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Rapito, la recensione su Almanacco Cinema

Rapito, la recensione su Almanacco Cinema

È disponibile gratuitamente su RaiPlay l’ultimo lavoro di Marco Bellocchio. Rapito, tratto da una storia vera, ha vinto cinque David di Donatello.

Tra le tantissime piattaforme che ormai spopolano sui nostri schermi forse RaiPlay è la più sottovalutata. Il servizio streaming della Rai, infatti, oltre a riproporre i contenuti che vanno in onda sui canali televisivi, offre agli spettatori un catalogo di film molto interessante in cui si trovano grandi successi e perle sconosciute.

Tra questi è attualmente disponibile uno dei film più apprezzati del 2023: Rapito. L’ultimo lungometraggio di Marco Bellocchio, dopo essere stato presentato a Cannes, ha trionfato insieme a C’è ancora domani e Io capitano ai David di Donatello 2024 convincendo per la sceneggiatura e per l’estetica curata e scrupolosa.

Bellocchio parte dal libro Il caso Mortara di Daniele Scalise per raccontare la vera storia della famiglia Mortara e del piccolo Edgardo. Una vicenda dolorosa che getta un’ombra sulla figura di Papa Pio IX, e ci ricorda i soprusi e le discriminazioni che hanno caratterizzato parte del mondo religioso.

Rapito, la trama

Siamo nel 1851 a Bologna. Salomone Mortara (Fausto Russo Alesi), detto Momo, e sua moglie Marianna Padovani (Barbara Ronchi) sono ebrei e genitori di nove figli. Una notte ricevono la visita di un maresciallo che gli comunica che il loro sestogenito Edgardo, a loro insaputa, è stato battezzato.

Per una legge dello Stato Pontificio un bambino battezzato, e quindi cattolico, non può essere cresciuto da ebrei. Edgardo, dunque, viene prelevato dalle guardie pontificie e portato a Roma nella Casa dei Catecumeni per essere educato da cristiano.

Momo e Marianna faranno di tutto per riprendersi il loro bambino, scuotendo l’opinione pubblica, e raccontando la loro storia a giornali italiani e stranieri. Il fermento intorno al destino di Edgardo arriverà così alle orecchie di Papa Pio IX (Paolo Pierobon) che, in un periodo di profonda crisi dell’autorità papale, sfrutterà l’occasione per ribadire la fermezza della Chiesa.

Rapito, la recensione su Almanacco Cinema

Una religione più di forma che di sostanza

Quella che il regista ci presenta è una dimensione religiosa che assume i connotati di legge piuttosto che di fede. Nelle parole dei personaggi di Rapito, da entrambe le parti, poco spazio trova il racconto spirituale e umano del proprio credo. La religione si mostra piuttosto come appartenenza, come fazione in una guerra immaginaria (e non).

La scelta di togliere un bambino alla propria famiglia in nome di un sacramento somministrato nelle tenebre, in modo illecito, e non in una reale situazione di bisogno, risponde a una visione rigida della dottrina, dogmatica (non a caso al significato della parola “dogma” la sceneggiatura dedica un’intera scena), priva di considerazione rispetto agli esseri umani coinvolti nella questione. D’altronde anche l’irremovibilità della madre di fronte agli occhi incerti e preoccupati del piccolo Edgardo contribuisce al disorientamento del bambino.

L’unico momento in cui la figura di Gesù viene evocata in modo autentico lo dobbiamo proprio all’inconsapevole Edgardo. In una scena di rara delicatezza e potenza il bambino, di fronte al crocifisso, compie un gesto semplice che palesa la sua purezza e quel bene che in modo naturale, senza condizionamenti, è in grado di operare.

L’eterno tormento di Edgardo

Quello che Bellocchio rende in modo puntuale attraverso prima gli occhi di Enea Sala (il piccolo Edgardo) e poi, soprattutto, attraverso quelli di Leonardo Maltese, è il dissidio interiore del protagonista.

Rapito, la recensione su Almanacco Cinema

Progressivamente il giovane sembra sempre più inserito nel contesto cattolico, e sempre meno consapevole del suo passato, del dolore dei suoi genitori e dei suoi fratelli. Eppure, in alcuni gesti, negli sguardi, e in quasi impercettibili espressioni del viso, è evidente che c’è qualcosa di irrisolto. Di fronte alle parole di certezza con cui si proclama convinto della sua vita, emergono sfumature di dubbio, forse persino di rabbia.

Un dubbio inevitabile laddove non c’è stata una scelta di vita autentica. Che Edgardo fosse o meno convinto del suo credo da adulto, l’indottrinamento a cui viene sottoposto in un’età fragilissima gli preclude una piena lucidità, e lavora tanto sulla sua mente quanto sul suo cuore. Per questo il giovane sembra condannato davvero a un eterno limbo, sospeso tra un presente a cui comunque non è arrivato liberamente e un passato che rifiuta, ma su cui forse conserva la scia di un ricordo.

Rapito, Momo e Marianna

Momo e Marianna, nell’affrontare quello che il regista definisce il “rapimento” di Edgardo, reagiscono in modo differente. Nel momento in cui il bambino arriverà ad accettare e ad accogliere pienamente la sua nuova vita, i due genitori non potranno che rimanere inermi, ma con sensazioni del tutto diverse. Ciò è evidente nelle scene parallele dei loro incontri con il bambino che ormai vive da un po’ nel collegio cattolico.

Momo viene presentato come un uomo mite, cauto, e onesto. Incapace di mentire al figlio, nel momento in cui capisce che sta bene non se la sente di infierire, anzi prova a rassicurarlo. Fausto Russo Alesi coglie molto bene la dolcezza del suo personaggio, che soffre in silenzio, e forse si rassegna e per questo viene prontamente ripreso dalla moglie.

Marianna, infatti, è di ben altro carattere. Granitica nella sua fede, e con un dolore che è impresso negli occhi grandi di Barbara Ronchi, non è disposta ad arrendersi. E, infatti, è di fronte al richiamo viscerale della sua presenza che l’Edgardo bambino crolla e si allontana per qualche minuto dall’obbedienza e dal rigore che caratterizzeranno il resto della sua vita.

Rapito, la recensione su Almanacco Cinema

Rapito, la regia e la messa in scena

Oltre a una trama decisamente avvincente ispirata al reale, il film si illumina grazie alla regia e alla messa in scena. Bellocchio racconta con sensibilità questa storia, inserendo anche momenti fuori dalla realtà che contribuiscono al fascino del suo linguaggio.

Non stupisce che ai David siano stati premiati acconciature (Alberta Giuliani), trucco (Enrico Iacoponi), costumi (Sergio Ballo e Daria Calvelli) e scenografia (Andrea Castorina e Valeria Vecellio). La Roma alle soglie del Risorgimento viene restituita con precisione con diversi riferimenti specifici alla Storia (come la Breccia di Porta Pia e l’ingresso dei bersaglieri a Roma). Il dinamismo di queste sequenze all’aperto si scontra e si oppone alla rigidità e alla “lentezza” che caratterizzano lo spazio interno delle stanze vaticane.

La fotografia di Francesco di Giacomo è calda, accarezza i volti dei protagonisti esaltandone l’espressività, e brilla verso il finale con le sequenze in esterna, e in particolare con le suggestive immagini del funerale del papa su Ponte Sant’Angelo.

In conclusione

Marco Bellocchio porta alla luce una vicenda dolorosa, parte della storia religiosa ma anche di quella politica del nostro paese. Sullo sfondo del Risorgimento ci presenta la lotta di due dottrine sul possesso fisico e ideologico di un bambino, e la forza politica di una sull’altra (che avrà estreme conseguenze meno di un secolo dopo).

Ricostruendo con cura l’atmosfera di quegli anni insieme a scenografi, truccatori, costumisti e acconciatori offre agli spettatori un film esteticamente molto godibile, interessante per la trama, con frammenti di sogno e immaginazione di grande significato.

La sceneggiatura, scritta insieme a Susanna Nicchiarelli, Edoardo Albinati e Daniela Ceselli, è portata in scena da un cast di grande livello in cui spiccano il Papa Pio IX di Paolo Pierobon e Barbara Ronchi, sempre intensa e con uno sguardo dal quale è difficile non lasciarsi toccare.

Rapito, dunque, conferma la fama di un regista come Marco Bellocchio che dopo sessant’anni di carriera riesce ancora a fare la differenza nel panorama cinematografico italiano e internazionale. Il film è disponibile gratuitamente su RaiPlay.

Recensione a quattro stelle su Almanacco Cinema