma lo faccio. Non mi lasciare Lenù, perché altrimenti cado giù”. In poche frasi Lila rivela non solo la consapevolezza del passato del loro rapporto, ma anche che Lenù rappresenta davvero il legame più forte che ha creato nella sua vita. La sincerità con cui le chiede di essere amata e protetta rivela una nuova prospettiva sul suo personaggio, e scioglie anche quella fetta di pubblico che non era mai riuscito davvero a empatizzare con lei.

L’amica geniale, il ritorno di Donato Sarratore

Al capitolo terzo appartiene, invece, uno dei momenti più dolorosi almeno di queste prime puntate. In un maldestro tentativo di dimostrare la sua serietà, Nino porta Elena a pranzo a casa dei suoi genitori. La donna è costretta così a rivivere i giorni di Ischia. Non solo quel primo amplesso consumato in un momento di estrema vulnerabilità con Donato, ma anche la precedente violenza dell’uomo, quando lei era poco più che una bambina.

Come se non bastasse il ricordo tacito di quel momento, Donato, con tutta l’impunità e la spudoratezza raccapricciante del suo personaggio, lo evoca nelle parole. Parla allusivamente di quelle giornate e inchioda i suoi occhi su Lenù che non può che sentirsi a disagio.

In questo frangente lo sguardo femminile della regista Laura Bispuri emerge con chiarezza. Donato è inquadrato sempre più da vicino, fino a un primissimo piano che risulta disturbante per lo spettatore che conosce la sua backstory. Bispuri persevera sui dettagli: prima il tocco laido sulla schiena di Lenù, poi l’insistenza sul suo seno. Il climax espressivo sul volto di Alba Rohrwacher è pressoché perfetto. Se da un lato a prevalere è il disgusto per quest’uomo, dall’altro c’è il patimento di assistere all’ennesima manifestazione di violenza di cui solo la vittima sembra avere coscienza.

La parentesi a casa dei Sarratore termina, infine, con la più cruda delle immagini. Nino va a sedersi di fianco a suo padre ed Elena se li ritrova così, l’uno accanto all’altro. L’uomo che si approfittò di lei, e l’uomo che più ha desiderato e amato nella sua vita. Così vicini, così pericolosamente simili.

L'amica geniale

Lo stile de L’amica geniale

Laura Bispuri, che ha sostituito Daniele Luchetti alla regia de L’amica geniale, si conferma una mano sensibile e attenta soprattutto ai suoi interpreti. Oltre alla già citata scena dell’incontro con Donato Sarratore, c’è un altro momento interessante dal punto di vista stilistico.

Si tratta della commovente scena in cui Lila e Lenù rivelano la loro gravidanza. Le due donne sono sedute sul divano del salotto di Lila, già luminose, entusiaste di essersi riviste. Il dialogo che precede la confessione è girato con un campo e controcampo che le ritrae in primo piano in una luce diurna e chiara.

Nel momento esatto in cui Elena, alla rivelazione di Lila, risponde: “Pure io” accadono due cose. Dal punto di vista sonoro irrompe una melodia simile a quelle dei carillon, che arricchisce il senso della scena con uno stimolo uditivo coerente. Bispuri opera poi, dal punto di vista visivo, uno scavalcamento di campo. Viola la regola cinematografica dei 180° e cambia il lato di ripresa delle due donne. Si passa dal campo e controcampo, a un’inquadratura dal lato opposto che le include entrambe, e di profilo.

Questa infrazione dura pochi secondi ma celebra un momento significativo e commovente. Sancisce la ritrovata complicità tra Lila e Lenù, ricorda a entrambe e agli spettatori l’intimità del loro rapporto, e il bene profondo che, in fondo, continua a legarle. Sono due donne adulte, ma in qualche modo in quella felicità pura e incontrollata ci sono anche Lila e Lenù bambine, con le loro bambole, e quello spiraglio di ingenuità che sono riuscite (fino a quel momento) a preservare.

In conclusione

L’amica geniale conferma l’ottima partenza dei primi due episodi. Se all’inizio poteva esserci un senso di mancanza rispetto agli interpreti delle prime tre stagioni, il nuovo cast ha ormai dimostrato il suo valore, e non solo. In alcuni passaggi emerge sottile ma effettiva anche una certa continuità. Irene Maiorino e Alba Rohrwacher sono riuscite nell’ardua impresa di restituire in qualche modo lo spirito di Gaia Girace e Margherita Mazzucco, aggiungendo però la complessità di un’età più adulta.

Dal punto di vista cinematografico il racconto è intenso, curato nello stile, ed esteticamente piacevole grazie anche a una luce perlopiù soffusa, senza troppi contrasti, che rende calda l’immagine. La colonna sonora viene usata da Bispuri in modo convenzionale, e va a drammatizzare, laddove necessario, i momenti drammaturgicamente più significativi.

L’apparente quiete che Elena è riuscita a conquistare riconciliandosi con la madre e con Lila è destinata a breve a guastarsi. I prossimi due episodi (che andranno in onda il 25 novembre) vedranno il riemergere di uno dei suoi più grandi punti deboli: il rapporto tra Lila e Nino.

L’amica geniale è disponibile in streaming su RaiPlay.

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