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il punto di rugiada

Il punto di rugiada, la recensione di Almanacco Cinema

Il punto di rugiada, l’ultima fatica registica di Marco Risi. Un corollario di volti storici del cinema del passato; un film sulla la solitudine e la morte.

Uscito nelle sale nel 2024, Marco Risi (figlio d’arte del grande Dino Risi, uno dei padri della Commedia all’italiana) torna al genere che gli diede notorietà tra gli anni Ottanta e Novanta, ossia al cinema d’impegno civile (Muro di gomma), delle difficoltà esistenziali (Soldati – 365 all’alba, Mery per sempre, Ragazzi fuori) e degli scontri generazionali, ma con toni meno drammatici.

Il punto di rugiada, la trama

Carlo Guerra (Alessandro Fella), un ragazzo ricco e viziato, viene condannato a scontare un anno di lavori socialmente utili a Villa Bianca (una casa di riposo), dopo aver causato un grave incidente d’auto, per guida in stato di ubriachezza.

Anche a Manuel (Roberto Gudese), un giovane spacciatore, viene inflitta la stessa pena e i due si ritroveranno a condividere un percorso di crescita, guidati da Luisa (Lucia Rossi), affascinante infermiera e madre single.

il punto di rugiada

Il punto di rugiada, la recensione

Il punto di rugiada è un film ambizioso, pieno di metafore e di rimandi a personaggi importanti della letteratura, che vuole stringere l’occhio alle pellicole dei grandi cineasti italiani di un tempo, non riuscendo completamente a centrare l’obiettivo.

Durante tutto lo sviluppo del film si ha come l’impressione che manchi qualcosa. Il ritmo narrativo risulta lento all’eccesso. Il climax è praticamente assente. Si giunge alla fine della pellicola senza un vero trasporto.

Citando Alfred Hitchcock “la trama è come la vita reale ma senza le parti noiose”. E qui c’è la vita, ma poca trama, ossia pochi eventi e alcuni dei quali privi di patos.

Lo spettatore assiste al susseguirsi delle scene senza prendere parte intimamente a ciò che accade; emotivamente estraneo alle emozioni dei personaggi, in una sorta di alienazione dei sentimenti.

La recitazione artificiosa dei personaggi protagonisti (dovuta anche a una sceneggiatura dai dialoghi a volte banali) tende a rendere insipido un tema spinoso e delicato come quello delle case di riposo e della solitudine dei suoi “ospiti”, come vengono definiti nel film gli “anziani”.

Le uniche figure attoriali a conferire il giusto tono di drammaticità e autenticità alla storia sono Massimo De Francovich nel ruolo di Dino ‒ il fotografo stanco della vita e intenzionato a porvi rimedio ‒ e Eros Pagni, il rude colonnello segnato da un trauma infertogli dal figlio (Valerio Binasco), vale a dire i veri protagonisti del film.

il punto di rugiada

Il punto di rugiada, un titolo ermetico

Anche il titolo, Il punto di rugiada, risulta di difficile comprensione. Risi utilizza la definizione di un fenomeno atmosferico (ossia il momento preciso in cui l’aria raggiunge il punto di condensazione detto “il punto di rugiada”) per parlare della “morte” come momento di trasformazione della materia in qualcosa d’altro e non come cessazione della vita.  L’idea è geniale ma risulta un po’ troppo ermetica.

La scena più importante e catartica dell’intero film si ha proprio quando, attraverso uno degli ospiti di Villa Bianca, viene annunciato che si sta per raggiungere il fenomeno in questione.

Da lì a poco inizia a nevicare e vediamo gli ospiti uscire in giardino a giocare con la neve, come bambini.

E in un clima di gioia e libertà siamo spettatori della dipartita di uno di loro, come se il regista volesse suggerirci che la morte non sia altro che il passaggio verso un altrove, una diversa dimensione dell’essere.

il punto di rugiada

Dall’incipit al finale

In una successione d’immagini scure e lente, all’inizio assistiamo al tentativo di suicidio di qualcuno che non ci viene mostrato, mentre in sottofondo udiamo una musica cerimoniosa.

Appare il titolo di testa ed entriamo direttamente nel cuore della narrazione (medias res) senza sapere ancora nulla della storia. Vediamo due ragazzi (i protagonisti) trasportati con un furgoncino penitenziario dei carabinieri verso Villa Bianca, intanto in sottofondo udiamo una voce fuori campo che impartisce la pena da scontare di entrambi.

È un buon incipit, peccato che il resto della narrazione si sviluppi in maniera slegata e poco approfondita. Senza conferire gravità ai personaggi principali e con un arco narrativo approssimativo.

Alcune idee sono anche interessanti come i messaggi filosofici lasciati quasi per caso su una lavagna: “Chi non è in grado di correggere sé stesso come farà a correggere gli altri?”, semi di idee da instillare in menti da plasmare e correggere, per l’appunto di due ragazzi che devono percorrere un viaggio di crescita personale.

Oppure rimandi letterari ad Anton Checov, citato con La malinconia, storia di un vetturino solo che finirà per confidare le sue pene a una cavallina; e Thomas Mann con La montagna incantata, romanzo ambientato in un sanatorio sulle Alpi svizzere. Storie di solitudini e di vita.

La colonna sonora è quasi assente. A sottolineare alcuni passaggi vengono rispolverate vecchie musiche e canzoni degli anni Sessanta (Stasera mi butto, Un bacio a mezzanotte…) urlate da Manuel, il quale sembra trovare nel luogo la propria dimensione, o cantate da  Pasquale (Maurizio Micheli), un ospite della residenza (un chiaro rimando al film Rimini Rimini in cui l’attore è un intrattenitore che canta Champagne).

Il tempo della storia si sviluppa nell’arco delle quattro stagioni, metafore della vita, a partire dal 2018 fino al termine della pena detentiva di Carlo e Manuel.

Mentre scorrono i titoli di coda il regista rompe la quarta parete e ci informa  che a Villa Bianca (fornendo una connotazione reale ai personaggi), dopo il covid tutto è cambiato, richiamando la nostra attenzione su ciò che è successo nelle strutture di assistenza agli anziani.

Conclusioni

Il punto di rugiada è un film dagli spunti interessanti. Alcune interpretazioni sono eccellenti, con dialoghi profondi, nonostante la sceneggiatura sia poco strutturata e la recitazione a volte per nulla coinvolgente.

Il film distribuito da Fandango è stato presentato fuori concorso al Torino Film Festival del 2023.

Recensione a tre stelle su Almanacco Cinema