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The Piper (2024), la recensione: la cumbia della noia
La recensione con SPOILER di The Piper, di Erlingur Thoroddsen. Il primo e parecchio deludente horror americano arrivato al cinema nel 2024.
The Piper (2024), di Erlingur Thoroddsen, oltre ad essere una super minestra riscaldata nella forma è anche dannatamente noioso. In questa recensione vedremo perché.
Informazioni generali su The Piper
The Piper è stato scritto e diretto da Erlingur Thoroddsen. E’ stato girato in Bulgaria dal giugno 2021, seppur la cosa non sia chissà quanto riconoscibile per la scarsità di riprese o location esterne.
Il film è stato presentato in anteprima allo Screamfest Horror Film Festival il 18 ottobre 2023, per poi essere distribuito nelle sale italiane da Vértice 360 dal 18 gennaio 2024.
L’idea, che non sarebbe neanche male, è quella di calare nel mondo moderno la fiaba del pifferaio di Hamelin, che i fratelli Grimm resero famosa nel 1816.
“Erlingur ha scritto una sceneggiatura agghiacciante che adatta la sinistra storia del Pifferaio Magico a un moderno cattivo horror. La storia e il team, tra cui l’iconico compositore Christopher Young, hanno attirato un cast incredibile guidato da Charlotte e Julian. Non vediamo l’ora di iniziare”, aveva affermato Tanner Mobley, uno dei produttori.

Il cast è composto da Charlotte Hope, nei panni della protagonista Melanie, oltre che da Aoibhe O’Flanagan, Julian Sands, Kate Nichols, Oliver Savell, Alexis Rodney, Philipp Christopher e Pippa Winslow.
In questo film Julian Sands è al suo ultimo ruolo, dato che poi sarebbe morto in circostanze misteriose, col corpo ritrovato sulle montagne della California a sei mesi dalla scomparsa (non a caso a lui il film è dedicato).
La trama
Melanie suona in un’orchestra diretta dal brusco e autoritario Gustafson. Tra breve è in programma un importante concerto nel quale si vuole commemorare la musicista Catherine Fleischer, morta da poco in circostanze drammatiche. Gustafson vorrebbe eseguire una composizione di Catherine, ma non trova il supporto della famiglia della defunta. Quando Melanie, che ha proposto una propria composizione, apprende da Gustafson che eseguiranno invece uno spartito di Franklin, un collega che lei percepisce come suo rivale, Melanie si offre di recuperare lo spartito di Catherine, che era stata sua insegnante.
Alice, sorella della defunta, però si oppone anche a Melanie, dicendole che Catherine è morta proprio cercando di bruciare quello spartito, la sua prima opera, suonata una sola volta 50 anni prima. Non riuscendo ad accettare un no come risposta, Melanie ruba lo spartito e i nastri con l’esecuzione di Catherine. Ma lo spartito manca del finale, che Melanie si impegna con Gustafson a scrivere. Zoe, figlioletta di Melanie, e un suo amichetto ascoltano di nascosto i nastri e qualcosa di terribile inizia ad accadere.
La recensione
Come già detto il film segue una struttura ormai trita e ritrita, ed è fin troppo palese dove il tutto andrà a parare anche già prima della metà del film

Da un’idea davvero inquietante, ossia quella del pifferaio che si vendica portandosi via tutti i bambini, ne viene fuori un design (molto americano lasciatemelo dire) dello stesso pifferaio che è veramente privo di fantasia. Il solito demone/zombie/orco de Il signore degli anelli, con gli occhi gialli infuocati e gli artiglioni.
La musica delle partiture maledette, che dovrebbe essere il cardine di questo film, si pianta effettivamente in testa, forse per via della sua semplicità. Riesce a combinare bene l’idea di canzoncina per bambini ad un elemento inquietante. Anche in questo caso, comunque, nulla di che come per tutti i personaggi.
Si salvano le scene tra Melanie e sua figlia, così come quella in cui il malefico pifferaio fuoriesce squarciando il corpo di Franklin, a cui era affidata la parte con il flauto del concerto. A questa scena segue subito dopo una inguardabile, in cui il maestro Gustafson, alla vista di questa scena raccapricciante, indovinate cosa fa… si mette a dire al demone: “Io sono il maestro Gustafson!”
Anche in questo ennesimo caso il demone agisce secondo logiche tutte sue, dando vita a diversi buchi. Perché la stessa musica che lo evochi possa sconfiggerlo, perché ha bisogno della musica per manifestarsi se poi fa danni anche prima o perché si presenta a concerto non terminato, sono solo alcuni di questi.
Il finale è affrettato e raffazzonato, con questo paesaggio innevato orribile (dove si usa l’espediente della sfocatura del mondo parallelo, per mascherare evidenti carenze di budget) e questo demone che cerca di uccidere solo chi non è un protagonista. Manca una parte in cui Melanie prenda effettivamente consapevolezza di cosa debba fronteggiare e come, perciò ecco che nel finale a caso si mette a suonare la canzone del pifferaio per sconfiggerlo.
In fin dei conti non è proprio un film inguardabile, ma porca miseria quant’è povero di idee.
