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Altri problemi per Star Wars, c’è ancora spazio per la saga?
Da anni Star Wars si muove tra cancellazioni e problemi, ma qual’è la causa di questa situazione? Il tempo dei Jedi è veramente terminato?
A maggio 2026 la saga di Guerre stellari torna al cinema dopo ben sette anni. Torna con un’attesissimo progetto che conferma il successo televisivo e seriale della serie: The Mandalorian & Grogu. Film che fa seguito alla seguitissima serie TV The Mandalorian.
Ma questo sarebbe dovuto essere solo l’inizio. Infatti solo sette mesi dopo, a dicembre 2026, sarebbe dovuto uscire il nuovo film dedicato alla Rey di Daisy Ridley. Uscita ora annullata dalla Disney. Ma cosa è successo?
Star Wars è arrivato agli sgoccioli? Lucasfilm ha ancora un piano? O forse i problemi sono molto più complicati e radicati? Per rispondere alla domanda bisogna ripercorrere gli ultimi anni anni della saga, così da cercare di capire da dove provenga il problema.
L’inizio
Star Wars non è nuovo ai problemi, è dal 1999 che manca di costanza nella qualità. Ma ora sta subendo un problema più grande degli Ewok o di Jar Jar Binks. I fan.
Già nel 2012 l’acquisto di Lucasfilm da parte di Disney spezzò il fandom. Tra chi non voleva il suo franchise prediletto toccato dalla casa di Topolino, e chi era contento di un ritorno cinematografico della saga. Ma col successo de’ Il risveglio della forza, nel 2015, lo studio ottenne un’acclamazione totale.
Lo studio rilancia la saga con un film amato dal pubblico e accolto anche dalla critica. Criticato solo per l’eccessivo senso di familiarità con il film originale. La nuova Lucasfilm si trova quindi accolta e ben voluta, e ciò lascia spazio alla sperimentazione. Nel 2016 arriva infatti al cinema l’ancor più celebrato Rogue One, film con cui la saga abbandona i Jedi per esplorare un contesto più guerrigliero.
Ma è già nel 2017 che i problemi iniziano. Disney dà totale carta bianca all’acclamato regista Rian Johnson per creare il suo Episodio XIII. Dopo due anni la trilogia sequel di Star Wars continua, ed il risultato finale è qualcosa che ha cambiato completamente lo studio è forse il cinema americano stesso.
Enorme successo di critica e box office, Gli ultimi Jedi è uno dei migliori Star Wars mai realizzati. Moltissimi finiscono per definirlo secondo solo a L’impero colpisce ancora. C’è un solo problema: i fan non ci stanno.
I primi problemi
Rian Johnson realizza un grande film, dove dominano lo spettacolo e il grande cinema. Un film che sfida il pubblico, creando uno Star Wars ancora più politico e anticonformista. Riscrive e reinventa la saga, riportandola alla sua originaria grandezza.
Ma i fan si sentono traditi. Traditi da uno studio che, stando a loro, non ascolta li ascolta e manca di rispetto verso i personaggi. Questi si dimostrano spaventati dal nuovo, e desiderosi del vecchio. Luke Skywalker non può avere difetti, deve rimanere il perfetto cavaliere Jedi diventato oltre trent’anni prima. Si deve costruire sulla lore, senza mai aggiungere novità, e la politica passa dall’essere base della saga ad una “sottotrama eccessiva”. Non si cerca più un film, ma un contentino.
Gli ultimi Jedi diventa un caso mediatico. Un film che, proprio per la sua qualità, ha messo in ginocchio uno studio e diviso un fandom già di per se problematico. Il tanto chiacchierare fa passare in secondo luogo Solo: A Star Wars Story, che incontra un successo limitato. Il film su Han Solo non riesce nemmeno a recuperare le spese.
Per l’Episodio IX, Lucasfilm decide quindi di ripiegare integralmente e punta a realizzare un film basato su nostalgia e fan-service. E per la prima volta, nonostante il successo al box office, Lucasfilm viene devastata anche dalla critica. L’ascesa di Skywalker annoia il grande pubblico e infuria i fan, che non accettano il nuovo canone. Il film viene costruito a tavolino, dopo varie riscritture e interventi da Disney, proprio per i fan. Si arriva a disfarre quanto costruito dall’episodio precedente. Ma questa devozione porta a un film derivativo e privo di una narrativa interessante o efficace.
Lucasfilm esce da questa esperienza ripiegando integralmente il grande successo della loro prima serie: The Mandalorian. Lo studio si lancia sullo streaming, abbandonando la sala.
Cambiamenti su cambiamenti
È dal 2020 che Lucasfilm cerca di tornare al cinema, ma abbandonano un progetto dopo l’altro. Programmano una trilogia realizzata da Rian Johnson, che tanto desidera tornare su Star Wars, ma visti gli attacchi al suo Gli ultimi Jedi il progetto viene lasciato a prender polvere; Poi si passa ad una trilogia dagli showrunner de’ Il trono di spade, ma viste le critiche alla stagione finale anche questa viene abbandonato; Un film di Taika Waititi ed uno di Patty Jenkins, che dopo le critiche ai loro Thor: Love & Thunder e Wonder Woman 1984 lentamente lasciati andare. Questi sono solo alcuni dei moltissimi titoli.
Impatto evidentissimo anche nelle loro serie. Andor, inizialmente presentata come serie secondaria e spin-off del successo di Rougue One, ottiene grandissimo successo. Andor trova modo di riportare attenzione, politica ed autorialità al centro delle Guerre Stellari. Viene quindi premiata con quella che sembra essere una prestigiosa e totale attenzione alla sua seconda stagione. The Book of Boba Fett e Obi-One Kenobi invece? Visto l’insuccesso, i personaggi vengono completamente fatti sparire.
I problemi seguono anche le storie di The Mandalorian. La serie che è ormai da diversi anni il salvagente dello studio e del franchise. Ma quando la sua terza stagione viene definita inferiore ed ottiene un lieve calo negli ascolti, cosa fa lo studio? Lucasfilm decide di cancellare la quarta stagione, e al suo posto realizzare un film evento per il cinema in arrivo nel 2026.
Quello che appare evidente è la mancanza di desiderio da parte dello studio di puntare sui loro artisti. La grande ricerca del commerciale a discapito dell’arte. Lucasfilm da troppo ormai cerca l’approvazione di fan da cui viene rinnegata, piuttosto che puntare nuovo seguito. Ma quest’anno è stato forse il più problematico.
Il bigottismo dei fan
Tutto parte da un’annuncio nel 2020. Una nuova serie di Star Wars ambientata nell’epoca dell’Alta Repubblica, anni prima del primo episodio della saga. Un’epoca che i fan hanno sempre voluto esplorare in live-action e che ora hanno occasione di vivere con The Acolyte. Ma anche qui i fan non ci stanno, e per i peggiori tra i motivi.
Leslye Headland (Russian Doll) viene rivelata come showrunner e creatrice della serie. Una serie creata quindi da una donna lesbica e che vede protagonisti una donna di colore ed un uomo asiatico. The Acolyte non trova neanche il tempo di essere presentato al pubblico che la parte più tossica del fandom lo boccia. Con fervore razzista e crudele verso gli artisti, la serie viene etichettata con l’abusato ed ormai insignificante termine “woke”.
Moltissimi di questi “fan” creano account social per fare contenuto o spam integralmente dedicati a combattere l’inserimento della tanto chiacchierata cultura woke nel franchise. Si creano addirittura interi podcast e canali Youtube dedicati all’argomento. Si arriva al punto in cui attori come Ewan McGregor o Amandla Stenberg si sono trovati a doversi esporre sull’argomento.
Coloro che avrebbero dovuto supportare il progetto hanno finito per ostacolarlo. Un progetto che, nonostante la discreta qualità celebrata dalla critica (tra cui anche da noi di Almanacco Cinema) e gran parte del pubblico, finisce per passare inosservato da molti proprio per questi attacchi. Lucasfilm e Disney decidono quindi di cancellare la serie, senza neanche provare a lottare per questa e per la propria crew. Un’azione che già trova ripercussioni.
Già dalla prossima serie, Skeleton Crew, che alcuni soggetti si sentono in grado di criticare. Arrivando alla follia, criticando una “sottorappresentazione di maschi bianchi” tra i bambini protagonisti. E quando a questo punto uno studio continua ad ascoltare queste persone, qualcosa che non va.
E ora?
Come accennato all’inizio, ora Lucasfilm trova un nuovo intoppo. A dicembre 2026, la storia della Jedi Rey sarebbe dovuta tornare sugli schermi cinematografici. La premiata regista, giornalista, attivista e documentarista Canadese-Pakistana Sharmeen Obaid-Chinoy è tutt’ora al timone del film. Ma a seguito deli insulti a Leslye Headland, anche lei viene messa al centro dell’attenzione della parte bigotta del fandom. Lo studio ora cambia in parte rotta, forse proprio per questi attacchi, assume Simon Kimberg (X-Men), per scrivere questa nuova trilogia. I problemi sembrano quindi lontani da una soluzione e il primo film è ora posticipato indefinitivamente.
Con ciò arriviamo quindi alla domanda: Star Wars ha ancora qualcosa da dire?
Ci sarà sempre spazio per le Guerre stellari, ma non con queste promesse. Lucasfilm deve smettere di cercare di accontentare coloro che non possono essere accontentati. Deve smettere di ascoltare le parole di dei finti e bigotti fan. Star Wars è politica, sperimentazione, avventura ed è cinema. E Star Wars nasce anti-fascista, non dovrebbe ascoltare cosa questi soggetti abbiano da dire. Anzi, bisognerebbe andar direttamente contro questi.
Il cinema deve andare oltre ai fan, è ora che Lucasfilm si dissoci da questi soggetti e smetta di basarsi sulla nostalgia. Bisogna andare avanti, è evidente che The Mandalorian non basti più.
Si deve puntare sui tanti artisti che desiderano esplorare l’universo creato da George Lucas. Proprio come anno fatto Rian Johnson, Tony Gilroy o Leslye Headland. È quando è il coraggio a far vivere l’opera; Quando dei reietti combattono in nome della libertà e della speranza; Quando la fantasia vince sulla realtà… È lì che stiamo parlando di Star Wars, e di quello ci sarà sempre bisogno. Altrimenti rimane solamente uno studio disperato di attenzioni.