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Baby star di Hollywood, l’altra faccia della medaglia

Baby star di Hollywood, l’altra faccia della medaglia

Chi sono le baby star di Hollywood? Gioventù, fama e ricchezza molto spesso nascondono storie tragiche fatte di infanzia rubata e abusi, psicologici e morali.

Édith Piaf nel 1945 cantava La vie en rose e ci insegnava cosa significa vedere il mondo attraverso degli occhiali colorati di rosa. Un modo complesso per dire che, molto spesso, ci raccontiamo la realtà come ci fa più comodo, vedendone solo il lato positivo e nascondendo – attraverso i nostri personalissimi filtri rosa – tutte le insidie della realtà.

Gioventù, fama e ricchezza, chi non li vorrebbe? E chi, almeno una volta, da bambino, non ha pensato di voler diventare subito adulto e poter avere, materialmente e immaterialmente, le cose che gli adulti possiedono? Chi, guardando il film 30 anni in un secondo, non si è per un attimo identificato nella protagonista interpretata da Jennifer Garner, che realizza il sogno di ogni bambina ritrovandosi nel corpo di un’adulta, con un conto pieno di soldi e un guardaroba secondo solo a quello di Carrie Bradshaw in Sex and the City?

Le baby star di Hollywood – quegli attori che hanno raggiunto la fama fin da bambini e sembrano avere la strada del successo spianata davanti a loro – tuttavia, ci raccontano altre storie. Molto spesso il connubio tra gioventù, fama e ricchezza porta a risvolti tragici.

Le baby star di Hollywood vengono incastrate in un meccanismo molto più grande di loro, dove avidità, profitto e noncuranza regnano sovrani. Un mondo in cui gli abusi – di potere, psicologici e fisici – sono all’ordine del giorno; un mondo dove sono costretti a vestire panni un po’ troppo grandi – quelli degli adulti -, privandosi della gioia di vivere appieno la propria età.

Le conseguenze di questa vita, nel corso degli anni, sono state raccontate da molte star, e, ultimamente, i riflettori si sono nuovamente accesi grazie al documentario Child Star di Demi Lovato, in cui ha raccontato prima di tutto la sua storia, per poi intervistare altre baby star, della Disney e non solo.

Dalla storia più famosa di tutte – quella di Drew Barrymore – a quella di Macaulay Culkin, passando per Lindsay Lohan fino a Christina Ricci. Chi sono, e cosa è successo, alle baby star di Hollywood?

Drew Barrymore, the Little Lost Girl

Little Lost Girl (letteralmente la piccola ragazza perduta) è il titolo della biografia dell’attrice Drew Barrymore, uscita nel 1990. La ragazza perduta è lei, perché – in una definizione un po’ semplicistica – nulla nella sua vita è stato normale.

Erede della famiglia Barrymore, composta da una lunga lista di attori che facevano parte dell’élite di Hollywood, Drew inizia la sua carriera all’età di undici mesi grazie a qualche spot pubblicitario.

Come ha rivelato lei stessa in varie interviste, il principale insegnamento ricevuto dalla sua famiglia era che la fama e la carriera da attrice fossero l’unico modo per poter vivere una vita appagante.

La sua famiglia, pur appartenendo alla Hollywood bene, si trovava spesso nell’occhio del ciclone per via di scandali, soprattutto legati ai problemi di alcolismo che, in una sorta di ironia genetica, sembravano tramandarsi di generazione in generazione.

A sette anni arriva la vera svolta nella carriera di Drew: viene scelta da Steven Spielberg come co-protagonista nel film E.T. l’extra-terrestre. A otto anni, invece, è ospite fissa del programma Saturday Night Live.

In quel periodo, sua madre, Jaid Makó, inizia a portarla con sé alle sfarzose feste organizzate nel nightclub Studio 54, simbolo dell’opulenza e degli eccessi dell’élite hollywoodiana. Un esempio? Per il compleanno di Bianca Jagger, il club le fece trovare un cavallo bianco in mezzo alla pista da ballo; per un Capodanno, invece, fecero scendere dal soffitto quattro tonnellate di glitter.

A sette anni Drew, circondata da adulti (come lei stessa ammetterà, non aveva amiche della sua età), inizia a bere. A nove anni, il suo rapporto con l’alcool evolve fino a diventare una dipendenza.

L’attrice, baby star per eccellenza, ha ammesso in svariate occasioni come, all’epoca, le piacesse quel tipo di vita: uscire la sera, fare tardi, fumare e flirtare con ragazzi più grandi nella speranza di farsi offrire un cocktail. Non aveva idea di cosa significasse essere una bambina: quella era l’unica vita che conosceva.

Il punto di rottura – e di salvezza – arriva a tredici anni, quando tenta il suicidio; va in riabilitazione e lì, per la prima volta, realizza che può essere aiutata: esiste un’alternativa, non esiste solo quel mondo opalescente che fagocita tutto ciò che incontra, incurante di cosa o di chi sia, tanto meno se si tratta di bambini.

Hollywood le ha rubato l’infanzia e l’adolescenza, facendola crescere troppo in fretta e privandola di quegli step fondamentali per formare un adulto consapevole; Drew Barrymore è stata tradita prima dalla sua famiglia e poi da tutti gli adulti indifferenti che non hanno saputo stabilire ruoli chiari e protettivi. (Come rivelato nel programma Child Star di Demi Lovato, il regista Steven Spielberg, sul set di E.T., cercò di porsi come figura autorevole: le diede delle regole, cosa che a lei mancava, e la fece immergere completamente nella storia con l’intento di farla divertire).

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Christina Ricci, la Mercoledì Addams dei millennial

Prima di Jenna Ortega c’è stata lei: Christina Ricci, l’iconica Mercoledì Addams che ha segnato una generazione di giovani ragazze millennial grazie alle sue risposte pungenti.

Christina Ricci cresce in una famiglia disfunzionale: il padre è l’ex leader di una setta fallita, e la madre è una figura invisibile che si annulla all’interno delle mura domestiche. È proprio nella recitazione che Christina trova una via di fuga, iniziando a recitare in casa con piccole interpretazioni per rallegrare e alleggerire l’ambiente familiare.

Viene scoperta da un talent scout durante una recita scolastica (dove, come raccontato da lei stessa, aveva ottenuto la parte della protagonista grazie a un vero e proprio sabotaggio ai danni di un’altra bambina) e, nel 1990, recita nel suo primo film, Sirene, al fianco di Cher e Winona Ryder.

Il successo arriva l’anno seguente con il film La famiglia Addams, in cui interpreta proprio Mercoledì, ruolo che riprenderà anche nel sequel del 1993. Nel 1995 recita nell’iconico Casper, il primo film con un protagonista totalmente realizzato in CGI. Partecipa poi a Tempesta di ghiaccio, dove ottiene una parte precedentemente rifiutata dai genitori di Natalie Portman, che consideravano il personaggio troppo sessualizzato. Recita, inoltre, in The Opposite of Sex, che le vale una candidatura ai Golden Globe, e in Il mistero di Sleepy Hollow di Tim Burton, al fianco di Johnny Depp.

La sua carriera cinematografica è basata su un accordo stipulato con i genitori: avrebbe recitato finché lo avesse ritenuto divertente. La realtà, però, si rivela più complessa. Recitare per lei diventa una via di fuga: non solo nei momenti di bisogno tra le mura domestiche, dove la recitazione le permette di rallegrare la famiglia, ma anche come occasione speciale che le consente di passare del tempo con sua madre, in momenti in cui quest’ultima può finalmente mostrarsi per com’è, senza dover annullare sé stessa.

Tutto ha un prezzo, però. Un mondo così sfavillante, che ricerca la perfezione, non è ideale per tutti, tanto meno per bambini o adolescenti. Christina Ricci inizia a sentire su di sé il peso delle aspettative, soprattutto per quanto riguarda il suo aspetto fisico. Sviluppa un’ossessione per il cibo e viene mandata in un centro di cura per l’anoressia. Inoltre, soffre di ansia e attacchi di panico, sempre collegati alle aspettative degli altri: doveva essere perfetta e non poteva mai essere veramente sé stessa.

Come molte altre baby starMiley Cyrus su tutte – queste pressioni la portano a essere un’adolescente alienata, arrabbiata e in difficoltà nel capire chi sia realmente. Doveva comportarsi da adulta (anche nelle interviste le venivano poste domande da adulti), ed essere sempre all’altezza delle aspettative: adulta, bella e intelligente.

A differenza di molte altre baby star, però, Christina Ricci è riuscita a risolvere i suoi conflitti interiori, senza lasciarsi trascinare nel caos delle false promesse del mondo dello spettacolo, riordinando filo per filo la sua vita.

Baby star di Hollywood, l’altra faccia della medaglia

Natale significa Macaulay Culkin

A mano a mano che il famigerato countdown natalizio giunge agli sgoccioli, ognuno di noi ha una certezza. Non i regali, non i tortellini in brodo, né tantomeno Mariah Carey che, finalmente scongelata, torna a cantare All I Want For Christmas Is You: la certezza è che qualche canale televisivo, il giorno di Natale, manderà in onda quel film che, da più di trent’anni, ci racconta con ironia il Natale rocambolesco di un bambino lasciato da solo a casa: Mamma, ho perso l’aereo.

Mamma, ho perso l’aereo esce nel 1990 e il suo impatto culturale è subito innegabile. Diventa così famoso che, addirittura, getta le basi per un modo di dire tutto hollywoodianoto be home alone (dal titolo originale del film), riferito a tutti quei film che non riescono ad avere successo perché oscurati da una grande produzione uscita in contemporanea.

Non è però solo il film a diventare famoso in tutto il mondo; lo è, di pari passo, anche la baby star che interpreta Kevin: Macaulay Culkin.

Culkin, quando gira Mamma, ho perso l’aereo, ha dieci anni e quello non è il suo primo film. Anzi, la sua carriera è già avviata. In una storia che ha i contorni del classico cliché, Culkin intraprende la carriera di attore come proiezione dei sogni del padre: è lui che vuole diventare attore e, impossibilitato a farlo, riversa il proprio sogno sui suoi sette figli; tra questi, solo Culkin avrà poi successo.

Come raccontato dallo stesso attore, all’epoca a Hollywood non esistevano leggi per tutelare il lavoro minorile, né per imporre un limite massimo di ore di lavoro giornaliere; esisteva solo una clausola che prevedeva la presenza del tutore sul set. Questo significava, spesso, giornate di dieci o dodici ore di lavoro.

Insieme alle giornate di lavoro serratissime, senza spazio per il divertimento (forse il vero, principale lavoro di ogni bambino), cresceva anche la fama. Una fama che, come sempre più spesso accade, assume le sembianze di un terribile mostro con cui è impossibile combattere: ci si trova privati della propria individualità e della propria libertà, piegati a soddisfare, in qualsiasi momento, la curiosità dei fan.

Quando, due anni dopo, nel 1992, esce Mamma, ho riperso l’aereo: Mi sono smarrito a New York, Macaulay Culkin diviene il bambino più pagato e più famoso di Hollywood; di pari passo, anche il padre, Christopher, inizia finalmente ad avere le luci dei riflettori puntate su di lui: nel 1993, la rivista Premiere lo posiziona al 49° posto degli uomini più influenti di Hollywood.

È nel 1994, quando Culkin ha 12 anni, che si arriva all’apice della sua carriera e, di contrappasso, anche a una lenta diminuzione di fama. In un anno recita in quattro film: Lo schiaccianoci, Papà, ti aggiusto io!Pagemaster e il più famoso dei quattro, Richie Rich.

Purtroppo, non riesce ad allontanarsi dai personaggi stereotipati sulla falsa riga di Kevin di Mamma, ho perso l’aereo, e questo comporta un crescente disinteresse da parte del pubblico.

Per Culkin, che a dodici anni è già stanco delle imposizioni della vita da attore, si presenta in realtà una grande occasione: chiede ai genitori di poter smettere di recitare. Il padre, che ha sempre imposto al figlio una vita serratissima esclusivamente volta alla fama e al successo, si oppone. Una volta realizzato, però, di aver perso il controllo sul figlio e di non poter più far vivere in lui i propri sogni in maniera totalitaria, si allontana e sparisce dalla sua vita.

Gli anni che seguono sono quelli dei tabloid, delle storie scandalistiche e dei titoli sensazionali. Culkin va a scuola, come da lui dichiarato, per cercare di colmare la sua mancanza di socialità, e si inserisce nella sottocultura giovanile, quella underground, di New York. Vive tutto all’eccesso: nella speranza di sopperire alle mancanze subite fino a quel momento, sviluppa una dipendenza non solo da sostanze, ma anche, e soprattutto, dall’adrenalina di provare emozioni e sensazioni nuove.

Il vero baratro per lui arriva nel 2011, quando la sorella Dakota muore. Se fino a quel momento era rimasto sul bordo delle sue dipendenze, nascondendo il tutto dietro un semplice è la gioventù, la tragica perdita lo segna profondamente, facendolo sprofondare nel dolore, che cerca di soffocare tramite alcol e droghe.

Tutti conosciamo le dipendenze e le vicende giudiziarie della baby star Culkin; quello che, però, molto spesso ci dimentichiamo, o che i giornali non evidenziano allo stesso modo di come invece, per anni, hanno posto sotto la lente d’ingrandimento ogni suo gesto, è il fatto che è riuscito a uscire dai suoi mostri interiori.

Uscito dalle luci dei riflettori (a Parigi, dove a nessuno importava chi fosse), è riuscito a rimettere insieme i pezzi di ciò che gli era stato sottratto e a scendere a patti con la sua vita. Nel 2021 è anche tornato a recitare in American Horror Story: la critica ha acclamato la sua performance e, forse, Macaulay Culkin ha trovato finalmente il suo spazio, alle sue condizioni.

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Lindsay Lohan: “Sono tornata”

Tutti abbiamo visto almeno una volta, anche solo di sfuggita o per sbaglio, una di quelle paparazzate che ritraevano la baby star Lindsay Lohan alle prese con gli effetti della droga e dell’alcool.

Divenuta famosa a dieci anni grazie al film Genitori in trappola, la sua vita è stata costellata da abusi di sostanze, relazioni tossiche e situazioni familiari disfunzionali. Si è allontanata dalla recitazione per un periodo (nella speranza, da parte della madre, di una vita normale), ma è poi tornata, di sua iniziativa, sul grande schermo all’età di diciassette anni con l’iconico film Quel pazzo venerdì, di cui a breve uscirà il seguito.

L’anno seguente esce il cult che ha definito una generazione: Mean Girls. Per riprendere la carriera di attrice, la famiglia si trasferisce a Los Angeles, ed è proprio la città degli angeli, famosa per i suoi eccessi, a segnare sia la sua ascesa sia il suo declino. Lohan viene perseguitata dai giornali scandalistici, che sviluppano una vera e propria ossessione nel seguirla e riportare ogni suo passo: partecipa a troppe feste, si fa vedere con altre star non del tutto raccomandabili (come Paris Hilton) e appare sempre più magra, in una palese ricerca di soddisfare gli standard di bellezza imposti all’epoca (con Kate Moss come icona di quella stessa estetica).

Anche la sua situazione familiare, sempre sotto i riflettori, non viene risparmiata: il padre, nel corso degli anni, viene arrestato decine di volte (la stessa Lohan dirà che, molto spesso, era lei a farlo ragionare, in una sorta di role swap genitore-figlio); la madre, inizialmente contraria alla carriera attoriale della figlia, viene poi lei stessa inghiottita da Hollywood, al punto di partecipare con la figlia a feste sfrenate e ad abusi di sostanze, diventando la sua nuova migliore amica in un ennesimo role swap. La famiglia approfitta della luce mediatica: ogni passo falso, ogni scandalo, diventa l’occasione per partecipare a un talk show.

Nel corso degli anni, Lindsay Lohan entrerà e uscirà dai centri di riabilitazione senza trarne realmente giovamento, verrà arrestata un numero spropositato di volte (in un solo anno, venticinque) e, infine, patteggerà in tribunale: un giorno di prigione, sei mesi di servizi socialmente utili, due mesi di riabilitazione e trentasei settimane di libertà condizionata.

In un ben noto circolo vizioso, in cui spesso persone che hanno assistito o vissuto abusi familiari si ritrovano loro stesse in relazioni abusive, Lohan si fidanza con il miliardario russo Egor Tarabasov. La relazione, che sembrava da sogno, si trasforma ben presto in un incubo quando iniziano a circolare, anche sui social, video di violente litigate e soprusi.

 

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Sono tornata: così ha esordito il 31 marzo 2020 l’attrice Lindsay Lohan in un post su Instagram, dopo anni di silenzio. Allontanatasi dalla vita frenetica di Hollywood (vive a Dubai da anni), ha affermato di essere finalmente maturata e di voler dimostrare al mondo di essere cambiata. Ora che ha trovato la sua dimensione nelle rom com (Falling for ChristmasIrish Wish – Solo un desiderio e Our Little Secret, di prossima uscita), l’attrice sembra finalmente essere riuscita a rimettere insieme i pezzi della sua vita sregolata.

Baby Star: perché un destino, spesso, tragico?

Le storie sopra citate sono solo alcuni esempi di baby star di Hollywood che sono state fagocitate dalla luce dei riflettori, dalla fama e dalla ricchezza. In un connubio che sembra idilliaco, in realtà, si nascondono spesso le insidie più pericolose.

Gli psicologi, nel corso degli anni, hanno studiato questo fenomeno, cercando di spiegare perché diventare famosi così giovani spesso conduca, in età adulta, ad abusi di sostanze o di alcool.

La risposta è in realtà evidente anche nelle storie sopra raccontate, che, per quanto diverse, presentano alcuni pattern comuni: una famiglia disfunzionale, la privazione di vivere appieno la propria età, la mancanza di socializzazione e l’alienazione derivante dall’essere cresciuti, per tutta la vita, con le sfavillanti luci del successo puntate addosso.

Ad oggi, Hollywood ha regole più ferree sul lavoro minorile e, soprattutto, sulla loro tutela. Tuttavia, la pressione mediatica, l’ossessione per la perfezione e la competitività del settore continuano a rappresentare una sfida significativa per le baby star. Molte di loro si ritrovano a dover gestire una fama che le sovrasta, senza avere gli strumenti necessari per affrontarla.

È fondamentale che l’industria dello spettacolo e la società nel suo complesso adottino misure concrete per proteggere i giovani. La terapia, il supporto familiare e l’educazione sono strumenti essenziali per aiutare le baby star a navigare nel complesso mondo della fama.

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