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Pulgasari

Pulgasari, ovvero il Godzilla nordcoreano

Pulgasari è un film del 1985 diretto da Shin Sang Ok, famoso regista sudcoreano rapito dal Nord nel 1978 proprio per realizzare film di una qualità migliore.

Questo monster movie, conosciuto anche come “Il Godzilla nordcoreano”, detiene il primato di film nordcoreano più visto in occidente. Infatti la pellicola ha avuto anche una distribuzione in vhs negli Stati Uniti, dove ha avuto un discreto successo più come film trash che come prodotto di qualità.

Pulgasari, la trama

Siamo nella Corea feudale, periodo in cui i contadini subiscono ogni giorno i soprusi, le violenze e i furti da parte del governatore, dei suoi soldati e dei ricchi signori che vivono nella zona. Quando un anziano fabbro viene arrestato e condotto in carcere per aver disobbedito a un ordine, egli decide di intraprendere uno sciopero della fame e con il riso che gli viene dato costruisce una statuetta di un dragone con le corna.

Dopo la sua morte la figlia entra in possesso della statua e, ferendosi accidentalmente con un ago, fa gocciolare un po’ di sangue su di essa. Il drago inizia ad animarsi e prende vita, nutrendosi di metallo in modo completamente naturale e crescendo sempre di più a ogni pasto. Una volta cresciuto a dismisura e diventato così un gigante, il drago Pulgasari inizia a prendere le parti dei contadini e a combattere insieme a loro contro le truppe del governatore. 

Pulgasari

Un’introduzione storica

Siamo alla fine degli anni ’70 e la Corea del Nord è ancora governata da Kim Il Sung, colui che fondò il Paese nel 1948. Suo figlio Kim Jong Il era stato nominato nel 1968 direttore dell’arte cinematografica nell’ambito dell’Ufficio per la propaganda e l’agitazione all’interno del Partito. In poche parole il figlio del grande leader aveva il controllo totale su tutta la produzione cinematografica del Paese da quel momento in poi. Egli governerà il Paese a partire dal 1994, anno della morte del padre, fino al 2011, anno della sua morte. Kim Jong Un, l’attuale leader del Paese, è invece il figlio di Kim Jong Il e governa dall’anno della sua scomparsa, il 2011 appunto.

Oltre alla finalità educativa e politica del cinema, l’interesse di Kim Jong Il era inoltre quello di creare una forma di intrattenimento per la popolazione e un cinema che potesse essere esportato e apprezzato anche all’estero. Uno dei primi tentativi di realizzare un cinema di questo tipo e uno dei casi che hanno creato più scalpore tra le vicende legate alla Corea del Nord è senza dubbio la questione del rapimento del regista sudcoreano Shin Sang-Ok e della sua ex moglie Choi Eun-Hee, attrice famosissima del cinema della Corea del Sud.

Il rapimento più spettacolare della storia

Tutto inizia a gennaio del 1978 quando l’attrice Choi Eun-Hee viene attirata a Hong Kong con la proposta di collaborare alla regia di un film molto importante. Dopo quel viaggio si perdono però le tracce della donna che sembra svanita nel nulla. Pochi mesi dopo anche Shin Sang Ok arriva a Hong Kong sia per capire cosa fosse successo all’ex moglie e sia perché in patria iniziavano a sorgere numerosi problemi con il governo dovuti al fatto che i suoi film aggiravano al censura governativa e qualcuno iniziava anche ad avanzare ipotesi circa il suo coinvolgimento nella sparizione di Choi.

Il regista sudcoreano aveva bisogno di un passaporto nuovo, dato che il suo stava per scadere, con l’obbiettivo di andare a lavorare in qualche paese europeo o dell’America latina. A Hong Kong alcune persone si mettono in contatto con lui e gli garantiscono che per diecimila dollari gli avrebbero fornito un passaporto falso che sarebbe stato sufficiente per il suo viaggio. L’appuntamento è a Repulse Bay, lo stesso molo in cui è stata rapita Choi, per la consegna del denaro in cambio del documento e, inutile dirlo, anche Shin subisce lo stesso trattamento e alla fine del 1978 si ritrova anche lui in Corea del Nord.

Una difficile ambientazione

Dopo il suo arrivo nel Paese Shin viene ospitato in una villa con l’obbiettivo di consentirgli di ambientarsi il prima possibile e di ricevere tutte le dovute indicazioni riguardanti ciò che gli sarebbe stato richiesto in seguito. Non è un mistero la grande passione di Kim Jong Il relativa alla settima arte e l’obbiettivo dei rapimenti è indubbiamente quello di far girare dei film a due professionisti indiscussi del settore. Prima però era necessaria una formazione sulla storia del cinema nordcoreano e sui temi e le modalità da seguire per la realizzazione dei film.

La prima cosa che tenta di fare Shin è fuggire dal Paese e la conseguenza per questa sua iniziativa è un viaggio verso il carcere il 30 dicembre 1978. Il 9 aprile del 1979 Shin esce di prigione e viene condotto in una nuova abitazione, meno lussuosa della precedente e con l’aggiunta di posti di guardia lungo il perimetro di essa. Superato il periodo di formazione per lui e per l’ex moglie Choi, i due iniziano subito a lavorare per realizzare dei film che secondo Kim Jong Il avrebbero dovuto rivoluzionare il cinema nel Paese ed esportarlo anche nei festival all’estero.

La propaganda in Pulgasari

Il film più famoso di Shin durante la sua permanenza in Corea del Nord e che ha avuto più successo sia internamente che a livello internazionale è Pulgasari del 1985. Kim voleva fare in modo che il film circolasse e avesse successo anche all’estero e quindi viene presa la decisione di fare un film di mostri, sulla scia della saga di Godzilla (1954) che tanto successo aveva avuto e ha tutt’oggi in Giappone e nel resto del mondo.

Se il film giapponese aveva un significato sociale perché trattava la paura delle conseguenze della bomba atomica, dalle cui radiazioni nucleari nasce il mostro, Pulgasari racconta invece una storia di lotta di classe, nonostante in questo film la propaganda non sia molto invadente.

La grande differenza tra Pulgasari e Godzilla è che il dragone una volta cresciuto non distrugge qualunque cosa si trovi malauguratamente sul suo cammino, come facevano Godzilla e tutti i vari mostri apparsi in questo genere cinematografico, Egli è invece dotato di una coscienza di classe che gli consente di schierarsi con i contadini e attaccare insieme a loro il palazzo del governatore con tutto il suo esercito. Pulgasari sa benissimo da che parte deve stare, vince la sua battaglia e il popolo è finalmente libero.

Il film è il più grande successo in Corea del Nord e lo stesso Kim Jong Il è soddisfatto del risultato ottenuto. Il dragone infatti poteva essere un allegoria del leader supremo Kim Il Sung che ha guidato il popolo verso la rivoluzione contro i ricchi e i potenti liberando la Nazione dalle loro oppressioni.

Un finale ambiguo

All’estero però veniva data un’altra interpretazione: Pulgasari simboleggiava sì il Partito e Kim ma si riteneva che Shin avesse voluto inserire una critica al potere nel paese. Infatti il drago dopo aver vinto contro i nemici inizia a divorare tutti gli strumenti di ferro che gli capitano a tiro, pentole, forche, rastrelli, penalizzando così la vita anche dei contadini che stavano per ritrovarsi senza più attrezzi per lavorare la terra.

In questo modo potrebbe nascere un’associazione con la liberazione della Corea dal Giappone da parte del leader Kim Il Sung che però diventa in seguito un terribile dittatore autoritario. L’idea che emerge è che Kim ha certamente liberato il popolo ma lo ha anche oppresso subito dopo.

Shin, dopo la sua fuga durante un festival in Austria nel 1986, non ha mai dato una risposta su quale sia la corretta interpretazione del film, definendolo semplicemente “un film di mostri” e dichiarando: “Non ho voluto mettervi alcun contenuto ideologico”. 

Pulgasari, in conclusione

Per concludere questo (forse troppo) lungo approfondimento possiamo affermare che il film, al di la del contenuto ideologico certo o presunto, tecnicamente funziona. La regia di Shin Sang Ok è funzionale al racconto e la sceneggiatura è ridotta all’osso ma sufficiente a raggiungere i suoi scopi.

Nonostante gli enormi investimenti la qualità dell’opera risulta però medio-bassa per essere un film realizzato a metà degli anni ’80 e quindi la visione non è delle più semplici e immediate. Il film va però assolutamente visto per poter assaggiare un certo tipo di cinema, anche di propaganda, realizzato il un luogo così lontano da noi. Entrare in una cultura diversa e in un modo di vedere le cose così particolare e complesso rimane, a prescindere da tutto, un’esperienza indubbiamente da non perdere.

Recensione a tre stelle su Almanacco Cinema

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