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Warfare

Warfare – Tempo di guerra, la recensione

Warfare è una delle rappresentazioni più crudeli, viscerali e sincere sulla guerra e sulla sua inutilità distruttiva e sanguinosa.

Una palo a croce che penzola. Sta per venire giù. Alto nel cielo, sulla destra, il sole splende con un colore strano e avvolge con calore le strade deserte, circondate da corpi che non si muovono e cenere. Sembra l’incipit di un film horror, ma non è così. È la ballata del fantasma di Tom Joad che aleggia tra ferro, piombo e fumo, in una cortina di paura e dolore. Questa è stata una storia vera, questa è una storia vera e, purtroppo, sarà una storia vera.

Dopo Civil War – uscito nella primavera dello scorso anno – e prima di un altro progetto ancora non ufficiale – in uscita chissà quando – arriva il secondo capitolo di questo ipotetico trittico spirituale sulla guerra di Alex Garland – al cinema poco fa con la sceneggiatura di 28 anni dopo. Warfare – Tempo di guerra è il nuovo tragico ed essenziale film scritto e diretto da Garland insieme a Ray Mendoza – uno dei veri soldati rappresentanti nella pellicola. Warfare è uscito il 21 luglio nelle sale italiane, dopo un’esclusiva anteprima nazionale tra il 16 ed il 17 agosto.

Warfare

Iraq, 2006. Durante l’invasione ed il conflitto statunitense sul territorio allora governato da Saddam Hussein, a Ramadi gli scontri si intensificano sempre di più per riuscire ad ottenere il controllo della città. Due plotoni – Alpha Uno e Alpha Due – si sono posizionati in due edifici abitati da civili iracheni, provvedendo a dare protezione a un’operazione dei Marines. Ma, ovviamente, le cose non sono così semplici ed i soldati lotteranno per sopravvivere.

La guerra è una professione con la quale un uomo non può vivere onorevolmente, disse Macchiavelli. Ray Mendoza, oltre che regista e sceneggiatore, è il protagonista interpretato da D’Pharaoh Woon-A-Tai ed il film è infatti basato sui ricordi riguardo quest’esperienza del team di soldati. Il resto del cast comprende Will Poulter, Cosmo Jarvis, Joseph Quinn, Michael Gandolfini – figlio del grande JamesKit Connor, Noah Centineo e Charles Melton.

Tempo di guerra

Mentre Christopher Nolan dice che non si dovrebbero fare film politici per dire al pubblico ciò che pensare attraverso il proprio lavoro, Alex Garland continua ad imporsi nell’industria come uno dei più politici, rimanendo, infatti, un’autore avanti anni luce al Nolan di film come Tenet e Il cavaliere oscuro – Il ritorno. In un momento storico come quello in cui viviamo ora, un grande aiuto deve venire proprio dall’arte e dal cinema.

Siamo sempre in tempo di guerra, punto. Ci sono stati e ci saranno sempre giovani ragazzi mandati al patibolo per questo. Nulla potrà cambiare ciò. Garland non usa intricati orpelli tecnici o espedienti narrativi per dircelo. Nell’estrema semplicità con la quale decide di raccontarci questa storia, la chiave essenziale è che il circolo vizioso di sangue continua a ripetersi, per tutti, buoni, cattivi e civili.

Warfare

Sangue e fumo

Warfare è un esercizio virtuoso di un professionista assoluto che decide di offrire un primo piano incredibile, attraverso un’esperienza reale come mai vista. Il film non è altro che una grande coreografia bellica su un affiatato gruppo di soldati, alcuni appena ventenni. L’odore di cameratismo fuoriesce dallo schermo e l’alchimia del cast è tale da farci credere alle reazioni alla continua imprevidibilità della vicenda.

Nient’altro. Non c’è nessuna storia prima e niente del futuro. Garland ci immette in una storia già in marcia, per farci assistere al momento in cui si inizia a correre. Non abbiamo tempo neanche per enfatizzare con nessuno personaggio, se non con l’uomo celato dietro ad essi. Ed è questo che fa la guerra e ciò che vuole Garland. Un quasi documentario che ci costringe a tali orrori e che ci forza claustrofobicamente a respirare la polvere e ad avvertire l’ansia.

Senza domani

Urla. Proiettili. Bombe. Silenzio. Tutto è ovattato. A tratti sembra che i ragazzi si estraneino dalla situazione in cui si trovano, alieni a tutto ciò che li circonda. Non succede nulla di spettacolare, sono solo degli uomini ordinari messi davanti ad una situazione straordinaria. Già l’abbiamo visto, e non poche volte. Ma mai così convincentemente.

Nella confusione, Garland sforna al momento giusto una perla tecnica senza eguali e che non parla. E mentre Civil War si dimostra silenziosamente logorroico, questo Warfare è un film sulla guerra e basta. I nemici non si vedono mai, forse, perchè i veri nemici non sono quelli che sparano. E sicuramente, Garland sa che è inutile essere diretti o aggiungere altro. Sappiamo chi era il nemico, ed alcuni nomi li facciamo noi per Garland: Robert Gates, Donald Rumsfeld, Colin Powell, Joe Biden, Hillary Clinton, Barack Obama, Dick Cheney, George W. Bush. La lista è lunga e da quella parte di mondo continua ad aumentare anche oggi.

Recensione a tre stelle su Almanacco Cinema

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