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Il corpo, un film imperfetto ma necessario
Il corpo, il nuovo film di Vincenzo Alfieri, è un thriller che, seppur con dei difetti, funziona e riesce a mantenere sempre alta la tensione.
Il nuovo thriller di Vincenzo Alfieri (I peggiori, Gli uomini d’oro, Ai confini del male) è una pellicola indubbiamente ben congegnata. Essa si posiziona all’interno di quell’insieme di film che mirano a portare una ventata d’aria fresca tra i meandri del cinema italiano. Quando qualche regista prova a distaccarsi dalle solite commedie e dagli ormai ridondanti drammi familiari che popolano il cinema italiano è sempre uno sforzo da lodare.
Il corpo riesce ad alzare l’asticella? Risulta essere un thriller solido e degno di nota? Raggiunge il suo intento di rinnovare, nei limiti del possibile, i temi del cinema italiano? Vediamolo un punto per volta.
Il corpo, di cosa parla?
Rebecca Zuin è una ricca ed eccentrica imprenditrice che un giorno muore improvvisamente d’infarto. Sua sorella chiede che venga effettuata subito un’autopsia ma una sera il cadavere scompare dall’obitorio e il guardiano viene investito mentre cerca di fuggire spaventato da qualcuno o qualcosa che aveva visto all’interno della struttura. Bruno, il marito di lei, è un giovane ex docente universitario che si è poi ritrovato ad amministrare l’azienda di Rebecca insieme a lei.
Dopo i fatti egli viene subito considerato un sospetto e quindi interrogato dal commissario Corrado Cosser, interpretato da un gigantesco Giuseppe Battiston. Ora dopo ora i sospetti ricadono sempre di più su Bruno ma lo stesso Bruno inizia a sospettare che non tutto sia come appare e a dubitare di chiunque, anche di sé stesso.
I personaggi
Uno dei punti di forza del film è senza dubbio la caratterizzazione dei personaggi.
Rebecca è ambigua, ironica, instabile e dominante allo stesso tempo. Probabilmente è il personaggio più imprevedibile di tutto il film che ci porta a dubitare fino all’ultimo di tutti e di tutto.
Bruno è invece il personaggio dominato. Egli viene dominato in ambito domestico perché è il marito di una donna estremamente ricca e il denaro può controllare tutto, anche le persone e anche le mogli e i mariti. Viene poi dominato in ambito sentimentale poiché la sua amante, Diana, è una vera e propria Femme fatale che sembra uscita da un noir anni ’40. Ella lo porterà a compiere le scelte più folli e meno razionali della sua vita, scelte che lo metteranno in seria difficoltà. Bruno viene dominato anche durante gli interrogatori al commissariato, dove non riesce mai a farsi valere e rimane sempre vittima dei modi e degli sproloqui degli agenti, in particolare del commissario.
Il commissario Cosser è probabilmente il personaggio più affascinante e complesso di tutto il film. Sotto certi punti di vista egli ha delle evidenti difficoltà relazionali e non è in grado di controllare le proprie pulsioni e la propria rabbia. In molti altri casi, che saranno più chiari a mano a mano che si prosegue con la visione del film, il commissario dimostra al contrario una lucidità e una capacità analitica disarmanti. Riesce a ridere e a fare battute anche di fronte a situazioni tragiche ma è anche perfettamente in grado di trasformarsi in un Keyser Soze in stile Soliti sospetti (Bryan Singer, 1995) per raggiungere i suoi obbiettivi.
La regia e la critica sociale
La regia del film è essenziale e funzionale al racconto. Molte scene sono giocate sui primissimi piani e sui dettagli del volto dei personaggi in modo tale da trasmettere allo spettatore le difficolta che essi attraversano e gli stati d’animo che li governano. Questa scelta è sicuramente utile ad aumentare il coinvolgimento dello spettatore e la sua immedesimazione nei personaggi.
La critica sociale all’intoccabilità delle persone più ricche è presente e Alfieri ce la sbatte in faccia in più occasioni. Il regista ci ricorda sempre che il denaro controlla e influenza tutto e i più ricchi possono permettersi di comportarsi a loro piacimento a spese degli altri senza nessun senso di colpa e senza quasi mai pagarne le conseguenze.
Il colpo di scena conclusivo mette in ordine tutto ciò che rimane in sospeso, anche gli ultimi tasselli. Tuttavia, il risultato finale è purtroppo imperfetto e presenta numerosi buchi di trama e numerose situazioni che sarebbero state eccessivamente complesse e forzate anche in un piano di Hannibal Smith degli A-Team. Il punto è che la soluzione finale è talmente ben assestata, seppur non del tutto nuova, che gli elementi che non tornano non danno fastidio e non pesano troppo sula riuscita del film.
Il corpo, due parole in definitiva
Il corpo è un film da vedere a ogni costo. Andiamo al cinema, godiamoci il film e facciamo finta di non aver notato le forzature e i buchi di sceneggiatura. Auguriamoci invece che al botteghino la pellicola vada bene e che vengano così prodotti altri film di genere di questo tipo.
Fino agli anni ’70 in Italia i registi realizzavano film di qualsiasi genere, anche di fantascienza con le battaglie spaziali in stile Star Wars (George Lucas, 1977) ma molto prima di Star Wars. Questo perché i produttori non si lasciavano ostacolare dalla mancanza di soldi e davano invece maggior valore alle buone idee. Oggi che gran parte del cinema è dominato degli effetti speciali, e quindi dai grossi budget, abbiamo fatto un enorme passo indietro.
Film come Il corpo, o come tanti altri prodotti italiani degli ultimi anni, possono quindi seriamente rinnovare i temi del cinema nazionale e portare nelle nostre sale nuovi film con nuove idee che esprimano appieno la poetica di nuove generazioni di registi interessati al cinema di genere.