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40 secondi

Roma Cinema Fest: 40 secondi

Presentato alla Festa del Cinema di Roma, 40 secondi ripercorre le ventiquattr’ore che hanno preceduto gli ultimi istanti di vita di Willy Monteiro Duarte.

Presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma 2025 nella sezione Progressive Cinema – Visioni per il mondo di domani40 secondi (2025) di Vincenzo Alfieri ricostruisce gli ultimi momenti di vita di Willy Monteiro Duarte. Tratto dall’omonimo romanzo di Federica Angeli e prodotto da Eagle Pictures, il film è una rappresentazione umana e corale delle ultime ventiquattr’ore del ragazzo ucciso nel 2020 a Colleferro. Un cast significativo che unisce interpreti affermati e giovani esordienti, capaci insieme di dare alla storia una sensibilità profonda e di trasmettere messaggi e riflessioni.

40 secondi, la trama

Ventiquattr’ore e una rete di incontri, sguardi e coincidenze fatali. Attraverso una memoria collettiva, 40 secondi mette in scena i fili che, il 6 settembre 2020, si sono intrecciati, dando vita a una tragica vicenda. Alfieri ripercorre quella giornata attraverso gli occhi di Maurizio (Francesco Gheghi), Michelle (Beatrice Puccillo), Lorenzo (Luca Petrini), Federico (Giordano Giansanti) e infine Willy (Justin De Vivo), unendo i tasselli di una tragedia preannunciata. Paure, violenze, sogni e fragilità ci parlano della banalità del male e della contraddizione dell’uomo.

Dentro l’immagine

40 secondi è un film estremamente tagliente, che spinge nel vivo della storia. Ed è proprio la macchina da presa a diventare organismo vivente e occhio dello spettatore. Il formato 4:3 stringe l’immagine, rendendola claustrofobica, vera, costringendo lo sguardo a restare vicino ai corpi, a entrare dentro le emozioni e a navigare nei flussi di coscienza. Una forma che ricorda molto Elephant di Gus Van Sant, che permette l’immedesimazione passiva e obbligata dello spettatore. Alfieri è incollato alle nuche e ai respiri, seguendo ogni dettaglio come a voler ricostruire i pezzi di un’immagine frammentata.

Un linguaggio universale

Ogni parte del linguaggio filmico di 40 secondi contribuisce a creare un autentico significativo e identitario, restituendo un quadro contemporaneo di degrado e disillusione. In particolare, le interpretazioni di Francesco Di Leva ed Enrico Borello spiccano significativamente. Alfieri stratifica la complessa realtà provinciale senza scadere in luoghi comuni, facendo sì che a parlare siano i corpi che abitano lo spazio e i silenzi. È con un approccio contemporaneo che il regista ricostruisce un microcosmo che trascende il contesto – seppur importante – fino a risuonare universalmente. Questo poiché cuore portante del film è l’essere umano, il contesto in cui cresce, in cui viene formato e oppresso.

40 secondi e la coesistenza dei contrasti

C’è una tensione costante tra concetti opposti che, in 40 secondi, trovano binomi armoniosi. La fragilità e la violenza, la città e la provincia, il realismo fugace e la bellezza impressionata dalla persistenza del tempo e dalle luci della città. Quest’ultima fa da personaggio che fagocita, calpesta. Tuttavia i personaggi sono attraversati chi da un desiderio di fuga e chi da una rassegnazione all’immobilità. La speranza convive con la disillusione, come la fragilità con la violenza. Quest’ultima, quando arriva, irrompe quasi naturalmente, che lo spettatore diventa parte del conflitto, impotente. Come se una cosa non potesse vivere senza il suo opposto.

40 secondi

L’origine del male

Vincenzo Alfieri entra nell’intimità più pura, affondando nella radice dei personaggi. In una sequenza esemplificativa, entriamo nella quotidianità dei fratelli Bianchi, dove la madre si rivolge a loro come fossero bambini, in un rapporto tra amore e dipendenza. Ma il male è lì, covato, e riaffiora improvvisamente. Il regista lascia che sia il male a germogliare da solo, senza forzare. Emblematica è la metafora della pecora, una creatura “pura” tra le tante, vittima della banalità del male. Un’espressione di come il male si ripresenti ciclicamente in altre forme.

40 secondi, la bellezza del realismo

Con una regia sublime, 40 secondi è un gioiello del cinema italiano recente. Al cuore c’è un doloroso fatto di cronaca che viene universalizzato e trascende. Alfieri parla della perdita, della ferita individuale, di quella collettiva, e lo fa con una grazia estrema. Lo spettatore vive in simbiosi con la macchina da presa, riuscendo a cogliere la frenesia così come ciò che gli è sconosciuto. Forse è lo scavare nell’intimità dell’essere umano, nella sua esistenza fragile ma viva, nelle sue contraddizioni, che rende 40 secondi un film singolare e di pregio.

Recensione a quattro stelle su Almanacco Cinema